Questa settimana, #BussoLaLeggenda vi racconta della cruenta storia di Giuditta Giustamacchia e del suo irrequieto fantasma, che si aggira a Castel Capuano e che viene da tutti chiamato “il fantasma degli avvocati“.
Una storia di teschi e ossa, di sangue e di malvagità
Talvolta a Castel Capuano s’avverte una strana presenza, si scorge con la coda degli occhi un’ombra nera e scura mentre le orecchie distinguono nettamente il raccapricciante rumore d’una voce che grida straziata e di passi affrettati.
C’è, in questo castello di Napoli, un fantasma che si manifesta con regolarità – ogni 19 Aprile torna a farsi sentire ed a farsi vedere, spaventando tutti coloro che hanno la sfortuna di incontrarla.
Castel Capuano è stato una sezione del tribunale civile e per questo tutti chiamano questo fantasma molesto con il nome di fantasma degli avvocati: ma, in realtà, la sua identità è ben nota. Quand’era in vita, questa donna si chiamava Giuditta Guastamacchia e le sue mani ed il suo spirito vennero imbrattati da un crimine assai violento – così terribile da renderle impossibile il riposo.
Questa settimana, questa notte vi raccontiamo la sua storia – una storia di teschi e di ossa, di sangue e malvagità.
Giuditta: una giovane vedova
Giuditta Guastamacchia era una ragazza bellissima, con grandi occhi e lineamenti delicati. Si sposò giovanissima e da quel suo matrimonio nacque un figlio – tuttavia, la felicità familiare della ragazza venne presto rovinata dalla morte precoce del marito.
Rimasta vedova in giovane età, s’affidò alle cure ed al patrimonio del padre, che però non aveva abbastanza denaro per poter mantenere sia la figlia che il nipote. Dunque, si decise che Giuditta andasse a vivere in un monastero.
Una torbida storia d’amore
Giuditta intrecciò ben presto una relazione con un uomo,un prete che viveva in quel monastero.
L’uomo, per nascondere la loro torbida storia d’amore, si presentava a tutti come lo zio di Giuditta – ma le voci viaggiano veloci, velocissime, e così ben presto la loro relazione clandestina finì sulla bocca di tutti.
Per evitare lo scandalo e continuare a vivere insieme alla bella Giuditta, il prete organizzò le nozze tra la ragazze ed il di lui sedicenne nipote – nipote che, tuttavia, non era stato informato della natura farlocca di quell’unione.
Scoperta la relazione tra lo zio e Giuditta andò via di casa, minacciando di rivelare a tutti la sconvolgente verità.
Una sposa crudele
La fanciulla si mise a pensare e ripensare a cosa si potesse fare, a cosa dovesse fare per salvare se stessa e la propria relazione; infine, giunse alla conclusione che il suo giovane e non amato sposo doveva essere ucciso.
Il prete si mostrò dubbioso e titubante, ma, alla fine, cedette alle insistenze di Giuditta: era chiaro che per evitare che li rovinasse, l’unica soluzione era uccidere il giovane.
All’omicidio parteciparono anche il padre di Giuditta, a cui questa aveva mentito raccontando che il ragazzo l’aveva maltrattata, umiliata e percossa, un chirurgo ed un barbiere.
Attirarono il ragazzo alla loro casa dicendogli di volere un chiarimento e, perché no, una riappacificazione; il giovinetto sprovveduto tornò senza troppi indugi. Il prete non volle partecipare all’uccisione del nipote ed uscì di casa.
Quando il ragazzo giunse, lo fecero sedere con la scusa di tagliargli la barba ed i capelli lo fecero sedere su una sedia. Dell’acqua venne messa a bollire in un calderone, mentre Giuditta afferrò una corda e strozzò a tradimento il suo sposo – la forza della ragazza non fu sufficiente ad ucciderlo e così, per accelerare la sua morte, Giuditta gli salì con le ginocchia sul petto.
Quando finalmente il giovane fu spirato, il chirurgo tagliò a pezzi il suo corpo – mani, e gambe, viso e orecchie – gettando i suoi brandelli di carne nel calderone d’acqua bollente, per fermare subito la fuoriuscita di sangue.
Il prete, mentre il corpo del nipote veniva in quel modo straziato, varcò la soglia di casa e vedendo quel tremendo spettacolo si prese la testa fra le mani, mormorando: “Mio Dio, che cosa avete fatto?”
Un barbiere canterino
Infilati i resti del povero ragazzo in un sacco, il barbiere ebbe l’incarico di portarli fuori da Napoli.
Tuttavia, venne fermato dalle guardie che presidiavano i confini della città. Gli uomini, insospettiti dal modo di fare guardingo dell’uomo, aprirono il sacco e trovarono il corpo fatto a pezzi del sedicenne.
Non vedendo tornare il barbiere, gli altri complici dell’omicidio capirono che c’era qualcosa che non andava e decisero di fuggire. La loro fuga, però, durò ben poco: il barbiere aveva rivelato ai soldati cos’era accaduto, e questi li arrestarono dopo pochissime ore.
Il processo che subirono fu molto rapido: vennero tutti condannati a morte men che il prete, che venne invece condannato all’ergastolo. A tutti gli altri vennero tagliate, senza troppe cerimonie, la testa e le mani.
Le teste tagliate dei quattro assassini vennero esposte sulle mura della Vicaria ed infine i loro teschi vennero conservati presso il Museo Anatomico, dove sono ancora conservati.
Giuditta, il fantasma degli avvocati
Ogni 19 Aprile, macabro anniversario di questi terribili accadimenti, il fantasma di Giuditta Guastamacchia ritorna a muoversi tra le mura di Castel Capuano.
Semmai doveste sentirla gridare o doveste scorgerne l’ombra, fuggite lontano: si tratta di uno dei pochi fantasmi davvero crudeli che infestano la città Partenopea.
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