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Mostra Venezia, Reilhac: futuro intrattenimento è virtual reality

Parla il curatore dello spazio Immersive a Venezia

Roma, 30 ago. (askanews) – Apre l’80° Mostra del Cinema di Venezia che oltre alla kermesse cinematografica dal 2017 ha affiancato al concorso uno spazio esclusivo interamente dedicato ai media immersivi e a tutti i mezzi di espressione creativa in Extended Reality, incluse installazioni e mondi virtuali. Venice Immersive si trova sull’Isola del Lazzaretto di fronte alla Riva di Corinto sul Lido ed è accessibile a tutti, previa prenotazione sul sito della Biennale. È il luogo ideale per familiarizzare con questo nuovo linguaggio artistico che, secondo gli esperti di settore, sostituirà l’intrattenimento tradizionale nel giro di pochi anni. Per questo la Biennale, prima istituzione al mondo ad aver creduto e puntato su questo nuovo media, sta investendo budget consistenti sulla ricerca tecnologica e sulla codifica teorica.

Michel Reilhac, che condivide la curatela della sezione con Liz Rosenthal, anticipa in esclusiva dettagli curiosi sull’edizione alle porte e tutte le novità sugli sviluppi tecnologici degli ultimi dodici mesi. Dopo un periodo di eccitazione, alla fine dello scorso anno l’entusiasmo per la Virtual Reality ha subito una battuta d’arresto sui media internazionali. Come commenta questo cambio di registro narrativo?

‘Agli albori di una nuova tecnologia, una nuova idea, un nuovo prodotto come è l’intelligenza artificiale adesso, c’è un’accelerazione e un ottimismo dirompente che crescono velocemente. Dopo il picco dell’interesse dei media per la novità comincia una fisiologica parabola discendente. Così è accaduto con la Virtual Reality che dopo un periodo di attenzione mediatica, verso la fine del 2022 ha visto una fase di disillusione riportata in numeri e critiche da molte testate internazionali. Tuttavia nel momento in cui passa l’eccitazione mediatica per una nuova disciplina è allora che le persone che fanno il lavoro vero lo fanno crescere in maniera più graduale ed anche più incisiva. Quello che ho constatato per questa edizione, la settima dalla fondazione dell’Immersive Island, è un’esplosione di talento incredibile. La comunità impegnata con la realtà virtuale continua a lavorare senza sosta lontano dalle luci della ribalta, con una modalità quasi segreta. Ritengo che questo attimo creativo indipendente dalla pubblicità sia anche il più interessante perché rivela la natura più profonda del media, dell’idioma artistico che si sta sviluppando. Vedo molta creatività e originalità soprattutto nel campo della costruzione di mondi in VRChat o Engage (piattaforme professionali per esperienze virtuali singole o collettive e costruzione di mondi n.d.r.)’.

Come cambiano le strategie per la cultura in Italia? L’anno prossimo scade il mandato di Roberto Ciccutto, attuale presidente della Biennale, e può essere un passaggio molto delicato per la strategia globale della fondazione:

‘La Biennale e la Mostra del Cinema di Venezia, voglio ricordare il primo festival internazionale al mondo che ha istituzionalizzato uno spazio dedicato all’immersività, ci danno fiducia, indipendenza e supporto assoluti. Sono io stesso impressionato dall’investimento economico significativo che la fondazione destina ogni anno allo spazio immersive, che dimostra non solo l’interesse nello sviluppo linguistico e tecnologico, ma l’intenzione di investire sulla Virtual Reality e sull’immersività come forma d’arte e d’intrattenimento del futuro. Abbiamo più che mai la consapevolezza che la Biennale abbia compreso l’importanza del lavoro pionieristico di questa sezione e ciò agevola la programmazione che di anno in anno, di edizione in edizione, diventa più ambiziosa e sperimentale. Siamo in un momento molto prolifico e fertile. Speriamo che le prossime scelte della politica non influiscano sulla nostra indipendenza e sulle nostre scelte artistiche’.

Ritiene che con l’esplosione dell’interesse per l’AI il 2023, complice anche lo sciopero degli attori di Hollywood, sarà un anno strategico per la diffusione e la promozione della cultura immersiva?

‘Troppo presto per dirlo. Certamente la narrazione attorno all’AI, strettamente connessa con la VR, avvicinerà il pubblico generico. Nel dettaglio, per l’edizione corrente, abbiamo solo due progetti fatti direttamente con l’intelligenza artificiale. Tulpamancer di Marc Da Costa e Matthew Niederhauser, per esempio, è un’esperienza in due parti dove l’utente rivela memorie o sensazioni della propria infanzia all’AI, la quale poi, sulla base delle informazioni fornite, genera una storia visibile attraverso l’oculus. Ogni esperienza è personalizzata e unica’.

