Con la sua denuncia per stupro nei confronti dell’ex vicepremier cinese Zhang Gaoli a inizio novembre, la tennista Peng Shuai aveva scatenato un terremoto in madrepatria: neanche mezz’ora dopo aver postato il suo lungo sfogo sul social Weibo – un misto tra i nostri Facebook e Twitter –, la censura del regime si era abbattuta sulle sue parole facendo sparire il post e della stessa donna si erano perse le tracce per settimane. Nonostante i pallidi tentativi da parte del Governo cinese di calmare le acque – che si erano comprensibilmente agitate una volta appurato che la sicurezza della sportiva era in pericolo – con un’email e dei video da parte della stessa Peng che di spontaneo avevano ben poco, la bomba era ormai scoppiata e lo scandalo anche.
Adesso la tennista è ritornata a parlare in prima persona rilasciando delle dichiarazioni al quotidiano singaporiano Liahne Zaobao in cui afferma di essere «sempre stata nella mia casa di Pechino senza che i miei movimenti fossero limitati», volendo poi sottolineare «un punto molto importante: non ho mai detto o scritto che qualcuno ha abusato di me sessualmente». Ha poi aggiunto che il suo post iniziale è stato «frainteso», tuttavia in molti continuano a nutrire dubbi riguardo l’autenticità di tali chiarimenti dato il clima che si respira in Cina.
Tra questi la Women’s Tennis Association (Wta) che, in segno di solidarietà e di protesta nei confronti di chi tenta in tutti i modi di mettere a tacere le donne che trovano il coraggio di parlare degli abusi di cui sono state vittime, ha annunciato a inizio dicembre di voler sospendere tutti i tornei previsti nella Terra di Mezzo per il 2022 finché non si fosse fatta luce sulla vicenda. L’organizzazione mondiale del tennis femminile ha infatti commentato la recente videointervista della 35enne asserendo che il fatto che sia stata fatta in un luogo pubblico sia positivo ma che ciò non voglia dire che sia libera di parlare senza censura o coercizione. «Restiamo fermi nella nostra richiesta di un’inchiesta trasparente sulle sue accuse» hanno fatto sapere.