venerdì, Novembre 22, 2024
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Sapori Leggendari del Natale: tra peccati mortali e animali parlanti, il Capitone

Anche se pare che non sia particolarmente amato dalle nuove generazioni, su ogni tavola napoletana alla vigilia di Natale il Capitone fritto non può mancare: non è però solo questione di gusto, ma anche di scaramanzia.

Tutti infatti sanno che assaggiarne un boccone scaccia la cattiva sorte e sono tante le storie che hanno il Capitone come protagonista. Questa settimana, tra peccati mortali e animali parlanti, ve le raccontiamo tutte.

Ritratto di un Capitone

Ma che cosa è di preciso il Capitone?

In molti pensano che sia un animale diverso dall’anguilla, ma si sbagliano: il Capitone infatti altri non è che la femmina del pesce Anguillidae, mentre invece l’anguilla è il maschio. A differenza del maschio, il Capitone può arrivare a misurare fino ad oltre un metro e mezzo di lunghezza.

Questo pesce, dall’aspetto molto simile a quello di un serpente, può vivere sia in acque dolci che in acque salate. E’ inoltre straordinariamente longevo e resistente: può sopravvivere per oltre cinquant’anni e resistere fuori dall’acqua per circa 48 ore.

Indovina chi parla?

Una leggenda contadina racconta che durante la notte della vigilia tutte le bestie imparino a parlare.

La magia derivante dalla nascita di Cristo infonde loro il dono della parola, e mentre gli altri animali si limitano a chiacchierare tra loro, scambiandosi informazioni ed anche pettegolezzi, l’astuto Capitone sfrutta questo dono per implorarci di non ucciderlo e soprattutto di non cucinarlo, cercando di convincerci con lusinghe e moine.

La leggenda dice che sentire la voce del capitone prima di cucinarlo porti fortuna, ma aggiunge che se ci lasceremo convincere dalle sue promesse risparmiando la sua vita, questo miracolo si trasformerebbe in un terribile presagio di morte e sfortuna.

Ma perché questa pietanza ha un sapore tanto scaramantico?

Il Capitone (non) è un serpente

Tutto si deve alla somiglianza del malcapitato Capitone con un serpente, associato dalla tradizione giudaico-cristiana al male.

Nel simbolismo delle leggende, il Capitone con la sua voce melliflua tenta le donne proprio come il serpente avrebbe tentato Eva nel giardino dell’Eden, e risparmiarlo dal suo terribile destino natalizio equivarrebbe al risparmiare Satana.

Per questo, uccidere, cucinare e mangiare un serpente metterebbe al riparo dalle tentazioni, soprattutto se è una donna a farlo – compiendo questo rituale, si riscatterebbe dal peccato originale compiuto nel giardino dell’Eden.

Il capovolgimento dei simboli

Tuttavia, il destino dei Capitoni (e dei serpenti) non è sempre stato così infausto: come spesso accade, negli antichi culti pagani questi animali avevano significato diametralmente opposto a quello giudaico-cristiano.

Queste bestie erano delle entità benefiche e rappresentavano spesso l’inizio di un nuovo cammino e di una rinascita, nonché della ciclicità di tutte le cose – celebre in tal senso è il simbolo del drago-serpente che si morde la coda, Ouroboros.

Non è vero ma ci credo

Insomma, il Capitone porta con sé una serie di leggende e simbologie che s’intrecciano indistricabilmente tra loro.

E dunque, anche se non è nelle corde del nostro gusto forse ci converrebbe assaggiarlo: come dice il celebre modo di dire: non è vero ma ci credo.

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