venerdì, Novembre 22, 2024
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COP26 al World Leaders Summit, Guterres tuona: “Stiamo scavando le nostre tombe”

COP26: per Johnson siamo come James Bond, dobbiamo salvare l’umanità, ma “questo non è un film”. Draghi: “Il denaro c’è, basta saperlo usare bene”.

È passato solo qualche giorno dal G20 dello scorso fine settimana a Roma e già i leader politici si riuniscono di nuovo. Questa volta a Glasgow, Scozia. Tema caldo: il cambiamento climatico. Si è, infatti, da poco conclusa la cerimonia di apertura della COP26 (Conference of the Parties), iniziata con il World Leaders Summit sul climate change. Alla conferenza partecipano i delegati di circa 200 Paesi, circa 120 leader mondiali nonché i principali attori impegnati in prima linea nella lotta al global warming. Oggi e domani gli interventi dei capi di stato e di governo.

Al centro della COP26 la questione della decarbonizzazione. La conferenza, intitolata “Earth to COP” vuole, infatti, contribuire alla definizione di un piano d’azione comune per raggiungere due obiettivi: il taglio netto delle emissioni di gas serra entro il 2050 e il contenimento dell’aumento del riscaldamento globale fino a 1.5° al di sopra del livello pre-industriale. A Glasgow sono presenti i leader dei principali Paesi del mondo, impegnati a delineare un’efficace strategia di azione coordinata per contenere i danni causati dall’uomo.

Oltre al ‘padrone di casa’ Johnson, tra gli altri sono presenti Joe Biden, Mario Draghi, Angela Merkel, Emmanuel Macron, il premier giapponese Fumio Kishida, il canadese Justin Trudeau, Ursula von der Leyen, in qualità di presidente della Commissione Europea, e anche il cardinale Piero Parolin per la Santa Sede. Fa molto discutere, tuttavia, l’emblematica assenza dei capi di Stato dei Paesi che sono anche i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico. Non sono presenti, infatti, Xi Jinping (Cina), Vladimir Putin (Russia), Jair Bolsonaro (Brasile), Recep Tayyp Erdogan (Turchia).

COP26: World Leaders Summit

Il World Leaders Summit si è aperto oggi con l’intervento del PM britannico Boris Johnson. In questa giornata si sono poi susseguiti alcuni leader e attivisti impegnati in prima linea contro il cambiamento climatico: il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, il Principe Carlo di Windsor, il primo ministro delle Barbados Mia Amor Mottley (in rappresentanza dei Paesi che rischiano di essere sommersi a causa dell’innalzamento dei mari), il britannico Sir David Attenborough, e il primo ministro italiano Mario Draghi, nonché diversi attivisti tra i quali Elisabeth Wathuti, Global Climate campaigner del Kenya, che ha concluso col suo intervento la cerimonia.

L’inizio dei lavori

È pieno di metafore che ormai conosciamo fin troppo bene il discorso inaugurale di Boris Johnson, che fin da subito pone l’attenzione sull’urgenza dell’agire. “The clock is ticking” ricorda il primo ministro e, come gli esperti hanno spesso indicato in questi ultimi anni, siamo spaventosamente vicini allo scoccare della mezzanotte. Laddove la mezzanotte per il pianeta equivale al punto di non ritorno. Intento a creare un collegamento con la Scozia, Paese ospitante, Johnson paragona l’umanità all’icona cinematografica James Bond. Nei suoi film, Bond è spesso intento a disinnescare una bomba durante un conto alla rovescia che toglie il fiato. Secondo Johnson, anche noi ci troviamo ad affrontare il nostro countdown per salvare il nostro pianeta. Il prezzo? La vita dell’umanità. Ma si affretta ad aggiungere una piccola postilla: “questo non è un film”, specifica, infatti, il premier.

