Insieme in discoteca, Francesco Pio Valda (al centro) assassino di Francesco Pio Maimone, a sinistra Emanuele Aprea, figlio del boss Gennaro Aprea, e a destra il minorenne che ha ucciso Santo Romano. Le nuove generazioni criminali dei quartieri Barra e San Giovanni a Teduccio che facevano bella mostra di se sui social.
Questa fotografia (scoperta anni fa dalla collega giornalista Luciana Esposito ed oggi riportata da tutte le redazioni) non ha un peso specifico nelle indagini, ma è significativa del giro di frequentazioni che questi ragazzini avevano ed hanno.
Le azioni criminali di Valda e del minorenne sono pressocché simili, per una scarpa sporcata hanno estratto le pistole e ucciso innocenti. Dopo la morte di Francesco Pio Maimone chi rappresenta lo Stato si era fatto garante del fatto che non sarebbe mai più accaduto un episodio del genere. Invece è avvenuto, con la stessa dinamica praticamente e addirittura l’assassino è un conoscente (se non amico) dell’altro assassino. In questo modo la credibilità delle istituzioni viene meno.
Occorre un lavoro di intelligence da parte della Procura, dei Tribunali competenti, delle Forze dell’Ordine per rendere queste bande inoffensive per la comunità. Dopo l’omicidio di Pio Maimone, si poteva e si doveva identificare questa paranza/banda di Napoli est e disarmarla e disarticolarla come si fa con i clan di camorra.
Ma non solo loro, anche la paranza dei quartieri spagnoli dove c’era Ugo Russo (ucciso a 15 anni da un Carabiniere fuori servizio durante una rapina) ha prodotto dei mostri. Uno su tutti l’assassino di Giovambattista Cutolo, ucciso praticamente come Santo Romano. Anche in questo caso lo Stato aveva l’obbligo di identificare questa paranza di minorenni e renderli inoffensivi, ma così non è avvenuto.
Questi omicidi assurdi, senza un senso, per futili motivi, possono essere evitati facendo un lavoro preventivo, come si fa per i clan di camorra. Ma non occorre solo l’aspetto repressivo, ma anche quello legislativo. Bisogna inasprire le pene per i minori che si macchiano di delitti così gravi ed efferati, non si può prescindere da un minimo di 30 anni di reclusione. Il Governo deve aprire gli occhi su questa nuova, brutta, realtà che attraversa l’Italia. Perché è bene ricordare che per le famiglie delle vittime innocenti, la condanna al dolore, il fine pena mai, scatta il momento dopo che questi personaggi premono il grilletto di un’arma da fuoco.
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