In un comunicato stampa diramato mercoledì mattina, il gigante energetico russo Gazprom ha annunciato di aver interrotto le forniture di gas naturale a Polonia e Bulgaria.
I due stati sono i primi tra quelli facenti parte dell’Unione Europea a subire l’interruzione delle forniture di gas da parte della Russia.
Il comunicato stampa ha seguito quella che fu la decisione unilaterale, da parte del presidente russo Vladimir Putin, di imporre l’obbligo di pagamento del gas in rubli da parte dei paesi etichettati come “stati ostili” alla Federazione Russa. L’obbligo imporrebbe alle compagnie energetiche degli “stati ostili” di aprire conti correnti presso Gazprombank, la banca russa di proprietà di Gazprom, attraverso i quali i pagamenti in euro o in dollari verrebbero convertiti in rubli. Una mossa giudicata illeggittima da parte dell’Unione Europea, dato che modificherebbe gli accordi contrattuali in maniera unilaterale. Ciononostante la scorsa settimana la Commissione Europea aveva dato il via libera alle compagnie europee, giudicando l’apertura di nuovi conti presso Gazprombank come “non in violazione delle sanzioni”.
Le compagnie statali del gas di Polonia e Bulgaria, rispettivamente PGNiG e Bulgargaz, avevano annunciato che non si sarebbero uniformate alla decisione presa dalle altre compagnie degli stati membri dell’Unione Europea. I contratti stipulati con Gazprom dalle due compagnie erano in scadenza alla fine di quest’anno, e la società energetica russa ha annunciato che fintanto che i pagamenti non verranno effettuati in rubli, le forniture resteranno sospese.
Nel comunicato stampa, Gazprom ha anche sottolineato che qualora Polonia e Bulgaria dovessero sottrarre una qualsiasi quantità di volume di gas dai gasdotti che transitano sui loro territori, le forniture agli stati europei verrebbero tagliate del medesimo volume. Nel territorio di Polonia e Bulgaria, transitano infatti due gasdotti russi che partono dai giacimenti siberiani.
Entrambi gli stati sono ampiamente dipendenti dalle importazioni di gas russo: la Polonia importa circa il 50% del suo fabbisogno di gas dalla Russia, mentre la Bulgaria addirittura il 90%. L’analista dell’ISPI, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Matteo Villa, ha però citato dei dati ENTSOG, l’associazione europea degli operatori del trasporto gas, sottolineando che le forniture di gas russo verso la Polonia sono quasi nulle da circa 7 mesi, e che quindi questa mossa da parte di Gazprom, sarebbe una ritorsione atta semplicemente a scatenare ulteriore panico sui mercati, comportando un aumento del prezzo del gas. Villa non è l’unico analista a sostenere che le limitazioni nelle forniture di gas da parte della Russia facciano parte di una più ampia strategia di mercato che avrebbe causato l’incredibile aumento dei prezzi degli idrocarburi a cui stiamo assistendo in questi mesi.
Se per la Polonia, i cui depositi di gas sono pieni al 76%, l’interruzione delle forniture non comporta particolari problemi dal punto di vista energetico, diverso è il discorso per la Bulgaria, i cui depositi sono pieni solo per il 17%. La Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha annunciato ingenti aiuti ad entrambi gli stati, ed ha duramente criticato il comunicato stampa di Gazprom, giudicandolo come un “ulteriore tentativo della Russia di usare il gas come arma di ricatto”.
La politica energetica dell’Unione Europea è stata oggetto di forti critiche, specialmente dall’inizio del conflitto in Ucraina. Diversi stati membri dell’UE non avrebbero adeguatamente differenziato le proprie forniture energetiche, ritrovandosi particolarmente vincolati e rendendosi vulnerabili ad attori geopolitici potenzialmente imprevedibili, come la Russia. Secondo l’indice di vulnerabilità di ISPI, molti degli stati europei sono fortemente dipendenti dalle importazioni di gas russo. In particolare, l’Italia sarebbe, con un indice di vulnerabilità di 19, tra gli stati maggiormente a rischio in caso di un blocco delle forniture. Polonia e Bulgaria hanno un indice rispettivamente di 8 e 12, e dunque non dovrebbero incontrare gravi conseguenze come effetto della decisione di Gazprom.
Il dibattito riguardo un sesto pacchetto di sanzioni continua ad essere vivace, e pare che sia ormai quasi certo il fatto che colpiranno gli idrocarburi provenienti dalla Federazione Russa, sebbene non si sappia ancora in che misura.