sabato, Marzo 22, 2025
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Per la Corte Costituzionale il Reddito di Cittadinanza non ha natura assistenziale

“Il Reddito di cittadinanza (Rdc) – abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2024 – non ha natura assistenziale, non essendo diretto “a soddisfare un bisogno primario dell’individuo“: si tratta, infatti, di una misura di politica attiva per l’occupazione, di carattere temporaneo, soggetta a precisi obblighi e soprattutto a rigide condizionalità che, se disattese, determinano il venir meno del diritto alla prestazione”.

È quanto ha ribadito la Corte costituzionale, nella sentenza numero 31, depositata lo scorso 20 marzo. Secondo la Corte però il requisito della pregressa residenza decennale deve essere ridotto a cinque anni.

Alla conclusione sulla natura del reddito, a cui è giunta la Consulta in termini di interpretazione costituzionalmente orientata, non è “d’ostacolo la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea”, della grande sezione del 29 luglio 2024. “In tale pronuncia, infatti, la Corte di giustizia, come di consueto, ha interpretato il diritto dell’Unione – notano i giudici costituzionali – ma non ha operato un sindacato sull’esattezza, o no, dell’interpretazione del diritto nazionale, quale offerta dal giudice del rinvio pregiudiziale”, che invece aveva ritenuto la natura assistenziale del Rdc. Del resto, “se è indiscutibile che alla Corte di giustizia spetta l’interpretazione dei trattati e del diritto derivato, al fine di assicurarne l’uniforme applicazione in tutti gli Stati membri, è parimenti indiscutibile che l’interpretazione della Costituzione è riservata a questa Corte”.

La sentenza ha quindi precisato che non può essere accolta la questione prospettata in via principale dal giudice che ha presentato il ricorso, che porterebbe, in sostanza, ad annullare completamente il requisito di radicamento territoriale in base alla residenza, rendendo sufficiente solo quello, per i cittadini degli Stati membri, del diritto di soggiorno. Non trattandosi di una prestazione meramente assistenziale, un requisito di radicamento territoriale non determina, di per sé, una violazione del divieto di discriminazione indiretta e delle relative disposizioni del diritto dell’Unione, che pure vengono in considerazione nella questione in esame. Per quanto un tale requisito ponga di fatto il cittadino italiano in una posizione più favorevole, “non di meno la discriminazione indiretta ben può ritenersi giustificata quando sussistono ragioni che la rendono necessaria e proporzionata”.

Tuttavia, nonostante tali considerazioni, il periodo di residenza decennale pone una barriera temporale all’accesso al Rdc che trascende la ragionevole correlazione con le finalità di quest’ultimo. A differenza di altre misure, come l’assegno sociale che questa Corte ha ritenuto correlate allo “stabile inserimento dello straniero in Italia, nel senso che la Repubblica con esse ne riconosce e valorizza il concorso al progresso della società, grazie alla partecipazione alla vita di essa in un apprezzabile arco di tempo” il progetto di inclusione previsto dal Rdc non guarda, come invece le suddette misure, al concorso realizzato nel passato, ma alle chances dell’integrazione futura. In quest’ottica il gravoso termine del pregresso periodo decennale non appare ragionevolmente correlato alla funzionalità precipua del Rdc e si pone in violazione dei principi di eguaglianza, di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’articolo 3 della Costituzione La ragionevole correlazione con la misura del Rdc si realizza, invece, sostituendo il termine decennale con quello di cinque anni, che si presenta, per diverse ragioni, “come una grandezza pre-data idonea a costituire un punto di riferimento presente nell’ordinamento”.

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