Un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha analizzato l’evoluzione della deformazione del suolo e dell’attività sismica ai Campi Flegrei dal 2000 al 2023 quantificando la loro accelerazione nel tempo e derivando una relazione esponenziale tra il sollevamento massimo della caldera e il numero cumulato di eventi sismici.
I risultati, presentati nell’articolo Accelerating upper crustal deformation and seismicity of Campi Flegrei caldera (Italy), during the 2000-2023 unrest appena pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment di Nature, derivano dallo studio dei principali segnali geofisici registrati ai Campi Flegrei dalle reti di monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv che la recente evoluzione del bradisismo ha consentito di analizzare approfonditamente.
“Lo studio realizzato – spiega Augusto Neri, ricercatore dell’Ingv e coordinatore della ricerca – non adotta a priori modelli fisici specifici bensì si prefigge di rappresentare l’evoluzione della crisi in un modo il più possibile obiettivo e neutro attraverso un’analisi matematica rigorosa dei dati delle reti di monitoraggio geofisico. Attraverso questa analisi è possibile rappresentare, seppur in termini sintetici e approssimati, il comportamento del vulcano ed evidenziare i suoi cambiamenti nel tempo col fine ultimo di migliorare la comprensione del suo funzionamento”. In particolare, lo studio ha evidenziato la prosecuzione di una accelerazione di lungo periodo (decennale) delle variabili geofisiche iniziata nel 2005 e come questa accelerazione non sia stata costante nel tempo.
“Su scala decennale – spiega Andrea Bevilacqua, ricercatore dell’Ingv e primo autore dello studio – il sollevamento del suolo segue un andamento parabolico con un’accelerazione media di circa 0,7-0,8 cm/anno² con riferimento alla stazione Gnss del Rione Terra di Pozzuoli, al centro della caldera. L’andamento temporale del tasso di terremoti è invece sovra-esponenziale, ovvero più rapido di un andamento esponenziale. È comunque importante evidenziare come questi andamenti non siano costanti nel tempo ma soggetti a oscillazioni di varia frequenza. I principali periodi di queste oscillazioni variano da circa 2 a 5 mesi (per i periodi più brevi) fino a circa 1,5 e 3 anni (per i periodi più lunghi). Negli ultimi anni, si è inoltre osservata una tendenza alla riduzione di questi periodi di circa il 10-15%. Una implicazione di questi risultati è che i periodi di ridotta attività sismica non sono necessariamente indicativi di un cambio nel comportamento decennale del vulcano”.
Un aspetto particolarmente interessante dello studio ha riguardato la relazione tra deformazione del suolo e numero di terremoti registrati. “Lo studio ha evidenziato – prosegue Neri – una chiara relazione esponenziale tra sollevamento massimo della caldera e numero cumulato dei terremoti registrati. Questa relazione è diversa da quella lineare osservata durante l’ultima crisi bradisismica del 1982-1984. Inoltre la relazione esponenziale è diventata più forte a partire dall’anno 2020 circa, ovvero con l’avvicinarsi del sollevamento della caldera alla quota massima raggiunta durante la crisi del 1982-1984. La relazione spiega come mai il sollevamento della caldera registrato negli ultimi anni è stato accompagnato da una più intensa attività sismica rispetto agli anni precedenti. Questo comportamento è analogo a quello dei materiali quasi-elastici soggetti a uno sforzo crescente e può essere interpretato come un progressivo deterioramento delle proprietà meccaniche della crosta più superficiale dei Campi Flegrei”.
Lo studio pubblicato utilizza dati registrati fino a novembre 2023 ma è tuttora continuamente aggiornato sulla base dei nuovi dati di monitoraggio registrati. “Le analisi aggiornate fino alla fine di ottobre 2024 – conclude Flora Giudicepietro, ricercatrice dell’Ingv e coautrice dello studio – confermano che gli andamenti e le relazioni individuate nel periodo 2000-2023 sono tuttora valide. Questo significa che al crescere della velocità di sollevamento aumenta anche la probabilità di terremoti nei Campi Flegrei nei mesi successivi. Un’altra implicazione di questo studio è che, qualora tali andamenti continuassero con le stesse caratteristiche nel futuro, un ulteriore sollevamento della caldera potrebbe essere associato a tassi di attività sismica superiori a quelli registrati nel 2023, come già avvenuto nel maggio 2024. Questo scenario rappresenta una possibile evoluzione futura qualora la crisi bradisismica attualmente in corso dovesse perdurare.
D’altra parte, è anche possibile che il processo di sollevamento del suolo flegreo si attenui nel tempo, e questo comporterebbe anche una riduzione dell’attività sismica”. La ricerca pubblicata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile.
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