venerdì, Novembre 22, 2024
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Dad o scuola in presenza? I dubbi sono ancora molti

Dal 1° febbraio anche gli studenti delle superiori in Campania ritornano in presenza. Ma le polemiche tra chi è pro e contro la DAD non si arrestano.

Ci siamo quasi. Dopo mesi di didattica a distanza per tutti, anche la Campania si trova ad un passo – a meno di ventiquattro ore in effetti – dalla ripresa totale dell’istruzione in presenza. Dopo il ritorno fra i banchi degli alunni dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado, è infatti programmato per domani, lunedì 1° febbraio, il rientro degli studenti della secondaria di secondo grado.

Una notizia fantastica, no? Specialmente dopo le diverse polemiche che ha scatenato il ricorso alla dad nell’ultimo anno.

E invece no. Non è tutto bianco o nero, e a confermarlo è una serie di scioperi e proteste pro e contro DAD. Il contrasto è tra chi supporta e desidera fortemente il ritorno in presenza per tutti gli ordini di scuola, e chi, invece, non è disposto a mettere a rischio la salute dei propri figli, e chiede maggiore sicurezza e certezza nell’applicazione dei protocolli anti-contagio.

La ‘confusione’ dell’amministrazione

A ingarbugliare ancora di più la situazione – se possibile – è arrivata la ‘raccomandazione’ del Presidente della Regione Campania. De Luca ha, infatti, fortemente raccomandato alle scuole superiori di effettuare didattica in presenza con non più del 50% degli alunni, assicurando non solo agli studenti fragili e con comprovati problemi di salute ma anche al resto della classe la possibilità di seguire le lezioni da remoto in modalità sincrona.

Si tratta della goccia che (forse) ha fatto traboccare il vaso. De Luca raccomanda fortemente – e tuttavia non ‘impone’ in maniera organica – ai dirigenti di prendere in considerazione le richieste espresse dai genitori dei singoli studenti circa la modalità di insegnamento. Questo di fatto potrebbe lasciare la scelta tra didattica a distanza e in presenza esclusivamente ai genitori.

Una raccomandazione che, da un lato, vuole essere un ulteriore strumento di prevenzione “in un contesto nel quale sono ancora molto gravi i rischi di un aumento dei contagi connessi alla ripresa delle attività scolastiche in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado”, ha affermato De Luca.

Tuttavia, il ritorno delle superiori al 50%, per di più con la possibilità di scelta autonoma da parte delle famiglie senza indicazioni standardizzate, potrebbe rappresentare un grosso problema per i professori e per i dirigenti scolastici, che così si troverebbero a gestire classi molto disomogenee. Ma non è soltanto una questione di numeri. Potrebbero nascere anche problemi metodologici per i docenti, siccome si sa che l’insegnamento a distanza e quello in presenza hanno modalità e strategie di apprendimento/insegnamento molto diverse tra loro.

La DAD sì, la DAD no. La DAD boh?

Ma la decisione del Presidente De Luca ha soltanto esacerbato tensioni già esistenti in materia di scuola in tempo di COVID. Un argomento molto spinoso, che divide profondamente il personale scolastico, i docenti, gli studenti, e che continua ad oscillare al ritmo delle oscillazioni della curva dei contagi.

C’è chi vuole tornare a scuola a tutti i costi perché questa dad non è didattica, e chi invoca la chiusura per l’intero anno o fino a quando i contagi non diminuiranno significativamente.

Nel periodo del primo lockdown, la dad è stata l’unica possibilità per il mondo dell’istruzione e della formazione, presentando anche enormi vantaggi. Parliamo, ad esempio, della riduzione del rischio contagio, poiché essa evidentemente limita la circolazione degli studenti sui mezzi di trasporto e l’interazione in ambienti chiusi, imponendo il massimo distanziamento sociale. Inoltre, la dad è una soluzione ideale per ridurre i ‘tempi morti’. Pensiamo all’azzeramento delle distanze e al risparmio di tempo che ne consegue per gli studenti e per i professori che, altrimenti, dovrebbero spostarsi non solo all’interno della città, ma anche tra diversi comuni e/o regioni. E poi, la possibilità di passare molto più tempo nel proprio contesto familiare.