“Stiamo scavando le nostre stesse tombe”

Non usa mezzi termini nemmeno il Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres che tuona sui leader politici e ammonisce: “stiamo scavando le nostre stesse tombe”. Secondo il segretario, le recenti azioni a favore della sostenibilità ambientale “potrebbero aver dato l’illusione che siamo sulla giusta strada per invertire la tendenza”. Be’, non è così. Guterres, infatti, ha immediatamente aggiunto: “Questa è un’illusione”.

Il segretario ha quindi richiamato all’attenzione gli ultimi dati allarmanti dell’IPCC, secondo i quali il pianeta è irreversibilmente in codice rosso. Guterres spiega che, anche nel ‘best case scenario’, le temperature aumenteranno probabilmente di circa due gradi. Arrivati a questo punto, quindi, anche se dovessimo riuscire nei nostri intenti mettendo in pratica una drastica frenata delle emissioni di gas serra nell’atmosfera – e questo, comunque, comporta non poche incertezze – non è detto che riusciremo a evitare le catastrofi climatiche. Anzi. Come sostenuto dall’IPCC, alcuni fenomeni estremi sono già ora inevitabili.

UN Climate Change Conference, António Guterres, Secretary-General. Glasgow, 2021, COP26.

Per Guterres il futuro è chiaro: bisogna agire adesso, altrimenti sarà troppo tardi. “Basta brutalizzare la biodiversità. Basta ucciderci con il carbonio. Basta trattare la natura come se fosse un gabinetto. Basta bruciare, perforare e scavare più a fondo”. Al contrario, è necessario “ascoltare, agire e scegliere saggiamente”, conclude il segretario.

Il bisogno di una nuova rivoluzione industriale verde

Ciò di cui abbiamo bisogno è una nuova rivoluzione industriale verde. Questo è quanto hanno evidenziato alcuni relatori alla COP26. Johnson in primis si appella a una “green industrial revolution” per ristabilire l’equilibrio della natura e fermare il disastro ambientale causato dalla diffusione della CO2 nell’aria. Sir David Attenborough si ricollega a questo punto e lo rafforza con dati scientifici che ci mostrano che l’innalzamento della concentrazione di ppm nell’aria non è solo legato a una maggiore instabilità climatica, ma che questi valori sono drasticamente aumentati nel corso degli ultimi anni. Ciò che deve essere cambiato è il nostro approccio all’idea di industria. Guterres stesso evidenzia la necessità di maggior chiarezza nella definizione di azioni eco-sostenibili, parlando di “deficit di credibilità” e incoraggiando i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo a collaborare al fine di ottenere una reale riduzione delle emissioni – almeno del 45% – entro il 2030.

Tutti ormai sono a conoscenza dell’ultimatum alla Terra. Eppure le emissioni di carbonio non stanno diminuendo significativamente. Il mondo si regge su un equilibrio sempre più precario e, in modo abbastanza contraddittorio, i Paesi che contribuiscono di meno alle emissioni sono quelli che ne stanno soffrendo più disastrosamente gli effetti. Prima degli altri. Questo è il quadro ben delineato alla COP26 da Attenborough. Il divulgatore britannico sottolinea che al momento “nessuna nazione è in vero sostenibile” e sostiene il bisogno di una nuova rivoluzione industriale che possa fornire anche “l’opportunità di creare un nuovo mondo equo”.

Il denaro c’è, basta saperlo (e volerlo) usare bene

Per molti il freno sulla riduzione delle emissioni potrebbe sembrare una questione meramente economica. Sbagliato. O meglio, non completamente corretto. L’economia c’entra, eccome. Altrimenti probabilmente le sedie dei principali inquinatori non sarebbero rimaste platealmente vuote alla COP26. Eppure, come affermato da Boris Johnson e reiterato, nel suo intervento, da Mario Draghi, le tecnologie e i finanziamenti in questo particolare momento storico non mancano, si possono trovare. “Il denaro non è un problema, se vogliamo usarlo bene” ha, infatti, affermato Draghi.

