È quasi raggelante fermarsi a riflettere riguardo gli ultimi malavventurati mesi di Matteo Salvini.
Insomma, il leader della Lega (o per meglio dire segretario) ci ha abituato ad uscite estrose, amplificate dalla sua ben oliata macchina propagandistica, ed ormai nemmeno fa più notizia l’occasionale ripescaggio degli imbarazzanti e contraddittori tweet del suo passato secessionista. Eppure nei primi mesi di questo 2022 Salvini sta compiendo qualcosa che si avvicina alla mirabilia, al miracolo. Salvini non è capace di smettere di compiere figuracce bieche.
Il giorno della marmotta salviniano è probabilmente cominciato nel periodo dell’elezione del Presidente della Repubblica. Salvini confabulava, complottava, organizzava incontri, tutti volti ad ottenere quello che avrebbe dovuto rappresentare un successo storico per il centrodestra italiano: eleggere finalmente un inquilino del Quirinale di area conservatrice. Inutile ricordare come sia andata, con la rielezione di Sergio Mattarella, lo stesso che (e ce se ne ricorda ancora per merito dell’Internet, che fa fatica a dimenticare) Matteo diceva di voler cedere per mezzo Putin.
Vladimir Putin, il leader ultracristiano, integerrimo, che ha reso grande la Russia (a detta di Salvini, ma in questi giorni la Russia non pare passarsela troppo bene, per merito delle ignobili scelte del proprio presidente). Lo stesso Putin a cui Salvini ha ammiccato in più circostanze, e non solo nel passato. Memorabili le inchieste dell’Espresso volte a smascherare i legami tra la Lega salviniana e il partito di Putin Russia Unita.
Eppure dal 24 febbraio qualcosa pareva essersi spezzato. Matteo faceva fatica a nominare l’amico di un tempo, anche solo per ammettere ciò che la sua collega di coalizione Giorgia Meloni non aveva nessuna difficoltà a riconoscere: che l’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina era stata un atto ingiustificabile e non provocato, e che la responsabilità unica dell’avvenuto era da ricercare in Vladimir Putin. Salvini cincischiava, balbettava, si impegnava a compiere stupefacenti giravolta durante le numerose interviste da lui concesse pur di non nominare l’amicone russo.
Poi il viaggio in Polonia, probabilmente (o almeno, così si presupponeva) il punto più umiliante della carriera politica del segretario della Lega. Il sindacco polacco della città di Przemysl, Wojciech Bukan, che lo bacchetta davanti alla stampa, gli chiede di individuare di fronte alle telecamere l’unico e indiscutibile colpevole della guerra in Ucraina. Ancora una volta Matteo balbetta, si guarda intorno smarrito, non crede a ciò che sta avvenendo. Bukan gli assesta il colpo di grazia: posa sui microfoni la maglietta indossata da Salvini nella Piazza Rossa di Mosca, quella raffigurante Vladimir Putin. KO tecnico. Salvini tenta in qualche modo di glissare, ma ormai il danno è fatto.
Non pareva un’assurdità pensare, al tempo, che Matteo Salvini non avesse un amico, qualcuno che potesse consigliarlo, o quantomeno dissuaderlo dall’imbarcarsi in quella disgraziata impresa in terra polacca. E poi, per qualche tempo, Salvini è scomparso. Forse, Matteo, un amico che lo consigli ce l’ha. Qualcuno che gli dica quand’è il momento di prendersi del tempo per se stessi e lasciare che i giornali si dimentichino di lui. Qualcuno come Guido Crosetto, che durante un’intervista televisiva di qualche giorno fa ci ha tenuto a mandargli un messaggio, un consiglio spassionato per dissuaderlo dall’ultima delle pericolose trovate: «Ci sono dei momenti in cui è giusto prendersi una vacanza, anche dalle dichiarazioni pubbliche».
