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Il 15 aprile 1967 moriva il grande Totò, l’indimenticato “principe della risata”

Nell’anniversario della morte di Totò, principe della risata, ripercorriamo la sua vita, la sua carriera, ma soprattutto il legame con la sua Napoli.

Mi sento male…portatemi a Napoli”: furono le ultime parole di Totò. Ultime parole che Paese Sera riportò esattamente 54 anni, dando la notizia della morte del principe della risata. Il 15 aprile 1967, fu un infarto a causare la morte dell’attore napoletano che rivoluzionò il cinema e il teatro. Un vero e proprio Pulcinella, in carne ed ossa: nessuno come lui.

giornale morte Totò
Paese Sera, numero del 15 aprile 1967

Antonio Clemente nacque il 15 febbraio 1898 nel Rione Sanità, esattamente in via Santa Maria Antesaecula, 109. Solo quando la madre Anna si risposò con il marchese De Curtis, il piccolo Antonio ereditò il cognome del patrigno e tutti i suoi titoli nobiliari.

Tutt’oggi, comunque, i “vicarielli” del Rione Sanità pullulano di omaggi al grande artista: murales, iscrizioni murarie con frasi, luminarie con i suoi versi e la sua sagoma. Manca ancora però un vero e proprio museo in suo onore.

murales Totò Sanità
Il murales di Totò e Peppino nel Rione Sanità

La dimora in cui Totò ha passato ben 23 anni della sua vita oggi purtroppo non è in buone condizioni, Finestre mancanti e scale dissestate sono le uniche cose possibili da vedere poiché la casa è chiusa al pubblico. Eppure, le parole pronunciate dal ministro Dario Franceschini prima dello scoppio della pandemia facevano ben sperare:

«Sono pronte le risorse per il Museo del Principe De Curtis perché è un grande artista che è nel cuore di tutti noi. Totò deve avere un luogo dignitoso, importante che lo ricordi. Ho chiamato la nipote Elena Anticoli De Curtis, ho chiamato il sindaco Luigi de Magistris. Ci impegneremo direttamente come Stato. È troppo tempo che se ne parla».

È passato un anno e ancora se ne sta solo parlando. Rientrata l’emergenza sanitaria, la speranza è senza dubbio che si torni a sostenere la cultura, magari proprio attraverso l’inaugurazione di un nuovo museo nel Rione Sanità dedicato all’indimenticato attore.

Uno sguardo sulla vita e sulla carriera di Totò

Dopo l’infanzia nel Rione Sanità in cui si dimostra particolarmente vivace, Antonio abbandonerà la scuola da adolescente per tentare la sua grande passione per il teatro. Inizia a fare macchiette in piccoli teatri napoletani, ma sarà solo dopo il suo trasferimento a Roma che inizierà a farsi un nome.

Il nomignolo Totò, con cui l’attore è conosciuto in tutto il mondo, gli fu dato affettuosamente dalla madre. Un soprannome che divenne presto una garanzia per riempire teatri e cinema. La vera e propria consacrazione da comico avvenne proprio nella sua Napoli, dove iniziò a recitare al fianco di attori del calibro di Anna Magnani e dei fratelli De Filippo.

La carriera da attore di Totò conta 50 spettacoli teatrali, 97 film e numerose apparizioni e sketch in televisione. Probabilmente furono però gli anni ’50 i più prolifici per l’attore, decennio che inizia con un nastro d’argento come miglior attore protagonista per il film “Guardie e ladri”, con Aldo Fabrizi e per la regia di Steno e Monicelli (1951).

Sono anche gli anni di tutti i film “Totò, Peppino e…..”: la malafemmina, i fuorilegge, le fanatiche…e chi più ne ha, più ne metta! Insomma la coppia di attori napoletani ne ha combinate di tutti i colori su uno schermo che invece i colori ancora non ne aveva. Tra le tante, indimenticata è sicuramente la scena della lettera che Totò detta a Peppino, quando sono a Milano, nel tentativo di far rinsavire il nipote innamorato di quella che secondo loro è una “malafemmena”.

