Napoli, si sa, è spesso teatro di avvenimenti bizzarri. Alcune delle storie e delle leggende che riguardano la città barcollano sul bordo della follia e non di rado strappano a chi le legge o ascolta una risata incredula.
Esempio di questo tipo di racconto è la strana storia legata al nome della Pignasecca: riuscireste a credere che qualcuno, nel corso della storia, sia arrivato a scomunicare degli uccelli – per la precisione, delle Gazze? Un avvenimento tanto insolito non poteva che accadere nella città partenopea e questa settimana #BussoLaLeggenda ve ne parla.
Il Bosco di Biancomangiare
All’epoca in cui si svolsero i fatti di cui ci apprestiamo a raccontare – intorno al 1500 – lì dove oggi possiamo trovare Largo Pignasecca sorgeva un piccolo boschetto, facente parte delle proprietà dei nobili Pignatelli e Monteleone, che portava il nome di “Biancomangiare” in riferimento al dolce popolare.
Il boschetto, per quanto fosse lussureggiante e curato, non era però famoso per questo: tutti sapevano, infatti, che al suo interno accadevano cose peccaminose e segrete. Il Bosco di Biancomangiare divenne il luogo prediletto dagli amanti per godere dei loro amori clandestini.
Si diceva che nel bosco si rifugiassero coppie d’ogni genere, dalle più umili alle più ricche e benestanti; qualcuno diceva persino d’aver visto, nascosti tra le frasche del bosco, degli uomini di chiesa appartarsi con le loro perpetue.
L’anello prezioso e le Gazze dispettose
Si trattava, naturalmente, di dicerie: non essendoci alcuna prova di quanto raccontato, i religiosi si limitavano a smentire con forza quelli che definivano senza esitazione dei pettegolezzi. Ma il bosco era frequentato da molte creature, e non solo dagli esseri umani: numerosi animali selvatici abitavano quei luoghi. Tra gli altri, vi erano anche delle gazze.
Inizialmente nessuno si curò di questi uccelli. Gli amanti, presi dalle loro passioni, si limitavano a ignorare il loro insistente gracchiare. Di lì a poco, tuttavia, le gazze divennero il problema principale di queste coppie clandestine: gli uccelli, dispettosi, attratti dai monili luccicanti indossati da alcuni di loro, iniziarono a rubarli.
Sparirono collane, bracciali, orecchini e spille, ma ciò che fece precipitare la situazione fu il furto di un anello. Il gioiello di cui stiamo parlando apparteneva a un alto prelato che era solito incontrare nel boschetto la sua perpetua, con cui intratteneva una relazione amorosa.
Il Pino della vergogna, la scomunica e la Pigna secca
Nessuno seppe precisamente dove le Gazze portassero il loro prezioso bottino fin quando non venne trovato quello che venne soprannominato “il Pino della vergogna“. Su quell’albero le gazze avevano portato ogni gioiello rubato nel corso degli anni, e il problema fu che alcuni di questi erano estremamente riconoscibili: sigle e stemmi ne tradivano la proprietà.
Osservando gli oggetti recuperati dal Pino della vergogna tutta la città scoprì chi frequentava il boschetto e chi dunque intratteneva relazioni proibite e segrete. Venne ritrovato anche il prezioso anello dell’alto prelato che, umiliato, decise di scomunicare le Gazze, condannandole così alla pena eterna.
La bolla dov’era scritta la condanna venne affissa al Pino (in napoletano detto Pigna) della Vergogna che però, dopo tre giorni esatti, secondo la leggenda seccò insieme al resto del bosco: fu questo il motivo per cui Largo Pignasecca si chiama così.
Il luogo dove prima sorgeva il rigoglioso boschetto di Biancomangiare divenne Largo Pignasecca in memoria di quel sacro Pino che, contrariato dalla scomunica subita dalle sue amiche gazze, seccò improvvisamente.
Le Gazze scomunicate della Pignasecca
Nonostante siano stati numerosi i tentativi di scacciarle e nonostante la scomunica che pende sulla loro testa, sembra che le gazze della Pignasecca non se ne cruccino troppo: è ancora possibile sentirle gracchiare – felici, dispettose e beate – al mattino presto, prima che la strada si riempia di venditori e di passanti.
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