Dopo aver dato per anni un’alternativa ai soggetti a rischio di Scampia, l’Officina delle culture “Gelsomina Verde” rischia la chiusura.
L’Officina delle culture “Gelsomina Verde” è a rischio chiusura. L’Officina sorge dalle ceneri di un ex edificio scolastico e aveva l’obiettivo di dare alternative formative, professionali e ricreative a soggetti a rischio. Nel 2012, il comune aveva affidato l’immobile di Scampia alle associazioni che l’hanno gestito fino ad ora. Nel 2015 la sede è passata all’Asia, che prevede di farne un deposito di rifiuti. Ma gli utenti che fanno attività sociali, dalla biblioteca ai corsi di musica e allo sport, sono pronti a protestare contro la chiusura. “Non ci faremo mandare via da qui. Questa da sei anni ormai è la nostra seconda casa”.
Molte donne seguono all’Officina i corsi sportivi. “Molte di loro quando sono arrivate qui camminavano coprendosi i fianchi con maglioni, perché i mariti erano gelosi – spiega Cira Celotto, istruttrice di pilates – oggi siamo una grande famiglia. All’inizio erano 40 allieve, oggi sono 400″. Gran parte di loro hanno mariti pregiudicati, ma anche storie personali difficili e un passato che oggi, anche grazie alla palestra, è un lontano ricordo. Come Maria Rosaria Russo, 39 anni, madre di tre figli, che gestisce la contabilità della palestra. “Pesavo più di 116 chili – racconta – oggi sono tornata in forma non solo nel fisico, soprattutto grazie a questo posto. Per noi è una seconda casa, ecco perché metteremo il comune a ferro e fuoco se ci sfrattano”. Nunzia Del Giudice, 40 anni, tre figli adolescenti e un marito detenuto, si allena ogni giorno perché “facendo sport scarico le tensioni e dimentico per qualche ora tutti i miei problemi. Qui non c’è solo una palestra, c’è un supporto di vita”.
Stesso discorso per i detenuti, come Maurizio Peluso, 46 anni, ex pusher e papà di 4 figli. Insieme agli altri, Maurizio viene all’Officina per rendersi utile agli altri. “Qui mi occupo della manutenzione ordinaria. Sappiamo di aver sbagliato e vogliamo riparare, ma se ci sfrattano l’unica alternativa è tornare in carcere”.