“Io non volevo ammazzarlo, doveva essere sparato nelle gambe perché se lo meritava per quello che stava facendo“. A parlare è Gennaro Petrucci, 73 anni, marito di Silvana Fucito, simbolo dell’antiracket, imputato davanti alla Corte di Assise di Napoli per l’omicidio dell’ingegnere Salvatore Coppola, assassinato a Napoli, lo scorso 12 marzo, nel parcheggio di un supermercato in via Protopisani.
Secondo Petrucci, che avrebbe dovuto testimoniare dietro un paravento e che ha scelto invece di mostrarsi, la “gambizzazione” era stata decisa perché Coppola si stava vendicando della moglie che lo aveva denunciato.
All’imputato la Procura e la Squadra Mobile di Napoli contesta di essere il mandante dell’agguato durante il quale Coppola venne ucciso nel corso di un’azione violenza che sarebbe stata portata a termine dal 64enne Mario De Simone in cambio di 20mila euro.
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