La presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, presieduta dalla Francia, e i negoziatori del Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo politico provvisorio riguardo una bozza di direttiva per quanto concerne l’introduzione di salari minimi adeguati nei paesi dell’UE, nella notte tra lunedì e martedì.
Nella nota rilasciata dal Consiglio dell’Unione Europea si legge che «la nuova legge, una volta adottata, promuovererà l’adeguatezza del minimo salariale imposto dalla legge e dunque permetterà di raggiungere condizioni di lavoro e di vita dignitose per i lavoratori europei».
La legge, comunque, non imporrà l’introduzione di un salario minimo comune a tutti i paesi dell’Unione Europea né tantomeno l’obbligo di introdurlo per i paesi membri, come chiarito dal Commissario Europeo per il Lavoro e i Diritti Sociali Nicolas Schimt. La direttiva punta, piuttosto, ad istituire un quadro generale per permettere di fissare salari minimi adeguati ed equi.
Inoltre l’accordo raggiunto impone ai paesi membri un aggiornamento periodico del valore del salario minimo, tenendo conto di criteri precisi stabiliti nella direttiva. Gli aggiornamenti dovranno essere effettuati almeno ogni due anni per i paesi che hanno un salario fisso e almeno ogni quattro anni per i paesi che adottano un meccanismo automatico di indicizzazione del salario, adeguando il minimo salariale al costo della vita.
Nella nota del Consiglio UE viene inoltre incoraggiata e promossa la contrattazione collettiva, sottolineando la sua importanza come mezzo per assicurare ai lavoratori l’adeguatezza del minimo salariale e l’obiettivo di estendere la copertura della contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva comporta il raggiungimento di accordi e vincoli contrattuali stipulati tra le parti interessate, dal quale scaturiscono degli accordi autonomi con cui si stabiliscono i parametri e le regole fondamentali cui dovranno attenersi i contratti di lavoro individuali.
Tuttavia, la direttiva non sarà estesa ai paesi membri dell’Unione Europea in cui più dell’80% dei lavoratori sono coperti dagli accordi di contrattazione collettiva, tra cui rientra l’Italia. Dunque, secondo quanto stabilito dall’accordo, che comunque non definisce un obbligo quanto piuttosto delle linee guida, l’Italia non dovrà adeguarsi necessariamente alle nuove direttive.
L’Italia è uno dei sei stati, tra i 27 facenti parte dell’UE, a non prevedere una regolamentazione in materia di salario minimo, sebbene nell’articolo 36 della Nostra Costituzione venga sancito il diritto del lavoratore a una retribuzione adeguata. Gli altri cinque stati in cui non è previsto sono Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia.
Proprio la scorsa settimana, in Germania, è stato approvato dal parlamento un aumento del salario minimo a 12 euro all’ora (un aumento del 15% dai 9.35 euro all’ora finora previsti), che entrerà in vigore dal prossimo ottobre.
Il minimo salariale nell’Unione Europea ha un’entità decisamente variabile: dai 332 euro al mese previsti in Bulgaria ai 2.257 in Lussemburgo.
Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, ha classificato i paesi membri dell’Unione Europea in base al reddito lordo mensile minimo, dividendoli in tre categorie differenti. Nel primo gruppo, che include Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Germania e Francia ci sono i paesi con un salario minimo nazionale superiore ai 1.500 euro mensili. Nel secondo gruppo, composto da Slovenia e Spagna, compaiono i paesi con un minimo salariale compreso tra i 1.000 e i 1.500 euro. Nel terzo gruppo i restanti paesi dell’Unione Europea con un reddito minimo mensile inferiore ai 1.000 euro.
Il paese che è cresciuto di più nel decennio tra il gennaio 2012 e il gennaio 2022 è stato la Romania, con una crescita del 12.3%, seguito da Lituania, 12.1%, e Bulgaria, 9.2%.