lunedì, Novembre 25, 2024
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Legambiente boccia la Campania per la qualità dell’aria

Legambiente boccia le città campane per la qualità dell’aria. Nessun capoluogo supera la sufficienza. Avellino città più ‘virtuosa’, ma con pagella da 4/10.

L’aria che tira in Campania non è buona. E nemmeno quella in Italia. È questo quanto si evince dal rapporto Mal’aria edizione speciale pubblicato il 30 settembre 2020 da Legambiente sulla qualità dell’aria in 97 città italiane. Il dossier prende in considerazione le concentrazioni medie annue di polveri sottili (Pm10 e Pm2,5), e del biossido di azoto (NO2) nell’arco di 5 anni, ovvero tra il 2014 e il 2018. I dati statistici raccolti sono stati confrontati con i limiti forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per i suddetti parametri.

«Come ormai da diversi anni – si legge nel rapporto di Legambiente – il primo di ottobre è la data in cui si avviano le misure e le limitazioni in molti territori del nostro Paese per cercare di ridurre l’inquinamento atmosferico e non andare in sofferenza nei sei mesi successivi dove le concentrazioni di polveri sottili e biossido di azoto sono al centro dell’attenzione di cittadini, amministratori e ricercatori».

Con un tempismo perfetto, dunque, arrivano i dati elaborati da Legambiente.

L’aria che tira secondo Legambiente

Ciò che emerge è piuttosto sconfortante. In questo periodo, in cui si parla tanto di scuola, per trasmettere il proprio messaggio, Legambiente si affida alla metafora scolastica, attribuendo vere e proprie pagelle, con votazioni espresse in decimi, a 97 città italiane analizzate in base al rispetto/non rispetto di alcuni parametri e valori suggeriti dall’OMS.

Ebbene, per restare in ambito scolastico, la classe Italia non brilla certo in rispetto dei parametri anti-inquinamento. Al contrario, le pagelle di Legambiente sono davvero impietose. Sì, perché solo il 15% delle città italiane analizzate supera la soglia del 6/10 nel quinquennio preso in esame. Per l’85% delle città il giudizio è al di sotto della sufficienza. Per grandi città come Torino, Roma, Palermo, Milano e Como il voto è addirittura zero, poiché non hanno mai rispettato i limiti dell’OMS. La città che raggiunge il punteggio più alto è Sassari, con 9/10, seguita da Macerata, con 8/10.

In generale, secondo Legambiente, se da un lato sembra più facile per le città rispettare i limiti di biossido di azoto, diventa un’impresa quasi impossibile contenere i valori di Pm2,5.

«Analizzando i dati – si legge nel rapporto – si evince come per le polveri sottili la stragrande maggioranza delle città abbia difficoltà a rispettare i valori limite per la salute: infatti per il Pm10 mediamente solo il 20% delle 97 città analizzate nei cinque anni ha avuto una concentrazione media annua inferiore a quanto suggerito dall’OMS; percentuale che scende drasticamente al 6% per il Pm2,5 ovvero le frazioni ancora più fini e maggiormente pericolose per la facilità con le quali possono essere inalate dagli apparati respiratori delle persone. Più elevata la percentuale delle città (86%) che è riuscita a rispettare il limite previsto dall’OMS4 per il biossido di azoto (NO2)».

Le pagelle della Campania

Se la situazione in Italia non è confortante, lo è ancora di meno in Campania. Qui, infatti, nessun capoluogo supera la sufficienza. E, in verità, nessuno si avvicina nemmeno al 6. Avellino è la città che si piazza meglio in classifica, ma lo fa con un deludente 4/10, che a scuola non basterebbe nemmeno ad essere promossi col debito. Tutti gli altri capoluoghi seguono a ruota, con voto 3/10 che, in gergo scolastico, è bocciatura assicurata.

