La scissione dei dimaiani dal Movimento 5 Stelle, ufficializzata il 21 giugno, ha posto ancora una volta al centro dell’attenzione collettiva il tema dei cosiddetti “cambi di casacca” tra i vari gruppi parlamentari.
Riportiamo quanto pubblicato dal portale Openpolis in riferimento alla definizione dei gruppi parlamentari: “I gruppi rappresentano la proiezione dei partiti all’interno del parlamento. Ogni parlamentare deve aderire ad un gruppo ma può scegliere a quale senza vincoli. E può anche cambiare liberamente nel corso della legislatura. Se non aderisce a nessun altro gruppo, viene inserito d’ufficio nel gruppo misto”.
Ironicamente, l’accento posto sulla questione dei cambi di casacca è dovuto proprio ad una scissione interna al Movimento 5 Stelle, il partito che più di ogni altro, da circa una decade, ha tentato di ostracizzare i parlamentari inclini alla pratica del trasformismo. Proprio il ministro Di Maio è stato tra i componenti del Movimento maggiormente critici nei confronti dei trasformisti, e in alcuni interventi arrivò addirittura a richiedere un risarcimento per i presunti danni di immagine nei confronti dell’ormai suo ex partito di appartenenza.
Il nuovo gruppo parlamentare della Camera dei Deputati, composto dai 52 seguaci del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha preso il nome di “Insieme per il Futuro”. Al Senato, invece, non si è ancora formato un nuovo gruppo, ma pare che saranno 11 senatori ad abbandonare il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle. Il gruppo al Senato, comunque, per via dell’articolo 14 del Regolamento del Senato deve «rappresentare un partito o movimento politico che abbia presentato alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno, conseguendo l’elezione di Senatori», e non potrà dunque prendere il nome di “Insieme per il Futuro”.
Secondo quanto riportato da Pagella Politica, la scissione dei dimaiani, che coinvolge complessivamente almeno 62 parlamentari, sarebbe la più numerosa della storia della Repubblica. Il portale dedicato al fact-checking delle dichiarazioni dei politici ha analizzato i dati sui gruppi parlamentari di tutte le 18 legislature e, come riportato nell’articolo scritto da Federico Gonzato e Laura Loguercio, il numero di deputati e senatori coinvolti dalla scissione del Movimento 5 stelle è il più elevato dal 1948 a oggi. Negli ultimi dieci anni, le altre scissioni più numerose hanno riguardato l’uscita di Angelino Alfano dal Popolo della Libertà nel 2013 (58 parlamentari coinvolti) e l’uscita del gruppo di Articolo Uno dal Partito democratico nel 2017 (48 parlamentari).
Durante l’attuale Legislatura, la diciottessima, il Movimento 5 Stelle è stato il partito maggiormente danneggiato dai cambi di casacca.
Il Movimento 5 Stelle ha perso, nel complesso, 154 parlamentari dall’inizio della legislatura, cedendo lo scettro di gruppo parlamentare maggiormente numeroso alla Lega di Matteo Salvini, nonostante nelle elezioni del 2018 il Movimento avesse ottenuto più del 32% delle preferenze degli elettori sia alla Camera che al Senato, contro il 17% circa della Lega.
Il magazine YouTrend, dedicato alle analisi numeriche della politica, ha raccolto il flusso dei parlamentari da un gruppo all’altro in questa legislatura, sia alla Camera che al Senato.
Alla Camera il gruppo maggiormente penalizzato è stato quello composto dai parlamentari del Movimento 5 Stelle, che hanno perso più della metà dei propri membri, passando da 222 a 105 deputati. Anche il Partito Democratico ha perso nel complesso 14 deputati, principalmente a causa della scissione del 2019 del gruppo dell’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che fondò Italia Viva in seguito alle frizioni con l’allora segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti. I partiti che hanno beneficiato dei cambi di casacca sono stati Lega e Fratelli d’Italia, i cui gruppi parlamentari sono aumentati rispettivamente di 7 e 5 unità. Sempre nel centrodestra, Forza Italia è risultato invece danneggiato, avendo perso 21 parlamentari dall’inizio della legislatura.
Al Senato la situazione è simile a quella della Camera dei Deputati. I gruppi maggiormente penalizzati risultano ancora Movimento 5 Stelle (da 109 a 62 senatori), Partito Democratico (da 52 a 39) e Forza Italia (da 61 a 51), mentre i gruppi che hanno approfittato dei cambi di casacca risultano Lega (da 58 a 61 senatori) e Fratelli d’Italia (da 18 a 21).
Nel complesso, dunque, e conseguentemente alla scissione dei dimaiani, i cambi di casacca della legislatura attuale sarebbero 394, con 270 parlamentari complessivamente coinvolti.
In generale, e secondo quanto riportato dal portale Openpolis, quella attuale non è comunque la legislatura in cui ha avuto luogo il maggior numero di cambi di gruppo parlamentare. Nella scorsa legislatura, la diciassettessima, abbiamo assistito a 569 cambi di gruppo parlamentare, con 348 parlamentari complessivamente coinvolti (alcuni parlamentari hanno cambiato gruppo più di una volta).
Gli eventi che generalmente comportano il maggior numero di cambi di casacca durante le legislature sono le cadute dei governi, che determinano solitamente dei cambiamenti tra le coalizioni che vanno poi a comporre il governo successivo, oppure eventi che segnano in particolar modo lo scenario sociale e politico, come ad esempio la pandemia da coronavirus o il conflitto in Ucraina. Dopo la caduta del governo Conte I e la successiva esperienza del governo Conte II i cambi di casacca sono stati 51; seguentemente, invece, alla nascita del governo Draghi i cambi di casacca sono stati 44. La scissione dei 62 dimaiani, secondo quanto affermato dallo stesso Ministro degli Esteri durante la conferenza stampa del 21 giugno in cui ha annunciato l’abbandono del Movimento 5 Stelle, sarebbe stata causata da una inconciliabile differenza di vedute riguardo il sostegno italiano all’Ucraina.