Ed ecco che sono arrivati i maledettissimi sondaggi, quelli che Matteo Salvini insegue da anni ma che da qualche mese si trova a dover rincorrere manco vivesse un personalissimo paradosso di Zenone, quello di Achille e la tartaruga, con Fratelli d’Italia ad interpretrare il ruolo dell’irragiungibile rettile. Il popolo italiano vuole la pace, quella che Matteo Salvini predica fin da febbraio, sebbene la sua pace per il popolo ucraino voglia dire la resa incodizionata e l’annessione forzata alla Russia. Ma tanto basta perché Matteo torni a fare le sue ospitate nelle televisioni nostrane, perché Matteo torni a parlare a mezzo social del suo piano di pace, perché Matteo torni a riferire in Parlamento del suo ardente desiderio di fare un favore all’amico Vladimir, privando l’Ucraina delle armi necessarie alla propria difesa.
Ancora una volta, ci vuole poco perché l’umiliazione, lo sbeffeggio arrivino inesorabili a distruggere l’entusiasmo pacifista del segretario. In un’inchiesta pubblicata il 31 maggio dal quotidiano Domani, a firma del giornalista Emanuele Fittipaldi, viene svelato che Matteo Salvini ha incontrato l’ambasciatore russo a Roma Sergej Razov il primo marzo, a cinque giorni dall’inizio dell’invasione. E non solo, secondo quanto scritto da Domani, quello non sarebbe stato l’unico incontro tra il segretario della Lega e l’ambasciatore russo. Salvini doveva avere ben chiara la pericolosità delle sue azioni (o almeno ce lo si augura) perché ha fatto di tutto per nasconderle (generalmente, invece, è particolarmente disposto a raccontare delle sue geniali trovate).
Palazzo Chigi ha commentato in maniera inequivocabile: se dovesse essere confermato l’incontro tra Salvini e Razov, «sarebbe un fatto gravissimo».
“Non c’è traccia di comunicati stampa che danno notizia di alcun incontro tra Salvini e l’ambasciatore russo nel periodo successivo all’invasione. La tempistica è decisiva: anche perché un faccia a faccia con un fedelissimo di Putin da parte di un leader politico che non ha alcun incarico di governo è fuori da qualsiasi regola diplomatica, a maggior ragione in tempi di guerra.”, scrive Fittipaldi su Domani. Il tutto organizzato da un misterioso personaggio, un certo Antonio Capuano, ma non il regista rappresentato dal meraviglioso film di Paolo Sorrentino, quello del “non ti disunire”. Antonio Capuano è un ex parlamentare di Forza Italia, originario di Frattaminore, che secondo quanto riportato negli ultimi giorni dai quotidiani nazionali parrebbe coltivare rapporti diplomatici con più di un regime autocratico. A detta sua, sarebbe il nuovo sherpa della politica estera di Salvini, il nuovo fidato consigliere. L’incontro con Sergej Razov sarebbe stato favorito da Capuano. Così come il presunto viaggio a Mosca organizzato e ampiamente sponsorizzato dal segretario della Lega, a suo dire col beneplacito del Vaticano, che ha immediatamente smentito.
Il viaggio sarebbe stato organizzato durante un incontro tenutosi il 19 maggio, secondo quanto riportato dal Foglio in un articolo di Valerio Valentini, e avrebbe avuto come scopo un cessate il fuoco di almeno un paio di giorni per fare in modo che potessero essere imbastiti i primi negoziati credibili.
Martedì pomeriggio, non contento di quanto stesse emergendo per merito delle inchieste di Domani, il leader della Lega ha celebrato con un tweet la ripresa delle attività del porto ucraino di Mariupol, occupato da alcune settimane dall’esercito russo. «Bene, le armi più potenti sono dialogo e diplomazia, l’impegno per la Pace vale più di qualsiasi critica», ha twittato festante Salvini. Da Mariupol, tuttavia, una città che ha finora patito indicibili sofferenze, è partita una nave carica di metallo ucraino, saccheggiato dall’esercito di Vladimir Putin.
Non è chiaro in che veste stia agendo Salvini. Non ricopre alcun incarico ufficiale nell’attuale governo, è un senatore di maggioranza, ed intanto continua a tessere una tela diplomatica parallela e competitiva a quella ufficiale. Di chi sta facendo gli interessi Matteo Salvini? Il governo e il popolo italiano esigono delle risposte.