Qual è la posizione di coloro che lavorano con la VR rispetto allo sciopero degli operatori di Hollywood contro piattaforme e AI?

‘Per questo non ho una risposta ma l’AI è strettamente connessa alla VR: crescono in maniera organica, l’immersività della realtà virtuale è migliorata con le possibilità offerte dall’AI. Lo sviluppo dei contenuti immersivi è biologicamente parte integrante dell’Intelligenza Artificiale’.

Quindi c’è un conflitto col pubblico sul Lido che accorre per il cinema tradizionale?

‘Chi viene alla Mostra per il cinema tradizionale non trova generalmente il tempo di visitare l’Immersive Island. È come se fossero due festival indipendenti: audience, contenuto, modo di relazionarsi, sono completamente diversi ed ogni anno sono sempre più sorpreso di come il popolo del cinema si disinteressi all’AI o alla realtà virtuale perchè per me è evidente che il futuro non è il cinema. Il cinema è una forma d’intrattenimento vintage. Un linguaggio che amo molto, ma anche un piacere che è definito dal suo passato piuttosto che dal presente. La cultura, la mitologia del cinema è definita dal suo passato. La realtà virtuale e l’intelligenza artificiale non hanno nulla in comune col cinema. Io vedo il futuro nei mondi che i ragazzi costruiscono nelle piattaforme social per la VR. Credo che dove l’AI e la VR si uniscono è con la comunità dei World Builders, delle persone che costruiscono mondi in VRChat, Engage o Horizon, piattaforme dove il metaverso si va definendo e dove l’intelligenza artificiale cambierà totalmente le abitudini degli utenti e degli esseri umani tout court’.

James Cameron in un intervento su CTV News in luglio dubitava delle capacità dell’AI di scrivere una buona sceneggiatura. Quanto tempo ci vorrà per avere un film scritto, girato, interpretato e montato dall’AI per la Virtual Reality destinato alla fruizione di massa?

‘Non l’ho visto ancora un film così. Forse qualcuno l’ha fatto, ma a noi non è stato ancora proposto. Si può fare già, comunque. Mi ricordo di un cortometraggio molto suggestionante a New York fatto dall’intelligenza artificiale, basato su fotografie reali di bambini in una spiaggia, ma completamente elaborato dall’AI. Era molto coinvolgente. Tutti pensano che ciò che è generato per l’immersive tramite Artificial Intelligence sia privo di sentimenti. Forse era vero ai primi stadi del suo sviluppo, ma se per esempio chiedi a GPT-4 un testo sulle emozioni è incredibile cosa riesce a generare. Ho letto poesie che non si potrebbero distinguere da quelle frutto della sensibilità umana e confesso che mi ha turbato. Con lo sviluppo progressivo dell’AI anche i risultati che riguardano le emozioni saranno più sofisticati. Non parliamo di vere emozioni umane, sia chiaro, ma di loro riproduzioni molto credibili. Una forma autonoma di emozioni dell’AI attualmente non è possibile, è solo la rielaborazione di qualcosa di preesistente. La condizione per la produzione di qualsiasi contenuto è che ci siano delle informazioni da cui partire. Google ha riconosciuto che i dati di google docs, i quali possono essere anche molto personali, sono accessibili all’AI che quindi assorbe questi contenuti tramite machine learning: l’intelligenza artificiale incorpora dati ogni giorno e cresce di conseguenza in maniera esponenziale anche la sua capacità di elaborazione dei sentimenti’.

Novità e sfide dell’edizione 2023. Se il 2022 è stato l’anno delle haptic technologies (tecnologie che mimano esperienze di tatto attraverso l’applicazione di forze, vibrazioni o movimenti n.d.r.) e della definizione degli schermi, in cosa le sembra che la tecnologia sia avanzata maggiormente quest’anno?

