Una tragedia sul lavoro, una delle tante in un Paese come il nostro che non riesce ancora a garantire la sicurezza per i suoi operai.
Non aveva ancora compiuto 23 anni Luana D’Orazio, l’operaia morta mentre lavorava in una fabbrica tessile della provincia di Prato, a Oste di Montemurlo. La giovane è rimasta intrappolata in un macchinario.
Tra i tanti messaggi arrivati dopo il drammatico incidente sul lavoro avvenuto questa mattina in una azienda tessile in provincia di Prato c’è quello del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani:
Non si può morire sul lavoro a nessuna età. Luana, una giovane mamma di 23 anni è rimasta coinvolta in un incidente sul lavoro, intrappolata in un macchinario tessile, nell’azienda dove lavorava a Oste, nel comune di Montemurlo (Prato). Lascia una bambina piccola alla quale va tutta la vicinanza di una regione intera. Continueremo a impegnarci costantemente per la tutela del lavoro, per tutti e sicuro. Che la terra ti sia lieve.
Secondo quanto riferiscono gli investigatori il dramma si sarebbe consumato nel giro di pochi secondi attorno alle 10. A pochi metri di distanza dalla giovane operaia c’era un collega in quel momento girato di spalle: quando si è voltato e ha visto quello che stava accadendo ha dato l’allarme
È inconcepibile continuare a morire sul lavoro. È ancor più inaccettabile la morte di lavoratori giovanissimi, oggi di una giovanissima madre
il messaggio di Cgil, Cisl e Uil e Filctem, Femca Uiltec di Prato.
È una tragedia che colpisce tutta la comunità e mi stringo in segno di cordoglio, anche a nome di tutta l’amministrazione comunale, alla famiglia della giovane. Aveva avuto un figlio da poco, era felice. Siamo vicini al piccolo e a tutta la famiglia
così invece il sindaco di Montemurlo, Simone Calamai.
Oggi è un giorno di dolore per la nostra città. Pistoia si stringe attorno alla famiglia di Luana, morta mentre stava facendo il suo lavoro in un’azienda tessile di Montemurlo. Il pensiero va alla madre e al padre di questa ragazza, al figlio piccolo che lascia e al fratello. In attesa degli accertamenti da parte degli inquirenti, in questo momento non ci sono parole sufficienti per commentare quanto accaduto. Resta solo un grande senso di ingiustizia, di rabbia e un dolore immenso davanti a simili eventi, inaccettabili, che ancora continuano ad accadere. Oggi piangiamo questa giovane vita spezzata, questa mamma che non c’è più, questa figlia che non c’è più
Lo afferma il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, sull’infortunio mortale della 23enne pistoiese accaduto stamani in un’azienda tessile di Montemurlo (Prato).
Anche Leonardo Pieraccioni ha voluto ricordare la giovane, che aveva lavorato come comparsa nel film Se son rose.
Il ricordo di quella scena di una festa spensierata di vent’anni aggiunge ancora più dolore, perché la vita a vent’anni dovrebbe essere e continuare così, come una festa. E’ una notizia terribile, vista la sua età e la modalità dell’incidente. Lascia un bambino di cinque anni, non ci sono parole. Per quanto possa servire, mando un abbraccio fortissimo alla sua famiglia.
Infine anche Giuseppe Conte su Facebook manda un messaggio:
La morte sul lavoro di Luana D’Orazio, una giovane mamma, è un evento tragico che non può lasciarci indifferenti. Luana non c’è più. La sua giovane vita si è spezzata. Non ci sono più i suoi sogni, la sua intraprendenza. Non c’è più quella giovane donna che, come tanti altri suoi coetanei, era determinata a crescere suo figlio superando le fatiche quotidiane, gli ostacoli della vita, grandi e piccoli.
Questa tragedia quando ancora risuonano gli echi della festa del Primo Maggio. Tra le proposte che ho avanzato in occasione della festa del lavoro vi è anche il progetto di riscrivere lo Statuto dei lavoratori, che risale al 1970. Quel testo storico va aggiornato in modo da rafforzare le garanzie dei lavoratori, le condizioni di sicurezza sul lavoro, il catalogo dei loro diritti rispetto alle insidie delle nuove tecnologie digitali. Dobbiamo rivendicare la piena affermazione del diritto al lavoro, ma anche del diritto al tempo libero, del diritto a espletare le prestazioni in ambienti sicuri e confortevoli, la possibilità di godere di un aggiornamento professionale continuo.
Non bastano le rituali condanne e le ricorrenti folate di sdegno per quelle che ormai correntemente chiamiamo ‘morti bianche’. L’alto numero di decessi sul lavoro non rende merito alla grande tradizione democratica del nostro Paese. Da inizio anno più di una persona al giorno è deceduta sul lavoro, perlopiù nel silenzio generale.
In Italia la sicurezza sul lavoro non può e non deve essere un diritto di pochi. Le forze politiche, i rappresentanti delle istituzioni, i rappresentanti delle associazioni di categoria e sindacali, tutti insieme abbiamo il dovere di fare di più. È necessaria un’azione politica unitaria che parta dalla riscrittura della Carta dei diritti dei lavoratori e dalla consapevolezza che la sicurezza sul lavoro “costa”.
Una elevata sicurezza sul lavoro, infatti, comporta spese ingenti, investimenti cospicui, che non consentono risparmi a danno dei lavoratori, ma che potrebbe essere giusto riversare, almeno in parte, sulla intera collettività, in modo da rafforzare il livello di competitività delle imprese senza compromettere la vita e la salute dei lavoratori.
La politica deve offrire risposte chiare e affrontare i problemi alla radice. Lavoro sommerso, racket, sfruttamento e assenza di tutele sono nemici che dobbiamo affrontare senza divisioni. Dobbiamo ascoltare le voci di chi aiuta le lavoratrici e i lavoratori a emergere da situazioni di illegalità, abbiamo il compito di raccogliere le grida di dolore e costruire una risposta coesa che intervenga quanto prima nelle pieghe più lacunose della nostra normativa in materia di lavoro e welfare.
Valutiamo anche l’istituzione di una commissione di inchiesta bicamerale, che lavori a spettro ampio, sfruttando l’impegno comune di tutti i parlamentari, per dare ai cittadini quella prova di responsabilità ed efficacia su cui spesso la Politica ha glissato con eccesso di timidezza.
Dobbiamo agire, perché la precarietà non sia una condizione irreversibile del lavoro, perché la morte non sia un tragica eventualità con cui fare i conti uscendo di casa al mattino.
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