Nessun capoluogo campano è stato esemplare nel rispetto dei parametri presi in esame da Legambiente. In linea con la tendenza nazionale, anche per le città campane i livelli di biossido di azoto sono i più facili da tenere sotto controllo. Nei cinque anni considerati, i valori di NO2 si mantengono sempre al di sotto della soglia indicata dall’OMS, con livelli che in generale sono più alti in città quali Napoli e Salerno, sebbene sempre entro i limiti.

La situazione, però, si complica non poco considerando le polveri sottili. In particolare, Napoli, Caserta e Benevento hanno sempre superato i limiti previsti dall’OMS per Pm10, mentre Avellino e Salerno sono riusciti, nel 2016 e nel 2018 rispettivamente, a mantenersi sulla soglia limite. Ancora più problematica è la quantità di Pm2,5 presente nell’aria delle principali città campane, poiché solo Caserta e Salerno sono riuscite a mantenere il valore soglia per questo parametro solo nel 2018. Sul filo del rasoio, insomma.

Dunque, una brutta bocciatura per le città campane e, in verità, per l’Italia che, se da un lato è stata confortata dalla riduzione dell’inquinamento da trasporto su strada durante i mesi di lockdown, deve ora tornare a fare i conti con il grave pericolo che rappresenta l’inquinamento dell’aria. Specialmente nelle grandi città, dove mantenere i valori al di sotto della soglia sembra davvero una mission impossible.

I motivi?

I motivi? Quando si parla di inquinamento le dinamiche sono multidirezionali e i colpevoli molteplici. Un insieme di cause, il più delle volte. Sicuramente, però, una delle più importanti è l’inquinamento generato dai trasporti. Non è un caso, infatti, che in pieno lockdown i livelli di inquinamento siano drasticamente calati.*

Il problema della qualità dell’aria è significativo e non può essere assolutamente sottovalutato. «Nell’ultimo report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) si stimano oltre 400mila morti premature all’anno dovute all’eccessiva esposizione a concentrazioni di inquinanti ritenute dannose per la salute. L’Italia con circa 60mila morti l’anno detiene, insieme alla Germania, il triste primato a livello europeo». È questo quanto sottolineato da Legambiente nel rapporto.

Cosa possiamo fare?

Ma cosa possiamo fare per migliorare la qualità dell’aria che tira? Secondo Legambiente, è prioritario dare spazio agli interventi infrastrutturali e puntare sulla mobilità sostenibile.

«Oltre ad incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici, intervenendo sulla frequenza e sulla qualità del servizio offerto dalle linee metropolitane, bisogna potenziare la rete della sharing mobility e raddoppiare le piste ciclopedonali. Siamo convinti infatti che la mobilità elettrica, condivisa, ciclopedonale e multimodale è l’unica vera e concreta possibilità per tornare a muoverci più liberi e sicuri dopo la crisi Covid-19, senza trascurare il rilancio economico del Paese».

Queste le proposte suggerite da Legambiente nel dossier di settembre. A rafforzare queste posizioni anche Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania, la quale specifica, secondo quanto riporta IlRiformista, che «per liberare le città dalla cappa dello smog è fondamentale il ruolo delle Regioni, chiamate a predisporre piani e nuovi fondi da destinare a progetti innovativi nel settore della mobilità».

A giocare un ruolo cruciale nella gestione della qualità dell’aria soprattutto il settore dei trasporti. «Il trasporto pubblico locale, urbano e pendolare – continua Imperato su IlRiformista –  è la vera spada di Damocle della nostra regione dove i continui tagli, ritardi, guasti e disservizi, testimoniati dal disastro della Circumvesuviana e dai continui guasti alle linee 1 e 2 della metropolitana di Napoli, si risolvono in un aumento delle automobili private sulle strade e, di conseguenza, dello smog».

* Secondo il rapporto di Legambiente, si stima che nei mesi di marzo e aprile 2020 ci sia stato un calo delle concentrazioni di NO2 e di polveri sottili per il trasporto su strada pari al 65% e al 68% rispettivamente.

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