Cos’è Retake Napoli?
In occasione dell’uscita del numero di febbraio-marzo de La Bussola (di cui trovate il pdf qui), abbiamo fatto quattro chiacchiere con Luciano Siviero, uno dei membri fondatori dell’associazione Retake Napoli.
Ci sono persone che vogliono salvare la propria città dal degrado, lottando per essa con un piccolo atto d’amore alla volta. Grazie a loro nasce una grande realtà nazionale, come quella dei retakers, volontari che dedicano il loro tempo a riprendersi la città, dando decoro e bellezza alle aree pubbliche.
Come nasce “Retake”?
In origine l’idea di Retake nasce a Roma, da Rebecca Spitzmiller, una professoressa e ricercatrice universitaria di origini americane. Ben undici anni fa, decise di ripulire delle piccole aree della città, rimuovendo scritte vandaliche, etichette e adesivi completamente da sola. La sua dedizione ha ispirato molte altre persone e nel tempo gli interventi di pulizia sono diventati più complessi e organizzati, fino a diventare quello che è oggi: una grandissima realtà non solo nella sua città ma in tutta Italia. Grazie a questa iniziativa, l’anno scorso è stata premiata per la sua lotta contro il degrado urbano con la nomina di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Come è arrivata Retake Napoli?
Grazie a una serie di fortunati eventi e a Eleonora D’Ermo, (altra fondatrice ndr) siamo entrati a contatto con lei all’università, il resto è storia. La nostra associazione è completamente autonoma e la comunità di Napoli sta crescendo con entusiasmo da allora. Ci sono gruppi di volontari per ogni quartiere della città che s’incontrano una o due volte a settimana, coinvolgendo persone di tutti i tipi. Abbiamo anche ricevuto svariati riconoscimenti, come il premio Greencare 2019 come associazione impegnata nel verde.
Chi sono i “retakers”?
Chiunque voglia esserlo. Tutto si basa su un volontariato fluido: siamo apolitici e apartitici, quello che conta è la partecipazione. Siamo in tanti e comprendiamo una gran varietà di persone per età e professione, ed è anche questo il bello, perché l’aggregazione rende tutto molto gioioso. Proprio stamane, mentre operavamo a Capo Posillipo, hanno deciso di aiutarci una coppia di americani. Ci hanno visto pulire e hanno deciso di dedicare un po’ del loro tempo alla cura della città, diventando retakers. Il nostro compito non è solo restituire bellezza ai centri abitati, ma anche dare l’esempio e stimolare gli altri a fare altrettanto.
Come si sostiene l’associazione?
Solo con le donazioni volontarie. Ad ogni incontro portiamo una piccola cassetta con noi, dove poter lasciare un contributo. Abbiamo anche una pagina PayPal alla quale arrivano donazioni perfino dall’estero ed è capitato, a volte, che qualche azienda abbia deciso di sponsorizzarci, ma sono cifre modeste, per cui tocca spesso a noi organizzatori finanziare l’acquisto di pettorine, guanti, buste e vernici. Ultimamente le scuole ci stanno dando molto supporto, il che ci sta permettendo di sensibilizzare anche i più giovani alla causa.
Quale tipo di supporto avete dall’amministrazione comunale?
Nessuno. E non ci interessa unire le nostre attività con quelle pubbliche. A volte è capitato che i dipendenti ASIA siano venuti ad aiutarci a smaltire i rifiuti, ma non è una collaborazione ufficiale né economica. Le uniche cose di cui abbiamo bisogno sono le attrezzature, il resto lo facciamo da noi.
Ultimamente, grazie alla popolarità di Greta Thumberg, si è parlato spesso di ambiente: ha notato una maggior adesione alle iniziative di Retake Napoli?
Assolutamente sì, siamo aumentati in maniera esponenziale nell’ ultimo anno. I cittadini hanno capito quanto sia importante il tema dell’ambiente. E soprattutto fra i giovani abbiamo riscontrato una sensibilità incredibile, più spiccata rispetto a quella delle generazioni precedenti.
A proposito di sensibilizzazione, quali gesti quotidiani possano fare la differenza, nel il rispetto dell’ambiente?
Sembrerà una banalità, ma pulendo ci imbattiamo in centinaia di mozziconi di sigaretta e cotton fioc, specialmente quando ci dedichiamo alle spiagge. Sono oggetti piccoli che gettati con noncuranza nei bagni finiscono per inquinare le acque dei mari e la loro fauna. Ci sono tante azioni quotidiane che non costano alcuna fatica, ma possono fare molto, come riciclare correttamente i rifiuti o ridurre l’acquisto di prodotti dal packaging in plastica: dopo Natale abbiamo assistito a spettacoli davvero drammatici, basti pensare a tutti i pacchi Amazon, le confezioni dei giocattoli…
Quali sono i vostri prossimi progetti?
Per il prossimo futuro, vorremmo attuare un’iniziativa già rodata a Roma, dando la possibilità a negozi e condomini di adottare piccole aree urbane, verdi e non e segnalare l’adesione al progetto con dei cartelli appositi.
Quali sono i vostri contatti?
Abbiamo una pagina Facebook e un sito , dove pubblichiamo tutti i nostri appuntamenti. Ogni quartiere ha un gruppo apposito su Fb per organizzarsi autonomamente e gestire al meglio le comunicazioni.
Prima di concludere l’intervista e ringraziarla per il suo tempo, vuole fare un appello ai nostri lettori?
Sì: non siate spettatori, ma artefici. Finchè ci si limiterà ad osservare, non cambierà mai nulla.Non possiamo aspettarci che siano le sole amministrazioni a fare tutto, bisogna rimboccarsi le maniche. Non potrebbero comunque, perché gli operai che si occupano della cura della città sono diminuiti drasticamente negli ultimi anni, senza contare che sono ancora molti i cittadini che ignorano il rispetto della metropoli. L’ASIA ne è un esempio: i servizi funzionano, ma vengono sabotati dalla negligenza dei fruitori. Bisogna partecipare attivamente.
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