Mario Draghi alla COP26, Glasgow, 1/11/2021, World Leaders Summit.

Ciò che manca, semmai – e su cui bisogna far leva – è la “buona volontà”, avverte Johnson. “Dobbiamo passare dalle parole all’azione reale su carbone, automobili, denaro e alberi”. Belligerante anche lo spirito del principe Carlo, che invita il mondo a mettersi sul piede di guerra di fronte alle sfide che incombono sul pianeta. “Il costo dell’inattività è molto più alto di quello della prevenzione”, ha concluso il principe.

In termini economici, a essere spesso richiamati all’attenzione in questo summit sono la collaborazione tra pubblico e privato e uno sforzo finanziario maggiore. A farlo non solo il principe Carlo, che ne parla in termini di finanziamenti per la transizione verso l’era del post-carbon e verso un’economia più sostenibile, ma anche Johnson, Draghi e Guterres, i quali sottolineano il ruolo di primo piano svolto, in particolare, dalle Banche Multilaterali di Sviluppo (multilateral development banks).

Perché non è soltanto un problema di clima

Il cambiamento climatico non è solo una questione astratta. Le conseguenze del cambiamento climatico sono ben visibili già da diversi anni. E non parliamo soltanto l’aumento dei fenomeni climatici estremi e delle catastrofi.

Elisabeth Wathuti, Globate Climate campaigner, ha sottolineato che tra quattro anni la metà della popolazione si troverà ad affrontare una scarsità di acqua. Questo non avrà delle conseguenze soltanto sulla mancanza di acqua e sulla desertificazione – che già di per sé dovrebbero far tremare le gambe. Proprio per effetto del cambiamento del clima in intere aree del globo, entro il 2050 all’incirca 86 milioni di persone in Africa Subsahariana saranno costrette a spostarsi, migrando (displaced people).

All’inizio del summit, anche Johnson aveva parlato del rischio per le riserve di cibo con un aumento significativo della temperatura. Anche Draghi nel suo intervento si era focalizzato sui disastrosi scenari ed effetti del global warming che – forse – non consideriamo come interdipendenti. Il premier italiano ha, infatti, ricordato che l’innalzamento della temperatura e i conseguenti cambiamenti climatici condurranno non solo alla perdita della biodiversità, ma anche a una serie di problemi di natura economico-sociale che non faranno altro che esacerbare una situazione già ora precaria. Draghi parla di tensioni sociali, di incremento di flussi migratori (pensiamo ai cosiddetti environmental migrants) che verosimilmente diventeranno inarrestabili, ma anche dell’impatto che le diseguaglianze sociali potranno avere sul terrorismo e sul crimine organizzato.

Abbiamo bisogno di interventi veloci e determinanti

Insomma, è prioritario che tutti i Paesi del mondo cooperino nella lotta al cambiamento climatico. In pratica, è importante mettere in atto concrete per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1.5°. Come aveva già sentenziato il rapporto dell’IPCC, infatti, non è più una questione del ‘se’ ci sarà un aumento climatico. L’aumento ci sarà: ora sta a noi vedere di quanto e, quindi, di che entità saranno le conseguenze sulla Terra.

Ma non possiamo solo essere consapevoli della situazione. Le parole senza fatti sono solo un mero ‘bla bla’, volendo parafrasare Greta Thunberg. Ora abbiamo bisogno di fare sul serio, di coordinare le forze, di “velocizzare il nostro impegno, agire in modo più determinante”, come suggerisce Draghi. Questa inversione di marcia è condizione necessaria; tuttavia, per avvenire, essa deve essere sentita. Come sottolinea Wathuti: “[l]a vostra volontà deve venire da dentro”.

* La COP26 è stata in live streaming il 1/11/2021. Qui è possibile rivedere lo streaming della COP26 registrato e disponibile sulla pagina UN Climate Change, in lingua originale.

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