Ha confermato ogni parola Renato Caiafa, il diciannovenne che si è costituito per la morte di Arcangelo Correra, ucciso a 18anni da un colpo di pistola alla testa la notte di sabato nel centro di Napoli.
Davanti al GIP del Tribunale di Napoli, Caiafa ha ribadito quanto aveva già dichiarato quando si era presentato in Questura: erano in tre, quella notte, e avrebbero ritrovato l’arma sul copertone di un’auto parcheggiata in piazza Sedil Capuano e poi se la sono passata di mano in mano. È in quei momenti che sarebbe partito accidentalmente il colpo che ha ucciso Arcangelo.
Una versione che lascia qualche dubbio agli investigatori, almeno sul ritrovamento casuale della pistola: un’arma modificata e con matricola abrasa, di quelle utilizzate dai clan della camorra.
Si attende la decisione del GIP sulla misura cautelare in carcera ma, intanto, a intorpidire il quadro c’è il rinvenimento sul luogo del delitto di un proiettile inesploso: diverso il calibro rispetto alla Beretta 9×21 che ha il colpito mortalmente Correra.
Ce ne è abbastanza per alimentare un giallo su cosa sia realmente accaduto quella notte. Non si esclude alcuna pista, neppure quella che ci sia stato uno scontro a fuoco tra bande all’alba di sabato. Come quello che a meno di un chilometro di distanza in linea d’aria e appena due settimane prima è costato la vita a Emanuele Tufano, morto a quindici anni in questa assurda sequenza di morte che riguarda giovanissimi.
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