Tutti ricordano l’azione folle messa in atto da Pasquale Pinto lo scorso 8 febbraio a San Giovanni a Teduccio, periferia orientale di Napoli. Il 54enne uccise la moglie, Eva Kaminska, con numerose coltellate e poi, aggrappato alla finestra della cucina della sua abitazione, sparò verso la strada numerosi colpi di pistola.
Dopo un mese e mezzo di indagini lo scenario di ciò che è accaduto nell’abitazione in via Raffaele Testa appare più chiaro. Pinto era ossessionato dalla paura della camorra. Quando era ancora guardia giurata, aveva subito un tentativo di rapina dell’arma, ma lui era riuscito a difenderla. Dopo questo episodio avrebbe ricevuto diverse minacce che hanno iniziato a minare la sua tranquillità. Il licenziamento ha contribuito ad acuire questo senso di paura e di accerchiamento. Pinto pare fosse convinto che la camorra si sarebbe vendicata colpendo i figli e pare fosse diventato quasi ossessivo nel controllo dei loro spostamenti.
Ma di parere opposto pare fosse la moglie e questo avrebbe scatenato discussioni tra i due. La mattina dell’8 febbraio la furia di Pinto si sarebbe scatenata contro la moglie proprio perché non sarebbe riuscito a mettersi in contatto con i figli ed avrebbe accusato la moglie di ciò.
Inoltre è emerso dall’autopsia che Raffaele Pinto non è morto per avvelenamento ma d’infarto. L’agitazione del 58enne era talmente elevata quella mattina da provocargli un’arresto cardiocircolatorio.
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