lunedì, Novembre 25, 2024
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Eutanasia: la prima tesi sull’argomento è di una ragazza napoletana

«Disciplina penale in materia di trapianto di organi ed eutanasia»: la prima tesi in Italia che tratta esplicitamente del tema dell’eutanasia è tutta napoletana.

Angelica De Vito, diplomata al liceo classico G.B. Vico di Napoli e neolaureata con lode in giurisprudenza alla Federico II, ha firmato e discusso la prima tesi italiana sul tema dell’eutanasia. Il suo relatore è il professore di diritto penale Vincenzo Maiello.

Oltre ad avere una formazione giuridica in Italia (sistema di civil law), Angelica ha conseguito anche una formazione su common law a New York (triennale alla Columbia University e magistrale alla Fordham University).

Angelica spiega:

«È una sorta di double degree, infatti da quando mi sono diplomata nel 2014 vado ogni estate a studiare in America. Tutte le estati tranne la precedente, perché sono andata in Cile per studiare diritto internazionale, con un progetto di internazionalizzazione con la Federico II».

Angelica De Vito e la sua tesi sull'eutanasia
Angelica De Vito e la sua tesi sull’eutanasia

Parlare di eutanasia vuol dire affrontare un argomento molto delicato e prendere posizione in merito vuol dire anche rischiare di ricevere offese gratuite dagli sconosciuti sui social. Eppure, secondo Angelica, a prescindere dall’opinione che si può avere sull’argomento, basterebbe solo essere più informati.

Eutanasia è una parola che deriva dal greco (εὖ «bene» e ϑάνατος «morte») e letteralmente vuol dire “morire bene”. Morire bene non solo in maniera felice e serena, ma in maniera dignitosa.

Angelica aggiunge infatti:

«Quel “bene” ha un significato duplice. Il primo per il paziente, il secondo per la famiglia del paziente, che vive lentamente la morte del soggetto. Per esempio credo che Mina Welby sia una grande donna perché ha capito come stare vicino al marito malato e come dargli dignità».

La neo dottoressa ha conosciuto Mina Welby, moglie di Pier Giorgio Welby e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, quasi 3 anni fa all’inagugurazione di una nuova casa editrice di Scampia, la Marotta e Cafiero.

«Lei era lì perché hanno venduto tantissime copie dei suoi libri, ma io ero già interessata a lei perchè avevo studiato il caso di Pier Giorgio per l’esame di procedura civile. Le ho proposto quindi di presentare il suo libro nella bottega Bovo, dove dipingo. Il mio sogno sarebbe però quello di invitarla addirittura alla facoltà di medicina della Federico II dove ci sono professori ancora poco propensi al dialogo in materia di eutanasia. Oltre la materia processuale, credo infatti che debba essere riformata quella medica. Alcuni medici sono infatti molto contrari all’eutanasia, quasi come se andassero contro la loro morale

Come tutelare i medici?

Uno dei punti fondamentali da cui parte la tesi di Angelica è proprio la mancanza di tutela del medico. Egli infatti, davanti l’irreversibilità della malattia di un paziente e in mancanza di cure, per non incorrere in penalità, non fa nulla.

L’Associazione Luca Coscioni, che promuove la libertà di ricerca scientifica e ha lottato a favore del caso di Pier Giorgio Welby, è infatti sotto processo per omicidio e per istigazione al suicidio.

In tal caso si applicano gli articoli 579 e 580 del codice penale, secondo cui l’associazione e alcuni medici che la aiutano, devono essere processati per omicidio (articolo 579) o per istigazione al suicidio (articolo 580).

Angelica poi aggiunge:

«Addirittura la Lega sta pensando di togliere anche i centri di cure palliative. In effetti il confine tra eutanasia e cura palliativa è labile. Basta una dose di morfina leggermente superiore che il medico rischia di incorrere in un processo per istigazione al suicidio o per omicidio. Se si eliminano le cure palliative però, si elimina anche la possibilità per i malati terminali di non provare dolore

Il diritto alla vita e alla salute

Altro tema della tesi di Angelica è quello dei diritti fondamentali:

«Se si parla di eutanasia non è che si ha un nuovo diritto. Si guarda a quelli che sono i principi fondamentali della Costituzione, dove vi è il diritto alla vita e alla salute. Bisogna dare una nuova lettura, orientata a quelli che sono i nuovi bisogni della società. Ci sono casi infatti in cui purtroppo una persona non può essere miracolata. Non si può all’improvviso riprendere a respirare dal naso o riprendere a deglutire. Questa non è vita. Parliamo di danni cerebrali così ingenti che una persona non può neanche di fare movimenti semplici. Si parla di mancanza totale di autonomia. Si dovrebbe quindi incorrere in domande ancor più profonde come “cos’è la vita?”».

