Oggi per il consueto appuntamento di #BussoLaLettura la recensione di “Se questo è un Valzer” è accompagnata da un’intervista all’autore, Gianluca Calvino, che ha gentilmente accettato di chiacchierare un po’ con noi. Grazie, Gianluca, per la tua disponibilità.
Di nulla, grazie a voi.
“Se questo è un Valzer” è in realtà il secondo volume in cui compare il commissario Marcello Orlando, di cui abbiamo già letto nel tuo precedente romanzo “Colpa di chi muore”. Ti piacerebbe raccontarci qualcosa del tuo protagonista? Qualcosa che, magari, non sappiamo e che soltanto il suo creatore può sapere: una mania, un gusto particolare, un difetto di cui ancora non abbiamo avuto il piacere di leggere…
Beh, Orlando di difetti ne ha parecchi e anche piuttosto visibili… è un uomo semplice, con gusti semplici e una famiglia semplice. È questo che mi piace di lui, la sua mancanza di “superpoteri”. Forse una cosa che ancora non è venuta fuori, ma prima o poi la vedremo spuntare da qualche parte, è la sua passione per gli sport, tutti, dal calcio al football americano fino al golf o all’equitazione. Tutti rigorosamente da guardare sul divano, ovviamente.
In quanto tempo hai scritto “Se questo è un Valzer”? C’è stato qualcosa, un elemento specifico, che ha acceso la miccia della tua ispirazione?
A differenza del primo romanzo (“Colpa di chi muore”), stavolta il lavoro è stato organico e senza lunghe pause. Ci ho messo credo tra i 4 e i 5 mesi, per concludere il tutto. L’ispirazione mi è stata data dalla frequentazione – per ragioni lavorative e personali – dell’università Orientale, un microcosmo popolato di gente stramba ma indicibilmente interessante. È lì che viene ucciso Vetril, ed è attorno a quel luogo che si sviluppa il cuore della vicenda.
“Se questo è un Valzer” è ambientato a Napoli. Che rapporto hai con la città?
Il mio rapporto con la città è viscerale. Non sono tra quelli che sputano veleno su Napoli e sui suoi pur evidenti problemi. Amo la mia città senza freni. E per la stessa ragione posso arrivare a odiarla, quando mette in mostra il peggio di sé.
Oltre che un autore, tu sei anche un editor e un consulente letterario. Da quale “lato della scrivania” preferisci essere seduto? In quale ruolo ti senti più a tuo agio?
“A mio agio” è un’espressione che poco si addice a tutte e tre le figure professionali… Diciamo che la mansione di editor è quella che sento maggiormente mia, soprattutto perché ormai ho la deformazione professionale di segnarmi – anche solo con un esercizio mentale – tutto ciò che non va relativamente a ciò che leggo, dai romanzi ai volantini pubblicitari. È una vitaccia, quest’è.
Una domanda che esula un po’ dalla tua carriera di scrittore: quali sono i tuoi libri e autori preferiti? In fondo, per diventare dei bravi autori bisogna essere prima di tutto dei lettori appassionati.
Senza dubbio, non si può pensare di scrivere in maniera almeno decente senza essere voraci lettori. I miei autori preferiti, bella domanda. Tra i classici devo citare necessariamente Fitzgerald e Dostoevskij, per fare solo due nomi. Tra i contemporanei, direi Jean-Claude Izzo e Palahniuk. Venendo all’Italia, ho una debolezza per Massimo Carlotto, per me l’autore di noir più talentuoso in circolazione.
Lasceresti una raccomandazione, un consiglio, un saluto a tutti coloro che hanno intenzione di leggere o che hanno letto le avventure del commissario Marcello Orlando?
La raccomandazione: non prendetevela per il politically uncorrect di Marcello Orlando, lui è fatto così, è spontaneo, ma in fin dei conti è un buono.
Il consiglio: cercate, se vi va, di godervi la storia ma anche le trovate stilistiche con cui viene raccontata. Il divertimento è anche lì, almeno per me che l’ho scritta…
Il saluto: ciao!
Grazie per il tuo tempo, Gianluca. E’ stato un piacere poterti intervistare.
Piacere mio, sempre. Un saluto a voi e a tutti gli appassionati di letteratura che vi seguono. Alla prossima!
Qui la recensione di “Se questo è un Valzer”
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