Anche se quest’ultimo può facilmente tramutarsi in un significativo contro, specialmente in contesti svantaggiati e nelle famiglie numerose. Si è parlato tanto, infatti, dell’inasprimento delle disparità economico-sociali e delle conseguenze psicologiche della mancata socializzazione per i giovani. Tra gli svantaggi più rilevanti, anche la mancanza di interazione proprio all’interno del contesto della classe. Quanto realmente si apprende a distanza? Con la dad si indebolisce il rapporto essenziale che si instaura tra il docente e gli studenti. L’insegnamento, infatti, non è mera trasmissione di contenuti, ma anche condivisione di passione, strategie, e mutuo apprendimento.

Ma i 2000 masticano bene questo tipo di tecnologia?

Bisogna, poi, sfatare un altro mito. Molti tendono a dare per scontata la familiarità dei giovani con la tecnologia. Siamo convinti che i nati dopo il 2000 abbiamo una connaturata predisposizione e abilità innate per tutto ciò che è digitale. Ma qui non parliamo di selfie, stories, Instagram o Facebook. Si tratta di usare software per video conferenze, email, documenti online, di interfacciarsi con un uso della tecnologia più strumentale, al quale non tutti sono abituati. Inoltre, si sa che per molti Istituti della Campania e, in generale, del Meridione, la dad non rappresenta una semplice sfida, ma un problema serio a causa dell’inadeguatezza digitale.

I contagi nelle scuole

Guardiamo, allora, ai numeri. Secondo i dati diffusi dall’Asl Na 1, sono 17 i nuovi studenti positivi al covid-19 a Napoli nelle ultime 24 ore. In particolare, è il quartiere Pianura-Soccavo, questa volta, a presentare il maggior numero di contagiati, con tre casi nella scuola dell’infanzia, quattro in primaria e, ovviamente, alcuni familiari positivi. Altri casi, seppur con numeri ancora contenuti, si sono registrati in città tra scuola dell’infanzia e media anche in altri nei distretti (Vomero, Arenella / Chiaia, San Ferdinando, Posillipo / Stella-San Carlo all’Arena / Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe-Porto, Mercato-Pendino).

Casi sporadici di situazioni più allarmanti, tuttavia, sono stati registrati in Campania. Infatti, non tutti i sindaci della regione hanno dato il via libera per il ritorno delle superiori il 1° febbraio. Dopo i 116 nuovi contagi registrati in 48 ore a Torre Annunziata, il sindaco ha disposto per la propria città la zona arancione. L’ordinanza emessa dispone anche “dal primo all’8 febbraio la sospensione dell’attività didattica in presenza di tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, pubblici e privati, presenti sul territorio di Torre Annunziata e dei servizi educativi della scuola dell’infanzia (sistema integrato di educazione ed istruzione 0-6 anni)”.

Sulla stessa linea d’onda anche il primo cittadino di Avellino che probabilmente posporrà il rientro per le scuole superiori all’8 febbraio. A preoccupare, soprattutto l’alto numero di studenti che, per raggiungere le scuole di Avellino, dovranno spostarsi dai comuni della provincia, nei quali si registra un crescente numero di positivi.

Alla fine la dad vale la candela?

Dopo il rientro della maggior parte degli ordini di scuola, possiamo cominciare a tirare le prime somme. In generale, i dati non sembrano ancora particolarmente allarmanti, nonostante si siano riscontrate situazioni di positività diffusa.

È chiaro che per tornare in aula c’è bisogno di un forte sistema organizzativo attento alla salvaguardia della saluta pubblica, in grado di mettere in pratica un tracciamento dei contatti efficiente, per ridurre il rischio di focolai. E forse siamo un po’ restii a credere che questo possa essere sempre messo in atto.

Se da un lato, però, non possiamo non chiederci in che misura il contatto giornaliero a scuola e il rispetto dei protocolli di sicurezza abbiano un impatto sulla diffusione del virus, dall’altro non si può attribuire il contagio esclusivamente al rientro a scuola.

È chiaro, infatti, che gli studenti vivono anche – e soprattutto – al di fuori degli istituti scolastici. Dunque, sarebbe necessario riflettere anche sulla reale utilità della dad quando gli studenti, nel tempo libero, possono interagire con gli altri in diversi contesti. Alcuni di questi, tra l’altro, meno controllati rispetto all’uso dei dispositivi di sicurezza e del distanziamento sociale.

Chiediamoci, quindi, anche: il problema è esclusivamente la permanenza degli studenti nelle classi e la loro interazione in aula, o piuttosto il comportamento corretto e rispettoso delle regole da parte di tutti in tutti i contesti della vita durante la pandemia? Per cosa siamo disposti a pagare lo scotto della dad e della formazione dei giovani studenti?

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