‘Ho notato un’evoluzione tecnologica nella qualità cinematografica dell’esperienza. Non esagero affermando che quest’anno abbiamo contenuti veramente spettacolari. Ci sono progetti cinesi e tedeschi dove il livello di definizione e la ricchezza dell’immagine del paesaggio è incredibile e quasi supera quella dell’esperienza cinematografica. L’altro trend che ho registrato è il maggiore utilizzo della realtà mista. L’anno scorso avevamo un progetto visibile anche nella realtà fisica che si chiamava Eggscape, che poi ha vinto il Premio Speciale della Giuria Immersive. In questa edizione sono molti di più i progetti ibridi tra realtà fisica e realtà virtuale. Uno con l’ultimo modello di Magic Leap (headset leggeri che integrano contenuti digitali nel mondo reale degli utenti, n.d.r.) lancia addirittura una nuova tipologia di pubblicazione. Si tratta di un libro fisico in cui le pagine aperte diventano il palcoscenico dove si sviluppa un’azione con personaggi 3D in movimento. Ogni volta che il libro viene riaperto la storia è completamente diversa. Il prototipo di Felix Lajounesse e Paul Raphael, The Seven Ravens, rappresenta un modello rivoluzionario per l’editoria, non solo quella per i ragazzi, che potrà in futuro avere le più svariate applicazioni. C’è poi Floating with Spirits. Inizia con un insieme di oggetti reali nel campo visivo di una stanza, che chiusa da una cupola si trasforma in una realtà completamente virtuale per poi riaprirsi e tornare reale. Questa maniera di ibridare realtà fisica e virtuale segna un nuovo capitolo della ricerca di settore’.

3 progetti imperdibili di Venice Immersive 2023:

‘Una delle opere più innovative e poetiche di questa edizione è SEN del giapponese Keisuke Itoh. Si tratta di una cerimonia del the. Inizia con questa sovrapposizione tra spazio fisico e virtuale in cui l’utente è seduto su un tatami con una coppa fisica nelle mani. L’esperienza prende vita nella tazza e si sviluppa attraverso piccoli personaggi ed attività. Il mondo in miniatura poi si espande oltre la tazza riempiendo lo spazio circostante. Keisuke Itoh ha iniziato la sua esperienza di VR con noi nel college 5 anni fa (la scuola della Biennale dedicata alla pratica dei giovani nei vari settori artistici n.d.r.) e ogni anno da allora abbiamo presentato una sua nuova opera. Per me questa è il suo lavoro migliore. In un modo completamente diverso Wallace & Gromit è un’esperienza molto rilevante. I due sono personaggi d’animazione molto noti e questo è il primo loro progetto in realtà virtuale. È un’opera buffa e molto piacevole da provare, con una 6dof (la libertà di muoversi nello spazio tridimensionale n.d.r.) molto accessibile anche per i neofiti della VR. Un esempio perfetto dell’adattamento di un’IP (Intellectual Property n.d.r.) per la realtà virtuale e dei suoi potenziali sfruttamenti commerciali. Oltre al già citato Jim Henson’s The Storyteller: The Seven Raven, vorrei aggiungere Complex 7 di Fins prodotto per un mondo in VRChat, il quale presenta il livello più sofisticato per esperienza singola in Virtual Reality’.

Queste esperienze sono accessibili ai bambini?

‘In teoria alcune sarebbero accessibili, tuttavia noi riteniamo che l’età minima sia 12 anni perchè ancora non conosciamo l’impatto di questa tecnologia sulla psiche e sulla mente di un bambino e quali possono essere i pericoli. Dobbiamo essere molto prudenti ed evitare a monte qualsiasi conseguenza imprevedibile. C’è sicuramente una contraddizione poiché molti sviluppatori creano contenuti proprio per un pubblico di giovanissimi, ma attualmente il media fortemente sconsigliato. Vorrei sottolineare che esperienze come Wallace & Gromit sono contenuti da cui anche un pubblico adulto può trarre estremo godimento. L’anno scorso ci eravamo lasciati con questa ipotesi che lo spazio immersive con il suo concorso poteva diventare un evento autonomo dalla Mostra del Cinema. Sono maturi i tempi per questo “spin-off” e prima o poi anche la VR avrà il suo Star System? M.R. Attualmente è troppo troppo presto per la Biennale valutare l’ipotesi di un evento indipendente dedicato alla VR e noi traiamo abbastanza vantaggi dalla coesistenza della Mostra, che ci aiuta ad elevare la sua percezione nell’opinione pubblica: la realtà virtuale diventa così un linguaggio che si può comunicare allo stesso modo del cinema tradizionale. Associarci al momento di glamour celebrato dai media è una perfetta occasione pubblicitaria anche per la VR. Se il cinema è in un momento di crisi, la realtà virtuale però non ha ancora trovato la popolarità di massa, resta di nicchia, e servirà più tempo perché abbia un impatto mediatico tale da renderla un evento autonomo nel calendario della Biennale. Spero che con Vision Pro la Apple familiarizzi la massa, come accaduto con gli altri dispositivi. Poco alla volta gli utenti si fidelizzeranno, scopriranno contenuti piacevoli o indispensabili per la vita di ogni giorno, per il lavoro quotidiano, per lo studio, per la formazione etc. Ma ci vorrà ancora del tempo. La vendita di maschere di Meta, il Quest Pro, è calata del 39% rispetto allo scorso anno: è evidente la difficoltà di comunicare al pubblico di massa l’utilità dei contenuti in VR. Quello che è cambiato è che cominciano a crearsi delle comunità: non sono più solo gamer, sono immobiliari che usano la realtà virtuale per la vendita di appartamenti, esperti nella formazione professionale, educatori scolastici e membri della società medica. In tutti questi campi tecnico-pratici la realtà virtuale si sta insinuando poco alla volta, solo nell’ambito della cultura rimane qualcosa di minore, perchè la comunità del cinema che pure la trova una curiosità, è attualmente disinteressata alla sua produzione. Non siamo ancora arrivati al punto in cui la Virtual Reality è avvertita come una necessità, come possedere uno smartphone, per esempio. Spero che potremo continuare a fare questo lavoro di scouting e ricerca a Venezia, perché l’interesse nel pubblico aumenta, la platea di giornalisti si amplia ed anche gli artisti di tutti i campi iniziano finalmente a sperimentare le possibilità, ancora inesplorate, del mezzo’.

