venerdì, Novembre 22, 2024
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Il “caso” Scampia, tra treccine blu e jeans strappati

A Scampia il dress code della Alpi-Levi continua a far parlare. Dopo le treccine blu, è la volta dei jeans strappati, così due alunni non ammessi in classe.

È di pochi giorni fa la storia di Lino, il tredicenne napoletano al quale la dirigente scolastica della scuola Ilaria Alpi-Carlo Levi di Scampia aveva vietato di partecipare alle lezioni a causa di una capigliatura troppo appariscente: delle treccine di colore blu elettrico. Tuttavia, dopo il grande caso mediatico, sembra che la voglia di studiare e la maturità del tredicenne di Scampia abbiano prevalso. Infatti, per metter fine alla polemica nata a causa dei suoi capelli, Lino ha deciso in piena autonomia di tagliarsi i le treccine per poter finalmente tornare a scuola. «Evidentemente, Lino è più maturo di tutti noi», così ha dichiarato la nonna di Lino a Giornalettismo.

Nonostante il passo indietro del ragazzo, però, la preside Rosalba Rotondo, convinta che una tale capigliatura abbia soltanto lo scopo di attirare l’attenzione, ha mantenuto la linea dura. La mamma del ragazzo ha specificato che ci vorrà del tempo, ma la dirigente ha risposto così a La Repubblica: «Non importa, aspetteremo. Fino ad allora però, abbiamo pensato a un percorso alternativo per lui, per dimostrare a tutti quale ragazzo di talento è. Non ha bisogno di attirare l’attenzione con le treccine. Ha già altre peculiarità: la musica, lo sport, gli piace molto la matematica…»

Anche il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, si è espresso sulla vicenda, e ha dichiarato a Giornalettismo: «Qui non stiamo parlando di un vestito, ma di un modo di portare i capelli: quando Ruud Gullit portava le treccine nessuno ha mai avuto nulla da eccepire.[…] Ripetiamo: qui non si tratta di una questione di decoro. È giusto che si vada vestiti in maniera consona a scuola. Ma questa scelta della dirigente scolastica ci sembra discriminatoria per l’alunno».

Con il ritorno a scuola del ragazzo, il caso può dirsi ormai chiuso.

Il caso dei jeans strappati

Ma per un caso che si chiude, eccone un altro che si apre. Sempre a Scampia. Sempre alla Alpi-Levi. Sempre questione di dress code. Anche se questa volta ad entrare nel mirino mediatico è l’abbigliamento ‘vero e proprio’, poiché gli incriminati sono un paio di jeans, non una ‘semplice’ capigliatura eccentrica. I jeans in questione sono quelli con gli strappi fatti ad hoc, molto popolari tra i giovani.

Per questo motivo, ieri mattina due fratelli, di tredici e undici anni, non hanno potuto seguire le normali lezioni con i propri compagni di classe, al contrario hanno passato la mattina nella sala professori della scuola.  Il fratello minore si è, però, così giustificato «I miei jeans non sono quelli ‘tagliati’, li ho strappati accidentalmente all’altezza del ginocchio destro sedendomi. Ma non mi hanno comunque fatto entrare in classe».

Il codice di abbigliamento, stilato dalla preside Rotondo e firmato ad inizio anno dai genitori degli alunni, impone la scelta di indumenti sobri. Tra i vestiti accettati, insieme a maglie e felpe che inneggiano alla violenza, sandali, bermuda e creste, non rientrano i jeans strappati, come quelli che negli ultimi anni vanno molto di moda tra gli adolescenti.

«Mio figlio ora è sotto shock»: la denuncia della mamma

A denunciare l’accaduto, la mamma di Scampia, attraverso un post su Facebook: «Questa volta non sono treccine blu, ma semplici jeans a far sì che la Preside Rotondo si arroghi il diritto di lasciare in sala professore i miei figli per l’intera durata delle attività didattiche, precludendogli il diritto allo studio

Mary Bevar, la mamma dei due ragazzi, ha raccontato nel suo post «Mio figlio è riuscito ad ottenere di poter andare in bagno verso le 11, mi ha tempestivamente telefonato per dirmi che la Preside, ritenendo non consono il loro abbigliamento, li aveva costretti a non entrare in classe per svolgere le lezioni. Mi sono precipitata all’ IC Alpi-Levi, sono entrata nell’ Istituto e senza né firmare nessun permesso (perché nessuno mi ha detto che dovevo) né avere la possibilità parlare con la dirigente, ho prelevato i miei figli e sono uscita. Fuori c’erano già dei giornalisti, visto che ormai l’ operato discutibile della Preside Rotondo fa notizia. »

«Mio figlio ora è sotto shock e non vuole tornare a scuola» – ha denunciato la mamma dei due fratelli –
«È un comportamento normale da parte di una dirigente? I pantaloni dei miei figli, di cui posto foto, sono così “oltraggiosi”?». La signora ha, poi, concluso con un appello «Mi rivolgo ai social, ai giornalisti, agli organi preposti a vigilare: bisogna che, chi di dovere, riveda il ruolo assegnato alla succitata Dirigente, perché stiamo vivendo nel terrore di mandare i nostri figli a scuola.»

A quanto pare, anche oggi, 17 settembre, ad uno dei due ragazzini sarebbe stato vietato di entrare in classe, sempre a causa di un abbigliamento non appropriato.

La difesa della dirigente

Intanto, la dirigente, da 36 anni a capo dell’Istituto, con le sue dichiarazioni relative al caso delle treccine, aveva già evidenziato l’importanza delle regole e del rispetto di esse da parte di tutti, alunni e insegnanti. «Imparano oggi quello che servirà loro domani. Potranno mai andare a lavorare in bermuda o con l’ombelico scoperto o con treccine blu elettrico? Non credo proprio. Un giorno saranno avvocati, infermieri, medici, artisti, bancari e sapranno che esistono regole da rispettare, sapranno cos’è un dress code».

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