Rita Caccioppoli, a cui era stata diagnosticata una depressione, è morta lo scorso 6 aprile, a soli 27 anni, nell’Ospedale del Mare di Napoli, malgrado tutti i tentativi dei sanitari di rianimarla.
Prima la nausea, poi il vomito e, infine, il veloce dimagrimento che l’ha portata a pesare 49 chili. Alla 27enne, però, non era stato diagnosticato un disturbo alimentare, ma una forte depressione determinata dal Covid.
Per capire di cosa soffrisse, però, non sono bastati neanche più di 15 giorni di ricovero. I medici parlavano di depressione causata dallo stress, anche perché la donna – alla quale poi sono stati prescritti degli antidepressivi – aveva fame, mangiava, ma il suo corpo “rifiutava” il cibo.
Secondo uno psichiatra dell’Asl la ragazza, come tutti i giovani, stava soffrendo gli effetti determinati dall’emergenza sanitaria in corso. I medici che l’hanno visitata in questi mesi sostengono che Rita era affetta da una depressione causata dallo stress, ma la ragazza aveva fame ma non riusciva a trattenere il cibo nello stomaco.
Fino a quel triste 6 aprile, tutti gli esami a cui era stata sottoposta avevano dato sempre esito negativo. Ma la ragazza non migliorava anzi continuava a indebolirsi. Più volte Rita era stata costretta a ricorrere alle cure dei sanitari ma senza successo. E, ingerendo sempre meno cibo, la ragazza si è indebolita a tal punto da non riuscire più a reggersi in piedi.
Dopo una visita dal neurologo, Rita ha anche provato a prendere degli antidepressivi per curarsi ma questi la costringevano solo a dormire per tutto il giorno.
Ora a chiarire le cause del suo decesso ci penserà l’esame autoptico, con la Procura di Napoli che ha aperto un’inchiesta per far luce sulla vicenda. Il giorno dopo la tragedia i familiari della 27enne, insieme all’avvocato Amedeo Di Pietro, si sono recati nel commissariato di Polizia di Ponticelli per presentare una denuncia e chiedere all’autorità giudiziaria di fare luce sulla drammatica vicenda.
La storia di Rita non è diversa da quella di tanti altri giovani, che in questo periodo di pandemia sembrano non trovare una via d’uscita.
L’attuale emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 impone a tutti noi le più restrittive misure alle interazioni interpersonali. Questo blocco rigoroso e duraturo di isolamento sociale – spiegano gli esperti della Fondazione Soleterre – si traduce in un aumento del livello di solitudine percepita che colpisce i giovani con più elevati livelli di stress poiché hanno dovuto abbandonare la loro vita quotidiana, a causa della chiusura di scuole e università, in una delle fasi di vita in cui il compito evolutivo di mostrare la propria dimensione pubblica è stato fortemente ridimensionato.
Allo stato attuale la mancanza di progetti di supporto psicologico per tali target di popolazione è un atto di grave trascuratezza istituzionale. I giovani, specie adolescenti, si confermano come i grandi dimenticati della pandemia.
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