Totò e Peppino De Filippo in “Totò, Peppino e la malafemmena” (1956)

Altre grandi spalle del principe della risata furono il già citato Aldo Fabrizi, Nino Taranto, Carlo Croccolo, Aroldo Tieri, Giacomo Furia e forse più di tutte Mario Castellani.

Totò a colori
Totò e Mario Castellani in “Totò a colori” (1952)

Ecco le parole di Castellani nei giorni successivi al funerale di Totò:

«Quando lo trasportammo da Roma a Napoli, su ogni ponte dell’autostrada c’era gente che buttava fiori. Dal casello dell’autostrada fino alla chiesa, c’erano migliaia e migliaia di persone che formavano una siepe ininterrotta. (…) Quando uscirono con il feretro dalla chiesa per portarlo al cimitero, fu uno spettacolo. Inutile ricordarlo, mi commuove».

Lo spettacolo citato dall’attore romano è la folla di migliaia e migliaia di napoletani (e non). Tutti lì, fuori la Basilica del Carmine in piazza Mercato, che avevano il desiderio di salutare e ringraziare Totò per le risate e per aver portato in tutto il mondo e in tutti i cuori il nome di Napoli.

I funerali di Totò

Totò: non solo attore, ma artista a 360 gradi

Totò, principe della risata. Bastava (e basta tutt’oggi) guardare il suo volto espressivo e le sue movenze particolari (quasi come fosse un burattino) per sorridere. Antonio De Curtis non fu però solo attore, ma anche commediografo, sceneggiatore, ma soprattutto paroliere e poeta. Tra le canzoni (più di 40) ricordiamo “Miss, mia cara miss”, cantata da Totò in Totò a Parigi e “Malafemmena”, cantata da Teddy Reno nel film in cui il cantante veste i panni di Gianni, nipote dei fratelli Capone (interpretati da Totò e Peppino De Filippo).

Le poesie con la firma di De Curtis sono più di 60. Celeberrime sono “Core analfabeta” (i cui versi illuminano il Rione Sanità) oppure “Zoccole, tamorre e femmen’“. Probabilmente, però, la più famosa di tutte è “’A livella”. Un vero e proprio dialogo in poesia tra due fantasmi, che vuole tramandare un importante messaggio. La morte rende tutti uguali, inutile quindi fare pagliacciate: “e ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie…appartenimmo à morte!

Totò non solo poeta e paroliere, ma anche amante delle donne. Con i suoi modi gentili e raffinati al di fuori del set, conquistò varie donne. Si sposò però solo una volta con Diana Bandini Rogliani, dalla quale ebbe una figlia, Liliana. Dopo la separazione, ci fu però un’altra donna che rubò il cuore all’artista: l’attrice e scrittrice Franca Faldini, sua compagna fino alla morte.

Moltissime furono anche le opere di beneficenza. La più importante fu la costruzione de “L’Ospizio dei Trovatelli”, nel 1960, un ricovero sicuro per oltre duecentocinquanta cani. Un’opera che rese molto soddisfatto il grande comico napoletano:

«Amo tanto gli animali per il semplicissimo motivo che li trovo migliori degli uomini. Per esempio, non si sognano mai di nuocere a qualcuno per pura malvagità e se, a volte, diventano cattivi è solo per colpa dei padroni che li addestrano per essere feroci. Personalmente mangio più volentieri con un cane che con un mio simile. Come commensale è meglio un animale fidato che un falso amico».

La vita di Totò iniziò dunque nella povertà, ma proseguì da vero signore. A dimostrazione del fatto che “signori si nasce, e lui modestamente lo nacque!”. 54 anni fa il suo cuore smise di battere a causa di un infarto, ma l’espressività e la vivacità di quell’iconico volto sono ancora vivi nel cuore dei napoletani.

cartolina Totò
“Napoli mia, io penso sempre a te. Totò”

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