La boxe alle Olimpiadi continua a far discutere. Dopo le polemiche riguardanti l’arbitraggio dei match, sta infuriando la questione riguardante l’ammissione ai Giochi di Imane Khelif e Lin Yu-ting, recentemente escluse dai Mondiali per non aver superato il “gender test”.
La due atlete con disfunzioni nei livelli ormonali hanno ricevuto il via libera dal Comitato Olimpico Internazionale nonostante i livelli di testosterone particolarmente elevati causando però le proteste da parte delle avversarie, fra le quali l’azzurra Angela Carini che affronterà all’esordio nella categoria pesi welter proprio la 25enne algerina.
Le differenze di vedute sono legate in particolare alla divisione presente in seno al pugilato dove l’International Boxing Association gestisce la competizione iridata, mentre il torneo a cinque cerchi è posta sotto l’egida della Boxing Unit, unica organizzazione riconosciuta dal CIO. Per esser ammessi al Mondiale, l’IBA ha imposto il “gender test” tanto che Khelif è stata fermata a un passo dalla finale per l’oro nei pesi welter, mentre a Lin Yu-ting è stato ritirato il bronzo nei pesi piuma conquistato contro la bulgara Svetlana Staneva.
Decisioni giustificate dal presidente dell’IBA Umar Kremlev che ha spiegato come le due atlete presentavano “cromosomi XY e per questo erano state estromesse dagli eventi sportivi così da garantire integrità ed equità della competizione”.
Intanto la polemica è arrivata anche in parlamento, la Lega ha chiesto in aula alla Camera, tramite Rossano Sasso, un’informativa urgente del ministro dello Sport Andrea Abodi «su quello che potrebbe succedere alle Olimpiadi: la nostra pugile Angela Carini dovrà competere e salire sul ring con un’atleta nata uomo oggi donna». Mentre la deputata di Fratelli d’Italia, Maria Grazia Frijia commenta: «Non è possibile che nel nome dell’inclusività si calpestino i diritti delle donne alle quali viene negata la possibilità di gareggiare in un contesto di parità di condizioni».
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