A fine settembre al Mercato centrale di Milano il primo temporary
Milano, 20 set. (askanews) – Babaco market diventa grande e da delivery online solo di frutta e verdura fresca “fuori dall’ordinario”, come definiscono in azienda i prodotti scartati dalla distribuzione moderna perchè non conformi agli standard, allarga la gamma delle referenze a prodotti confezionati e inizia a mettere le radici, partendo da Milano. Certo il primo negozio sarà un temporary store per quattro mesi da fine settembre all’interno del Mercato centrale ma è un test al quale non è detto che non seguano altri luoghi fisici. Perchè come ha detto il founder e ceo, Francesco Giberti, “noi siamo partiti dall’inizio della filiera, con i produttori, ma la filiera ha sprechi ovunque, anche nell’industria” e poi “vogliamo arrivare anche a chi magari non ha molta dimestichezza con la tecnologia e gli acquisti online”.
Babaco Market è partita tre anni fa, nel pieno dell’emergenza pandemica, con l’idea semplice di consegnare a domicilio, su abbonamento, box di prodotti alimentari che solo per dei difetti estetici non arrivano sulle nostre tavole. Nel corso di questi tre anni con la sua attività ha evitato lo spreco di 1.800 tonnellate di prodotti raggiungendo progressivamente circa 1.000 città, concentrate nel centro-nord, incluse Roma, Genova, Venezia, Firenze e Bologna, oltre Milano da dove tutto è partito. Per fare questo oggi collabora con una rete di un centinaio di produttori nazionali che riforniscono l’azienda di prodotti altrimenti scartati dalla gdo. L’ultimo bilancio si è chiuso con tre milioni di fatturato e oggi conta su una squadra di lavoro di 44 dipendenti (raddoppiati nell’ultimo anno). “Per il pareggio ci vuole ancora un po’ – ha detto Giberti – siamo ancora in una fase di forti investimenti. In questi anni abbiamo raccolto otto milioni di euro da privati e fondi, ma per il break even point ci vorranno ancora due anni”. L’ultimo round di finanziamento si era chiuso a novembre del 2022 e ora, spiega il ceo, ce ne sarà uno nuovo il prossimo anno.
Un nuovo finanziamento per supportare lo sviluppo dell’attività che è continuo come testimonia l’ampliamento merceologico con “La bottega”, che consente di aggiungere alla box di frutta e verdura anche prodotti da dispensa, 500 nuove referenze selezionate da Babaco in base a tre criteri: riduzione degli sprechi (prodotti alimentari creati grazie a progetti di economia circolare, prossimi alla data di scadenza o con qualche difetto di packaging), rispetto per l’ambiente e le persone (selezione di alimenti provenienti solo da filiere sostenibili e da aziende che si occupano di reinserire nella società persone in difficoltà) e ricerca delle eccellenze del territorio italiano (ortofrutta e ingredienti contraddistinti da presidi Slow Food, Igp e Pat). Nel frattempo si lavora all’apertura ormai prossima del temporary di Mercato centrale a Milano dove si alterneranno due persone alla vendita, formate per raccontare, oltre che vendere, queste materie prime seconde, a cui dare una seconda possibilità dal momento che sono buone e dietro nascondono lavoro e investimenti.
Ma il ceo ragiona anche su possibili ulteriori sviluppi come quello nel canale della ristorazione o quello delle etichette “buono oltre” per recuperare anche prodotti in scadenza, mentre si lavora sul paradigma dell’economia circolare avviando progetti pilota con altre aziende per trasformare quelle materie prime che andrebbero buttate. Come è accaduto con la birra al limone realizzata col birrificio Biova che ha utilizzato limoni di un produttore siracusano inadeguati per la gdo per difetti alla buccia.
Ma alla fine di questo lavoro di recupero quanto costano le box? Si va dai 21,9 euro di una da 6 chili di frutta e verdura (a sorpresa in base alle stagioni con 10-12 varietà di prodotti) ai 29,9 di quella da dieci chili, una media di 3 euro al chilo circa. Un prezzo finora considerato sostenibile da Babaco per i propri abbonati, 17mila fino a oggi. “Dai dati sappiamo che le persone vedono il valore di questi prodotti – ha detto Giberti – il mercato ci dice che non siamo costosi, anzi siamo più competitivi dei nostri competitor dell’e-grocery, in media costiamo un 30% in meno”. Certo occorre fare i conti con l’inflazione che erode il potere di acquisto delle famiglie e le costringe a modificare le proprie abitudini di spesa per esempio scegliendo la convenienza del discount. “Ecco noi non saremo mai competitivi coi prezzi che fanno i discount – ha ammesso Giberti – da loro troverete per esempio le pere che arrivano dal Cile perchè quelle italiane costano di più e stanno sparendo. Del resto alla gdo conviene più comprare le cilene che le nostre. Ma per noi il tema è: fino a quando potremo continuare a comprare qualcosa senza pensare a quello che c’è dietro?”. Anche il prezzo di acquisto dei prodotti fuori standard che sarebbero andati persi senza il loro intervento, non scende mai troppo perchè “il nostro obiettivo non è strozzare il produttore ma riconoscere un valore al suo lavoro”. Di qui anche la scelta di evitare i rider per le consegne a domicilio. “Anche in questo caso ci affidiamo a fornitori terzi, aziende specializzate dotate di mezzi refrigerati e non ricorriamo ai rider”. “Inizialmente, quando contattavamo i produttori, pensavano che scherzassimo perchè tutti da loro volevano le melanzane perfette, le mele senza cicatrici – ha concluso Giberti – abbiamo avuto la fiducia di tanti investitori per poter crescere e ora i produttori sono contenti di avere un canale alternativo a cui rivendere i propri prodotti senza doverli buttare”.