Come ogni anno, i Carabinieri sono impegnati nella campagna di prevenzione sui botti di Capodanno. Ultimo incontro alla parrocchia San Giuseppe e Madonna di Lourdes di San Giovanni a Teduccio. Partecipano anche numerosi genitori ed educatori e il parroco Modesto Bravaccino. Gli artificieri del catturano l’attenzione dei partecipanti, raccontando le proprie esperienze. Proiettano filmati che mostrano i danni causati dai petardi, per mettere tutti in guardia sui pericoli. Poi spazio alle domande. È palese la disinformazione dei più giovani.
Sono 35 i feriti registrati solo in occasione dei festeggiamenti 2018. 22 a Napoli e 13 nell’hinterland. Per quanto grave, un bilancio in flessione rispetto all’anno precedente, con 46 ricoveri registrati in ospedale. Tra loro, un ragazzino di 13 anni che si è spappolato la mano destra, un 23enne che ha perso due dita e un 27enne che ha rischiato di perdere l’occhio.
Leopoldo Caruso, in servizio al Pellegrini, è specializzato in chirurgia della mano e si occupa anche di prevenzione, in particolare nelle scuole. «Gli incidenti peggiori in genere sono quelli del giorno dopo, quando i fuochi vengono raccolti da terra». Caruso mostra sempre le foto delle menomazioni. «Le immagini sono più eloquenti di qualsiasi mio discorso». L’ortopedico ha elaborato un decalogo indirizzato a chi vuole sparare per forza. Bisogna avere con sé un secchio d’acqua per bagnare i fuochi inesplosi in modo da evitare che possano essere riutilizzati o scoppino all’improvviso. Mai mettere cipolle e altri botti in contenitori di vetro. Niente giacche a vento e guanti infiammabili, è utile avere gli occhiali. In caso di ferite, sciacquare la parte e solo dopo tamponare con garze sterili.
Gli fa eco il medico Mariano Marmo. Per 18 anni di seguito, nella notte di San Silvestro, il professionista è stato di guardia al Cardarelli. «Era il 1997 e arrivavano napoletani con le dita messe in una busta di plastica per farsele riattaccare».
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