sabato, Aprile 19, 2025
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Polemiche dopo l’intervista dell’arbitro Marco Guida

Marco Guida, arbitro internazionale della sezione di Torre Annunziata, è stato intervistato dai colleghi di Radio Crc. Le sue dichiarazioni sul tema dell’eliminazione del criterio di territorialità hanno sollevato non poche polemiche.

Eliminazione limiti territoriali? Ci tengo ad essere trasparente sulla questione. Non c’è nessun retropensiero, il nostro designatore arbitrale Gianluca Rocchi può scegliere il miglior arbitro per la miglior partita. Noi siamo persone per bene. Io e Fabio Maresca possiamo arbitrare tranquillamente a Napoli ed è molto probabile che avvenga. Sia io che Fabio abbiamo deciso di non arbitrare a Napoli poiché il calcio viene vissuto in maniera diversa da altre città come Milano anche se abbiamo avuto la proposta. Non ci sono linee territoriali, abbiamo fatto solo quello che riteniamo fosse più opportuno“.

Io vivo la città di Napoli e abito in provincia. Ho tre figli e mia moglie ha un’attività. È una scelta personale. La mattina devo andare a prendere i miei figli e voglio stare tranquillo. Il calcio da noi viene vissuto con molta emotività. Quando ho commesso degli errori non era così sicuro passeggiare per strada così come andare a fare la spesa. Pensare di sbagliare ad assegnare un calcio di rigore e di non poter uscire 2 giorni di casa per svolgere le mie attività sportive non mi fa sentire sereno. L’AIA ci ha dato piena libertà di poter arbitrare qualsiasi squadra in qualsiasi momento“.

Qualche ora dopo è arrivata la risposta del Consigliere Comunale di Napoli, Nino Simeone:

In merito alle recenti dichiarazioni dell’arbitro Marco Guida e, a suo dire, anche del collega Fabio Maresca, ritengo inaccettabile che un funzionario sportivo, un arbitro internazionale, scelga di non dirigere una squadra per timore delle reazioni nella propria città.

Comprendiamo le pressioni emotive, ma chi ricopre un ruolo pubblico – nel calcio come nelle istituzioni – ha il dovere di agire con coraggio, responsabilità e senso di giustizia, anche quando le scelte possono risultare impopolari. Che esempio offrono, dunque, questi due signori – ai quali, suppongo, nessun medico abbia prescritto di arbitrare per mestiere – alle migliaia di arbitri più giovani, o a quelli che ogni settimana affrontano con dignità campi difficili e situazioni ben più complesse?

E ora, cosa dirà l’Associazione Italiana Arbitri al ragazzo di 19 anni aggredito in Sicilia, e a tutti i suoi colleghi che ogni domenica subiscono insulti e rischi per 30 euro a partita?
Il valore umano dei napoletani non può e non deve essere ridotto a una narrazione di paura o sospetto. Napoli è una città che vive il calcio con passione, sì, ma anche con straordinaria umanità, dignità e intelligenza.

Lo stesso principio guida chi, come noi, porta avanti battaglie – forse impopolari, ma necessarie – come quella per la gestione dello stadio Maradona. Una battaglia per difendere il bene pubblico da chi vorrebbe trasformarlo in proprietà privata, affermando invece una visione equa, trasparente e rispettosa delle regole.

Serve più fiducia nei cittadini, non meno. E soprattutto, serve più coraggio da parte di chi è chiamato a decidere. Una caduta di stile grave, che non possiamo né ignorare né giustificare.

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