“I più grandi esperti di problemi climatici del nostro pianeta ritengono che le attività dell’uomo siano quasi certamente la causa principale dell’aumento delle temperature osservato dalla metà del 20° secolo.”
- Sito della Commissione Europea
Nell’ultimo secolo, a seguito dei grandi mutamenti industriali a cui il mondo ha assistito, si è iniziato a parlare di riscaldamento globale, termine che si riferisce ai mutamenti climatici sviluppatisi a partire dalla fine del XIX secolo e tuttora in atto, caratterizzati da un forte aumento della temperatura media globale. Il primo a parlare di riscaldamento globale fu uno scienziato svedese, Svante Arrhenius, il quale nel 1896 affermò che l’uso di combustibile fossile, che oggi sappiamo essere responsabile della maggior parte delle concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera, avrebbe potuto provocare un forte aumento delle temperature terrestri.
Un aumento che, nell’ultimo secolo e mezzo, non si è arrestato e che, anzi, nell’ultimo trentennio, in particolare, sembra star toccando i suoi più alti picchi. Eppure, l’argomento non sembra purtroppo scuotere gli animi come in realtà dovrebbe, anche se i dati parlano chiaro. Né è un esempio lampante la perdita glaciale che stanno subendo le catene montuose come Himalaya, Alpi, Montagne Rocciose, e Ande meridionali, ma anche vette tropicali come il Kilimangiaro. Neppure le superfici marine vengono risparmiate: per via dell’aumento delle concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, il pH degli oceani, sta tendendo all’acidificazione. Questi non sono che pochi esempi.
I gas serra prodotti dalle attività umane – anidride carbonica, metano, ossido di azoto, gas fluorurati – hanno conseguenze anche sulle temperature marine. Si stima che 2021 le acque degli oceani e dei mari di tutto il mondo hanno raggiunto le temperature più alte mai registrate da quando sono cominciate le rilevazioni, nel 1955.
“Il calore contenuto negli oceani sta subendo un aumento inesorabile, a livello globale, e questo è un indicatore primario del cambiamento climatico indotto dalle attività inquinanti degli esseri umani”.
È quanto ha dichiarato Kevin Trenberth, esperto di clima presso il National center for Atmospheric research in Colorado e co-autore della ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Advances in atmospheric science. Secondo tale ricerca, il calore delle acque è aumentato nei 2000 metri più superficiali di tutti i mari del mondo.
Infatti, anche se è l’atmosfera terrestre ad essere satura di gas serra, è anche vero che più del 90% del calore extra generato negli ultimi anni è stato sottratto all’atmosfera dai mari, contribuendo ad attenuare le temperature terrestri che sarebbero state altrimenti catastrofiche. L’anno scorso sono stati assorbiti circa 14 zettajoule (un’unità di misura dell’energia che equivale a 1021 joule) in più rispetto al 2020. Per capire la notevole portata del fenomeno, si stima che l’intera produzione elettrica mondiale ammonti circa a mezzo zettajoule.
Gli oceani non si limitano ad assorbire il calore, ma catturano anche un terzo dell’anidride carbonica emessa dalle attività umane, la quale aumenta l’acidificazione delle acque e scatena l’erosione delle barriere coralline. Non si tratta, dunque, “solo” di ingenti danni ambientali causati dal surriscaldamento; l’inquinamento atmosferico umano contribuisce anche alla distruzione degli ecosistemi marini e, di conseguenza, mette in pericolo la sopravvivenza di tutte le specie viventi.
La situazione del Mediterraneo
“Nel mar Tirreno trovavo l’isoterma T = 14°C quasi sempre sotto i 700 m, talvolta anche intorno a 800 m, valori di profondità che mi hanno sorpreso. In pratica ha iniziato a scaldarsi in modo evidente anche una zona più profonda rispetto al passato” ha affermato Franco Reseghetti dell’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) in seguito la campagna di rilevamento dati di metà dicembre 2021.
Anche Simona Simoncelli dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) si dice preoccupata per la situazione che sta interessando l’area del Mediterraneo:
“L’Oceano assorbe poco meno di un terzo della CO2 emessa dall’uomo, ma il riscaldamento delle acque riduce l’efficienza di questo processo, lasciandone una percentuale maggiore in atmosfera. Per esempio, in conseguenza del riscaldamento delle acque degli oceani, sta aumentando il volume e quindi il livello del mare con ripercussioni drammatiche per gli atolli del Pacifico e stati insulari come le isole Maldive ma anche per le nostre aree costiere. Inoltre, acque degli oceani sempre più calde creano le condizioni per tempeste e uragani sempre più violenti e numerosi, abbinati a periodi di caldo esasperato in zone sempre più estese. E, tutto questo, senza considerare gli effetti biologici: l’acqua più calda è meno ricca in ossigeno influisce sulla catena alimentare, così come acqua con acidità più elevata ha effetti anche pesanti sulle forme viventi”.