Secondo lei a lunga scadenza quali saranno le possibilità di business legate alla VR?

‘Quando le piattaforme social cominceranno a sistematizzare una biglietteria. Al momento su VRChat, per esempio, è tutto gratuito ed open source. Credo che tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo inizieranno i collaudi sui sistemi di accesso a pagamento. Solo quando i produttori inizieranno a guadagnare con i contenuti si parlerà di mercato, che è anche una condizione necessaria per la sua sostenibilità a lunga scadenza. Quest’anno l’Unione Europea per la prima volta ha promulgato una serie di leggi che riguardano l’AI e inevitabilmente la VR. L’AI ACT include il divieto di sorveglianza di massa, il divieto di social scoring, gli strumenti di polizia predittiva, i sistemi che targhettizzano soggetti vulnerabili e la manipolazione subliminale o elettorale, infine la valutazione dei danni potenziali alla salute, alla sicurezza, e i rischi sui diritti, l’ambiente e le persone’.

Quali sono secondo lei i maggiori pericoli dell’immersività?

‘Penso che non sia la Vr di per sé, ma il metaverso e le piattaforme dove i meccanismi e le condizioni di esistenza sono gli stessi della realtà fisica. Nel metaverso corriamo tutti i rischi elencati. Se l’Intelligenza artificiale è un pericolo per ciò che crea lo è ancora di più per come influirà sull’interazione fra la gente e per l’impatto che avrà sulla dimensione sociale globale. Su VRChat ci sono milioni di persone che hanno trovato alternative alla vita sentimentale e sessuale offerta dalla vita reale. Hanno inventato una sensualità e una vita emozionale senza corporeità. Di recente ho condotto per l’Università di Amsterdam una ricerca sul tema della sessualità degli avatar. Insieme ad altri studiosi abbiamo cercato di decifrare funzionamento e psicologia degli utenti che conducono tutta la loro vita sessuale e amorosa in VRChat. È evidente che chi cerca rifugio nella VR perchè non è a suo agio nella vita reale perde contatto con la fisicità. È un cambio di paradigma che mi spaventa. Mi spaventa soprattutto il disinteresse di questo segmento di giovanissimi tra i 17 e i 20 anni ad interagire con altre persone nella realtà fisica’.

Cosa pensa rispetto alle petizioni degli scienziati sui pericoli legati all’AI?

‘A questo non ci credo: è solo una pausa strategica per prendere tempo e potenziare i risultati delle loro applicazioni, una pura questione di business e marketing’.

Due note sulla giuria:

‘Siamo l’unico evento dove la giuria è un peer to peer. Da due anni infatti abbiamo la tradizione di invitare i tre vincitori dell’anno precedente come giurati dell’edizione seguente. Abbiamo capito che per comprendere la qualità di un’esperienza immersiva è molto importante conoscerne la complessità. Abbiamo constatato l’attenzione e il rispetto per le opere in concorso e abbiamo deciso di sancire questa tradizione. Con giurati esterni alla VR, attrici o registi, non ha funzionato, anzi è stata una catastrofe: giudicavano con il parametro del cinema, non aveva alcun senso e non lo faremo mai più’.

Con Liz Rosenthal curate Venice Immersive da sette anni: qual è il segreto per una pacifica e proficua coesistenza?

‘Non siamo sempre d’accordo. Ci sono opere che io preferisco e lei non ama e viceversa, ma ci confrontiamo sempre in maniera costruttiva e stimolante sulla forma, sul contenuto, sul messaggio o sull’opportunità sociale o politica o filosofica o spirituale di una certa esperienza. La combinazione delle nostre personalità e sensibilità porta sempre ad un risultato appassionante’.

Di Federica Polidoro

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