Era il 17 maggio del 1990 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) cancellò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.
La strada fatta in questi 31 anni è stata tantissima… ma ce n’è ancora tanta da fare!
La Giornata mondiale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia è conosciuta anche con l’acronimo inglese Idaho (International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia). Essa è riconosciuta dall’Unione europea e dalle Nazioni Unite. L’obiettivo della giornata è quello di promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione. Il fine è contrastare il fenomeno dell’omofobia, della bifobia e della transfobia.
La bandiera arcobaleno (chiamata anche bandiera rainbow o bandiera gay) è attualmente il simbolo più usato e noto del movimento di liberazione omosessuale. Essa si differenzia dalla bandiera della pace per la disposizione dei colori speculare (il rosso è in basso nella bandiera della pace, in alto in quella gay) e perché la bandiera della pace prevede sette strisce di colore al posto delle sei di quella lgtb.
Un appuntamento che quest’anno ha ancora più risalto perché cade nel pieno della discussione riguardante il ddl Zan. In Italia manca ancora, infatti, una legge che contrasti l’omobitrasnfobia: il provvedimento promosso dal deputato del Partito democratico Alessandro Zan si muove proprio verso questa direzione. Prevede di ampliare il reato di propaganda e istigazione a delinquere (604 bis del codice penale), che non contemplerebbe più esclusivamente i “motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” ma anche quelli “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità”. Le associazioni Lgbti hanno organizzato mobilitazioni in oltre 50 piazze italiane (il 15, 16 e 17 maggio) per chiederne l’approvazione in tempi brevi e senza modifiche.
Sono circa 50 le richieste d’aiuto al giorno, fra chat e telefonate. In media 20mila all’anno. Per il 60% provengono da giovani in età fra i 13 e i 27 anni. Sempre fra i giovani, uno su due ha subito moderati o gravi problemi in famiglia in seguito al proprio coming out. La percentuale sale al 70% se si tratta di rivelare l’identità di genere. Il 36% dei minorenni è stato represso: reclusione all’interno delle mura domestiche, tentativi di conversione, violenza verbale e fisica. Il 17% dei maggiorenni ha invece perso sostegno economico da parte della famiglia. Sono i dati raccolti da GayHelpLine.it, il contact center nazionale antiomofobia e antitransfobia per persone gay, lesbiche, bisex e trans gestito dal Gay Center. Nell’anno della pandemia sono cresciute inoltre le minacce ricevute (dall’11% al 28%) e le discriminazioni sul lavoro (dal 3 al 15%), contribuendo ad alimentare il fenomeno dell’under reporting, cioè la rinuncia a denunciare. Fra i ragazzi che hanno contattato il centro, il 30% ha affermato di aver subito attacchi di cyberbullismo.
Con la speranza che questa giornata non sia lasciata morire a sé: quest’anno più che mai abbiate il coraggio di schierarvi, scendere in piazza e urlare perché come diceva David Leavitt, scrittore statunitense, che nei suoi romanzi ha affrontato la tematica omosessuale:
L’amore sboccia tra persone, non tra sessi. Perché porsi dei limiti?
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