L’Europa è veramente pronta a chiudere le porte definitivamente al gas russo? Cosa preferiamo: la pace oppure star tranquilli con il termosifone acceso o con l’aria condizionata per tutta l’estate?- citando l’espressione del premier Draghi utilizzata in conferenza stampa per la presentazione del Documento di economia e finanza (Def).
Un embargo totale su gas e petrolio dalla Russia. Lo ha chiesto il Parlamento europeo a Commissione e Consiglio Ue, spingendo i leader a prendere decisioni ancora più forti delle attuali per fermare la guerra in Ucraina.
Con 513 voti a favore, 22 contrari e 19 astenuti l’eurocamera approva una risoluzione che chiede “misure punitive addizionali, compreso un embargo completo ed immediato delle importazioni russe di petrolio, carbone, combustibile nucleare e gas” – si legge nella nota. L’emendamento relativo allo stop alle forniture del gas naturale e all’abbandono dell’utilizzo dei gasdotti Nordstream 1 e 2 è stato approvato con 413 voti a favore, 93 contrari e 46 astensioni.
Nella comunicazione del Parlamento si legge che l’embargo alle forniture energetiche russe deve essere accompagnato da un piano che assicuri un approvvigionamento energetico alternativo, insieme a una “strategia per ritirare le sanzioni nel caso la Russia dovesse procedere a restaurare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
Tecnicamente l’embargo è una pesante sanzione economica con la quale uno Stato o un gruppo di Stati (ad esempio l’UE) impedisce l’esportazione di armi e munizioni. Oppure indica il sequestro delle navi mercantili ancorate nei porti e nelle acque territoriali di alcuni Stati. Nel suo significato più ampio, l’embargo commerciale è la sospensione degli scambi economici tra Stati, con ripercussioni pesantissime sulla vita dei cittadini.
La dipendenza da gas e petrolio russi, infatti, sono ancora molto forti per nazioni come l’Italia. Mario Draghi ha spiegato che se questo sarà l’orientamento dell’Unione anche Roma seguirà l’indirizzo delle altre capitali europee, appoggiando lo stop alle importazioni.
Il problema principale, per tutta l’Europa, è la mancanza di un numero cospicuo di fornitori alternativi. Il Vecchio Continente, solo per il gas, esporta 155 miliardi di metri cubi all’anno da Mosca (è il 42% del fabbisogno totale). Di questi 70/80 sono solo quelli italiani, per circa 15 miliardi di euro di costo ogni 12 mesi per le nostre casse dello Stato. Al secondo posto c’è la Germania con 42,6 miliardi di metri cubi. Il prezzo è poi inferiore a quello che esisterebbe su altri mercati, visti i contratti di lungo periodo in essere.
Il petrolio russo, invece, copre il 22% del fabbisogno complessivo dell’Europa: una somma minore che dovrebbe creare meno preoccupazioni, ma in questi mesi si è visto che il mercato del greggio (anche data la progressiva carenza di quest’ultimo) è molto volatile e soggetto a speculazioni legate alla guerra in Ucraina.
Nella serata del 6 aprile i ministri del governo Draghi hanno approvato il Documento di economia e finanza (Def), che aggiorna gli obiettivi di finanza pubblica del Paese e le previsioni sugli indicatori economici, dalla crescita del Pil al debito pubblico.
Le analisi del Def tengono conto del “peggioramento del quadro economico determinato da diversi fattori”, come l’invasione russa in Ucraina e l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, e prevedono che il Pil italiano crescerà del 3,1% nel 2022 e del 2,4 per cento nel 2023.
Nel primo caso, le aziende italiane del settore sarebbero in grado di assicurare le forniture di gas necessarie aumentando le importazioni da altri Paesi, migliorando gli impianti di rigassificazione per l’utilizzo del gas naturale liquefatto e aumentando gradualmente la produzione nazionale. Allo stesso tempo però il prezzo del gas salirebbe in misura notevole.
Nel secondo scenario, invece, l’Italia non riuscirebbe a diversificare in modo sufficiente gli approvvigionamenti di gas a causa di “problemi tecnici, climatici e geopolitici”. In questo caso il Paese andrebbe incontro a una carenza di gas “pari al 18 per cento delle importazioni” nel 2022 e del 15 per cento nel 2023, e i prezzi del gas si alzerebbero ancora di più rispetto alla precedente simulazione.