La stagione fallimentare del Napoli prosegue senza intoppi, inanellando figuracce in serie, l’ultima è l’imbarazzante pareggio di Cagliari.
La vittoria gettata alle ortiche in Sardegna mette definitivamente fine al sogno di qualificarsi in Champions League. Una frenata prolungata di Atalanta e Bologna è al momento poco probabile, così come è poco probabile che il Napoli riesce a mettere insieme almeno un paio di vittorie di fila in questo campionato di Serie A.
È superfluo analizzare cosa è accaduto in campo a Cagliari. Gli azzurri dopo essere passati in vantaggio, forse immeritatamente, hanno sprecato prima con Politano e poi con Simeone due occasioni colossali per chiudere la partita. Sarebbe bastato un passaggio, l’ultimo, al compagno libero e ora commenteremo una goleada o quasi. Invece la ciliegina su questa pessima torta l’ha messa Juan Jesus non controllando un lancio disperato in area del Napoli, con difesa schierata e un calciatore cagliaritano, Luvumbo, solo ed infortunato che è riuscito comunque a battere Meret.
Il pareggio non è una debacle ma la cartina al tornasole di una stagione gestita malissimo, peggio di un dilettante allo sbaraglio, con protagonista il Presidente Aurelio De Laurentiis. L’assolutismo, che è stato instaurato in società dopo gli addii di Giuntoli e Spalletti, si è rivelato un fiasco colossale. Quest’anno è stato fatto tutto al contrario, partendo dalla scelta dell’allenatore e poi del direttore sportivo, quando è di norma fare esattamente il contrario, perché i presidenti si occupano dei conti, non del campo. Da qui si è innescato un meccanismo di errori a catena che sono ricaduti sulle scelte di mercato, la gestione dei rinnovi, le scelte dei traghettatori. Anche se va detto che è impossibile traghettare una nave affondata da tempo.
Oggi commentiamo l’addio alla qualificazione alla prossima (nuova) Champions League, ma se da un punto di vista economico il patron De Laurentiis è pronto alla cessione di Osimhen e Kvaratskhelia per conquistare l’ennesimo “scudetto del bilancio” la sensazione è che dopo la vittoria dello scudetto sia iniziata una parabola discendete alla quale, in questo momento, la società non è all’altezza di mettere un freno.
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