martedì, Novembre 5, 2024
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Caccia ai complici dell’assassino di Santo Romano

Per gli inquirenti potrebbe non essere l’unico responsabile della rissa sfociata in sparatoria nella quale ha perso la vita Santo Romano, il ragazzo di 19 anni deceduto a causa delle gravissime ferite riportate dopo essere stato raggiunto al petto da un colpo di arma da fuoco mentre, con un gruppo di amici, era a San Sebastiano al Vesuvio (Napoli).

Ma nel frattempo il 17enne, in stato di fermo dalla serata di ieri, ha fatto le prime, sostanziali ammissioni. Una confessione resa al giudice della Procura per i minori che l’ha ascoltato dopo che era stato prelevato dai Carabinieri della compagnia di Torre del Greco nei pressi della sua abitazione, nel quartiere napoletano di Barra.

Ma i militari continuano ad indagare per cercare di risalire all’identità dei giovani e giovanissimi protagonisti della rissa nata per un pestata e una conseguente scarpa “sporcata”.

In serata, intervistato dal Tg1 parla il padre del 17enne: “Mi dispiace molto per questa famiglia perchè non doveva capitare proprio questa cosa. Chiedo tanto scusa, tanto perdono per quello che è successo“. L’avvocato Luca Raviele, legale del giovane, allo stesso Tg, ha spiegato che il 17enne “ha ammesso di aver sparato però per essersi difeso a seguito di una aggressione da parte di un gruppo di 4 -5 ragazzi. Ha delle problematiche di carattere psichiatrico, psicologico accertate dal Tribunale per i minorenni“.

Il ragazzo è stato individuato velocemente dagli inquirenti: ad incastrarlo la minicar con la quale si è allontanato da piazza Raffaele Capasso dopo la sparatoria nella quale è rimasto ferito un altro ragazzo di 19 anni, amico di Santo Romano, che era portiere della squadra di Eccellenza del Micri. La stessa vettura indicata da più presenti: per qualcuno sarebbe stata lì già durante la rissa, per altri si sarebbe spostata per poi ripresentarsi poco prima degli spari. Sta di fatto che quella vettura, che si vede nelle immagini di videosorveglianza sequestrate dai carabinieri, era stata fermata appena il giorno prima per un controllo: a bordo proprio il 17enne, volto noto alle forze dell’ordine per precedenti legati in particolare alla droga e un arresto con custodia nel carcere minorile di Nisida conclusosi da non molto.

Il ragazzo, al giudice che l’ha sentito durante le fasi dell’emissione del decreto di fermo nel centro di prima accoglienza dei Colli Aminei, avrebbe prima provato a discolparsi, poi avrebbe ammesso di avere sparato.
Gli inquirenti, però, intendono capire chi c’era insieme a lui nella notte tra venerdì e sabato. E per farlo, stanno anche esaminando le foto presenti sui profili social del minorenne in stato di fermo. Scatti che, insieme alla immagini visionate a più riprese, potrebbero dire tanto, anche perché in più di uno scatto si inneggerebbe all’uso delle armi.

Oggi è anche il giorno della riflessione: proprio a San Sebastiano al Vesuvio è stata fissata una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato dal prefetto Michele Di Bari, mentre amici e parenti del 19enne hanno partecipato ad una veglia di preghiera alla presenza di don Ciro Cozzolino, referente dell’associazione Libera.

Maria De Luzenberger, procuratrice capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli, parla di “una generazione che è cresciuta violenta. Su internet i ragazzi hanno accesso a contenuti violenti, anche di sesso violento, senza controllo. In più in questi territori c’è una cultura di camorra. Vi è tutta una fascia grigia di ragazzi che non sono necessariamente implicati nella camorra, né sono figli di persone implicate con essa, ma respirano un clima di violenza”.

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