Un altro medico morto per Covid. Chiesto a gran voce il riconoscimento dell’infezione come infortunio sul lavoro.
Ennesimo medico morto perché non si è mai risparmiato sfidando il COVID-19 ma proseguendo sempre e comunque la sua missione: da pochi giorni il quartiere Barra e San Giorgio a Cremano piangono Mario Avano, endocrinologo e medico di famiglia stroncato dal coronavirus.
I figli Gennaro e Laura che stanno seguendo le orme del padre, hanno deciso di rendere pubblica una lettera che il papà aveva scritto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella:
“Eccellenza, le scrivo queste poche righe in quanto cittadino italiano che ha svolto il suo lavoro sempre all’insegna della massima disponibilità per gli altri scevra da interessi personali. Sono medico di medicina generale che dal 24 ottobre si è ammalato di COVID-19. Sono stato ricoverato in ospedale dal primo al 28 novembre per una polmonite interstiziale bilaterale, nella mia stanza c’erano altri tre sanitari affetti dallo stesso problema e ognuno ha spiegato le modalità del suo contagio. Le terapie effettuate presso l’ospedale Cardarelli di Napoli, da personale molto qualificato e soprattutto di una umanità che era in sintonia con le terapie, ci ha permesso di ritornare agli affetti familiari, alle nostre case pur con gli esiti di questa malattia così grave.”
A questo, dopo aver spiegato la situazione, esplicita la sua richiesta:
“Ora presidente, da lavoratore, da professionista, le chiedo se è possibile che a un operatore sanitario che si contagia di una malattia perché opera contro tale malattia gli venga detto che il suo male non è da considerarsi infortunio sul lavoro e pertanto non ci sarà alcun risarcimento per i danni subiti. Non credo che questa sia giustizia per una categoria esposta e così poco tutelata da chi aveva il dovere. Sicuro di un suo interessamento per modificare questa ingiustizia contro una categoria esposta a così alto rischio, la ringrazio da parte di tutti i cittadini che operano nel campo sanitario”.
I figli hanno affermato che il padre era un soggetto sano, lavoratore instancabile, devoto al giuramento d’Ippocrate. Gennaro e Laura hanno voluto pubblicare la lettera per portare avanti la causa del padre, angosciato sin dall’inizio della pandemia nel non veder riconosciuto l’impegno di tutti i medici di medicina generale così come il rischio a cui sottopongono se stessi e le loro famiglie. I due ragazzi fanno loro la richiesta del padre:
“Per i medici il COVID-19 deve essere considerato infortunio sul lavoro”.
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