In Campania, lo sappiamo, ci sono le streghe: si chiamano Janare. Sono donne potenti e misteriose che tutti hanno cercato di evitare e da cui ogni abitante della regione cercava protezione.
Ma cosa succede quando un uomo normale incontra le streghe? Cosa succede quando si arrischia addirittura a disturbarle? Niente di buono, direbbe il buon senso: ed in effetti, è proprio così.
Questa storia è avvenuta a Meta di Sorrento. E’ una storia sfortunata e amara, senza nulla che l’addolcisca: questa settimana vi parliamo della storia di Ciccio e della sua notte delle streghe.
Franco il pescatore
A Meta di Sorrento viveva un pescatore. Il suo nome era Franco, ma in molti lo chiamavano Ciccio.
Ciccio possedeva una barca, ed ogni mattino vi si recava di buon ora per iniziare la sua giornata di pesca, unica sua fonte di sostentamento. Di buona lena si alzava e preparava quanto gli sarebbe servito in mare durante le ore diurne; spingeva la sua barca nell’acqua e svolgeva il suo lavoro.
L’uomo era benvoluto dai suoi concittadini: solare, gentile ed onesto, era difficile non apprezzarlo. Viveva una vita semplice e serena e pensava che così sarebbe andata fino alla fine dei suoi giorni; purtroppo, come questa storia dimostra, si sbagliava.
La barca
Tutto cominciò con un fatto assai strano.
Come ogni giorno Franco si stava dirigendo alla sua barca per iniziare la giornata – ma non l’aveva trovata lì dov’era convinto d’averla lasciata la notte precedente. La scorse dopo poco, a circa duecento metri da dove credeva che fosse, e la cosa lo irritò. Nonostante questo, non vi badò eccessivamente; pensò, semplicemente, d’essersi sbagliato e che la memoria gli avesse tirato un brutto tiro.
La giornata proseguì normalmente: la pesca fu abbondante, il mare calmo ed il cielo sereno. Calata la sera, Ciccio portò la barca a riva e tornò a casa sua.
Il giorno dopo, tuttavia, accadde di nuovo: il pescatore non trovò la barca al suo posto, ma spostata di circa duecento metri. Questa volta si fece strada nella sua mente il sospetto che qualcuno avesse usato la sua barca durante la notte, ma scacciò quell’idea. Forse s’era sbagliato di nuovo – anche se, pensava, era assai improbabile, avendo il giorno precedente fatto bene attenzione a dove avesse lasciato la barca.
Ad ogni modo, anche quel giorno andò in mare e di nuovo la pesca fu abbondante e fortunata. La giornata si concluse, e Ciccio s’incamminò verso la propria dimora.
Per la terza volta, al mattino seguente il giovane pescatore trovò la barca a duecento metri dal suo posto. Questa volta ne era certo: o qualcuno usava la barca o stavano tirandogli un brutto scherzo! Un po’ preso dalla rabbia ed un po’ incuriosito da quegli strani fatti, tornò comunque di nuovo in mare.
Concluso il suo lavoro, poco prima della sera, non s’incamminò verso casa: scavò una piccola fossa sotto la barca e vi si nascose, ben deciso a scoprire chi spostasse la sua barca e cosa ci facesse durante tutte le notti.
Invece e’ seje simme sette
Il sole si nascose oltre la linea dell’orizzonte e giunse la notte. Quando ormai era da molte ore tutto buio intorno al giovane, che cominciava ad esser intirizzito per il freddo e la scomoda posizione, alle sue orecchie giunse il suono di una moltitudine di voci. Come poté constatare, si trattava di voci di donne.
Era appena scoccata la mezzanotte.
Ciccio sbirciò dal suo nascondiglio, e vide che sette donne si incamminavano verso la barca. Man mano che si avvicinavano, riusciva a scorgerne meglio gli abiti ed i volti; quando furono abbastanza vicine, ne ebbe la certezza: si trattava di streghe, di Janare!
Lunghissime unghie e capelli selvaggi, vesti neri e stracciate ad ornarne i corpi ossuti, le streghe salirono una ad una sulla barca, mentre il cuore del povero Ciccio s’agitava e la sua pelle s’imperlava di sudore.
Quando si furono tutte sistemate, la più anziana delle donne si schiarì la voce roca e recitò una formula:
Ralle, ralle mastu Giuseppe, invece e’ seje simme sette!
Quando la barca non si mosse sotto di loro, le donne iniziarono a borbottare: perché non stava accadendo nulla? Perché la formula non funzionava? L’unico a saperlo era il povero Ciccio: non erano in sette sulla barca, ma otto, perché c’era anche lui, nascosto sotto di loro.
Con voce più forte e sensibilmente più irritata, la strega recitò di nuovo la formula:
Ralle, ralle mastu Giuseppe, invece e’ seje simme sette!
Ma ancora nulla accadde. Insospettita, una delle streghe provò a suggerire alla più anziana che forse c’era qualcun altro con loro; ma la più anziana non l’ascoltò. Zittì le altre e gridò ancora una volta:
Ralle, ralle mastu Giuseppe, invece e’ seje simme sette!
E quando la barca ancora una volta non si mosse, la vecchia janara s’allungò sotto la barca, scoprendo il nascondiglio del pescatore, che, terrorizzato davanti a quel volto di strega, lanciò un terribile grido nella notte.
Ciccio lo storto
Quando le streghe trovarono il povero Ciccio, lo trascinarono fuori dal suo nascondiglio. Le loro braccia, per quanto magre, erano dotate di un’incredibile forza: due di loro presero tra le ossute dita i remi della barca e cominciarono a picchiare il pescatore curioso.
Lo colpirono e colpirono fino a spezzargli le ossa, fino a riempire i remi di sangue e a farlo svenire. Dopo aver compiuto queste azioni nefaste, lanciarono via i remi nella sabbia e si allontanarono.
La mattina dopo, Ciccio venne ritrovato da un suo amico che, vedendolo in quelle terribili condizioni, cercò di aiutarlo. Quando dopo qualche ora il pescatore si riebbe e provò a raccontare quanto era accaduto, in pochi gli credettero: tutti pensavano che le streghe, le Janare fossero poco più che favole per spaventare i bambini.
Il povero Ciccio rimase storpio per via dell’aggressione subita dalle streghe: non seppe mai perché ogni notte usassero la sua barca e raccontò per il resto della vita la storia di quella notte maledetta. Da allora, tutti lo conobbero col nome di Ciccio lo storto.
E voi? Avevate mai sentito parlare di Ciccio e della sua notte delle streghe? Che la sua storia vi sia da monito: non disturbatele e non spiatele, e soprattutto cercate di non interferire con i loro malefici. Se vi arrischierete a farlo, potreste finire come il povero Franco…
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