Insomma il problema per cui ancora in Italia non si è arrivati ad un punto di svolta è la mancanza di informazione sulla questione eutanasia.

«Quando si parla di eutanasia si pensa di dover fare una legge che permetta di morire su richiesta della parte. In realtà non è così perché per avvalersi di eutanasia è necessario che ci siano delle condizioni ben determinate. Può avvalersi di eutanasia un malato terminale, in condizioni irreversibili, che devono durare in un tempo abbastanza prolungato. È richiesto inoltre più di un prospetto medico che dichiari l’irreversibilità della condizione del malato. Quindi in realtà credo ci sia molta confusione»

La causa di questa confusione secondo Angelica è il fatto che troppe voci si pronunciano su un tema così delicato, in maniera però molto superficiale e continua:

«L’unica voce che dovrebbe essere rispettata è quella della Corte Costituzionale, che ha funzione nomofilattica, che garantisce cioè l’osservanza della legge. La Corte ha decretato che bisognerebbe decidere sulla materia entro il 24 settembre, ma ci sono continui rinvii sulla scelta della data della discussione. È necessario invece che vi sia un disegno di legge che si vada poi a discutere, vista la profondità del tema. Per adesso ancora non si vede assolutamente nulla».

La situazione in Italia sulla questione dell’eutanasia

Il primo passo verso la risoluzione della questione sembrava essere stato fatto nel dicembre 2017, quando il biotestamento è diventato legge.

dicembre 2017, il biotestamento è legge: Emma Bonino e Mina Welby commosse
dicembre 2017, il biotestamento è legge: Emma Bonino e Mina Welby commosse

Mostrando la foto di Emma Bonino e Mina Welby commosse, Angelica dice:

«Solo il 14 dicembre 2017, dopo anni di battaglie che hanno visto Mina Welby in primo piano, il Parlamento ha approvato la legge sul testamento biologico, ciò che voleva Piergiorgio Welby».

Il testamento biologico è un documento legale da parte di una persona, per specificare in anticipo i trattamenti sanitari da intraprendere nel caso di una propria eventuale impossibilità a comunicare direttamente a causa di malattia o incapacità. Si apre quindi un’altra parentesi:

«Scrivere un biotestamento è una cosa a cui uno, soprattutto da giovane, non pensa. Secondo la pronuncia sul caso Englaro, si deve ricostruire il percorso di vita del soggetto insieme alle persone care. Bisogna però rendere le persone più consapevoli. Già è importante per esempio inserire sulle nuove carte dì identità la dicitura “donatore di organi”. Ripeto, credo che l’informazione abbia un ruolo fondamentale. Condizione necessaria per la donazione di certi organi, come ad esempio il cuore, è che la persona o sia ancora viva, oppure sia morta da pochissimo. Per cui è importante conoscere le volontà ultime delle persone, riguardo il proprio corpo».

Angelica aggiunge poi sorridendo:

«E comunque una persona può scegliere di scrivere il testamento biologico anche in maniera scaramantica, perché ovviamente nessuno si augura la morte o il dolore di qualcuno».

La posizione della Chiesa

La Chiesa si esprime ancora in maniera sfavorevole riguardo la legalizzazione dell’eutanasia. Angelica a tal proposito afferma:

«Posso anche comprendere il punto di vista della Chiesa o di chi in generale è a sfavore. Nel momento in cui l’eutanasia diventa legge inizieranno anche le trasgressioni. Ad esempio la depressione è una malattia e il depresso ritiene magari di potersi avvalere di eutanasia. Quella sarebbe allora istigazione al suicidio. Torniamo sempre là, basta essere più informati. Per avvalersi dell’eutanasia bisogna essere in condizioni ben determinate: irreversibilità, annosità, mancanza di cure previste anche nel lungo periodo. Magari su 100 malati, solo 2 possono avvalersi del diritto all’eutanasia. La condizione di irreversibilità non è infatti una condizione della psiche, ma deve essere una condizione del corpo. La scientificità è l’unico parametro per dettare l’irreversibilità della malattia».

Insomma con una posizione così netta riguardo la questione eutanasia, si sentirà ancora parlare della giovane napoletana Angelica De Vito, che dopo la laurea frequenterà un master alla Queen Mary University of London, dove sicuramente porterà alto anche il nome della nostra città.

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