sabato, Novembre 23, 2024
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Non si diventa criminali guardando “Gomorra” o “Mare Fuori”

Questa settimana nell’opinione pubblica è tornata prepotentemente alla ribalta il tema della devianza giovanile. Purtroppo l’omicidio di Giovambattista Cutolo ha tragicamente dimostrato come il tema sia attuale e le soluzioni improcrastinabili.

Sull’onda dell’emotività in molti hanno puntato il dito contro alcune serie tv come “Gomorra” e “Mare Fuori”. In settimana Roberto Saviano ha, secondo me, ben inquadrato la vulnerabilità di questa tesi. Questa serie, così come la stragrande maggioranza dei film, trattano temi reali, già accaduti. Ad esempio Gomorra si limita a raccontare la cronaca che poi è stata romanzata per motivi cinematografici, ma nulla di nuovo è stato inventato. L’adolescente non diventa violento seguendo le gesta di Ciro Di Marzio o Gennaro Savastano. Questa è una favola che ci si racconta per semplificare un problema molto più profondo e radicato.

Il ragazzino che gira armato, di coltello o peggio ancora con una pistola, nella stragrande maggioranza nasce e vive in contesti familiari già impregnati di criminalità. Ad oggi, sono in percentuale più rari i casi di ragazzi armati che provengono da contesti familiari normali, siano essi umili, borghesi o benestanti. La violenza cresce e diventa quotidianità dove è sempre stata di casa. L’adolescente che vive in certe realtà entra in possesso delle “sceneggiature” delle prossime serie tv sulla criminalità, mentre sono in corso di svolgimento nella quotidianità. Il 16enne che vive in strada ha come esempio da seguire e raggiungere il capo zona del suo quartiere, e se vede “Gomorra” o “Mare Fuori” in tv si fa anche una grassa risata.

L’abbassamento dell’età in cui gli adolescenti entrano nell’universo della criminalità, non per forza organizzata, non è un fenomeno di oggi, anzi sono già almeno 10 anni che questo processo è iniziato. Da quando i baby boss decisero che era arrivato il momento di sovvertire il potere gestito dai vecchi clan di camorra. Alcuni di essi sono diventati vere e proprie icone, altro che gli attori delle serie tv. Ovviamente questo esercito di ragazzini armati e violenti non sono inquadrati tutti nella camorra, anzi la maggior parte sono cani sciolti anche perché proprio come ha ricordato Roberto Saviano, sono difficili da pover gestire e disciplinare.

Il DL Caivano o i blitz delle Forze dell’Ordine risolveranno il problema? Probabilmente no. Forse per invertire questa tendenza occorrerebbe un investimento massiccio nella scuola e nelle politiche sociali. Un esercito di professori appassionati, non di dipendenti pubblici che timbrano il cartellino, e un altrettanto esercito di assistenti sociali e strutture in grado di ricostruire questi ragazzi. Sarebbe ovviamente necessario togliere dai contesti familiari deviati questi adolescenti e fargli capire attraverso dei percorsi scolastici, psicologici e formativi che la vita può essere vissuta anche senza un’arma nella tasca. Fermo restando che occorrono leggi severe, anche per i minorenni, che non si fermano ad un ammonimento del Questore di turno, che ancora ad oggi si stenta a capire a cosa possa realmente servire.

Questa è una visione utopistica? Purtroppo si. Il problema verrà risolto? Probabilmente no. Leggeremo di altri Giovanbattista? È quasi purtroppo una certezza. Questo perché storicamente l’Italia non è un paese che ha abituato ad investimenti massicci nelle politiche sociali. Ma ci ha abituato a rincorrere le “streghe” rappresentate un giorno dai social network, un altro giorno dalle serie tv e poi dal rapper di turno e così via. Una serie infinita di giustificazioni utili solo a confondere il quadro delle responsabilità e a fuggire da quest’ultime.

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