venerdì, Novembre 22, 2024
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Ferì una bimba durante una stesa, lancia sfide sui social: «Io sorriderò sempre»

“Il video del detenuto da Nisida è un’offesa prima di tutto alla famiglia della bambina e poi uno sbeffeggiamento a tutti i cittadini. È semplicemente scandaloso assistere ai video diffusi, attraverso TikTok, dall’istituto per minori di Nisida, ad opera dell’esecutore della ‘stesa’ di Sant’Anastasia che ha ridotto in fin di vita una bambina”.

Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.P.P., commenta il video pubblicato sui social dal presunto responsabile del ferimento di una bimba lo scorso 23 maggio durante quella che, nel gergo camorristico, è una corsa in sella ai motorini per sparare a raffica ovunque capiti per seminare il terrore e in questo modo ‘guadagnarsi’ il rispetto.

“Eravamo già abituati ai video dei detenuti-neomelodici e persino al più recente da Poggioreale-Napoli con detenuti che mangiano un gelato e mostrano uno spinello – continua il sindacalista – ma questa volta vedere il sorriso del giovane detenuto di Nisida ci provoca un’indignazione più forte. È un’offesa prima di tutto alla famiglia della bambina e poi uno sbeffeggiamento a tutti i cittadini che chiedono legalità e vogliono che chi si è macchiato di gravi crimini paghi in una cella non certo in un set per video. Mettiamoci semplicemente nei panni di chi ha subito l’uccisione di una figlia, una violenza, una rapina che assiste allo spettacolo per rendersi conto del sentimento di forte indignazione e più che legittima rabbia che serpeggia. Purtroppo si sta diffondendo la tendenza a far diventare la detenzione in cella la location per usare i social e per girare persino video-musicali. Un fenomeno che ha assunto da qualche tempo l’effetto emulazione specie tra i giovani detenuti, secondo una convinzione molto diffusa di restare impuniti”.

“Ma ciò che più ci sconcerta – continua Di Giacomo – è che solo in queste occasioni quale si accorge che nelle carceri sono diffusi i telefonini anche quelli più tecnologici finiti persino nelle mani dei giovanissimi oltre che di boss, capo clan ed affiliati che hanno facile accesso ai social. Noi lo stiamo denunciando da tempo: dalle carceri l’uso disinvolto del telefonino non deve essere consentito per sbeffeggiare le famiglie delle vittime e, contemporaneamente, lo Stato”.

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