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La Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza che garantiva il diritto all’aborto a livello federale

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la storica sentenza Roe v. Wade che da 50 anni regolamentava il diritto all’aborto negli Stati Uniti.

La sentenza della Corte Suprema è stata definita dal New York Times, in un articolo di Adam Liptak, come una decisione che «trasformerà la vita del paese, condizionerà la politica nazionale e porterà a un divieto totale di praticare l’interruzione di gravidanza in metà degli stati».

Il ribaltamento di Roe v. Wade garantirà ai singoli stati l’autorità legale di regolamentare o vietare la procedura in qualsiasi momento della gravidanza, compresa la fecondazione, ponendo fine, de facto, alla protezione federale in materia di aborto garantita dalla sentenza Roe v. Wade.

Il voto della Corte, che è composta da nove giudici, è stato di 6 favorevoli e 3 contrari a sostenere una legge del Mississipi particolarmente restrittiva, che vieterà l’aborto dopo le 15 settimane di gravidanza. La legge non era ancora entrata in vigore nello stato del Mississipi perché le corti inferiori avevano stabilito che fosse in contrasto con il diritto all’aborto stabilito dalla Corte Suprema nel 1973 con la sentenza Roe v. Wade.

Manifestati anti-aborto riuniti di fronte alla Corte Suprema degli Stati Uniti

I 6 giudici ad aver votato a favore del ribaltamento della Roe v. Wade sono stati i conservatori Samuel Alito, Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett (gli ultimi tre nominati dall’Amministrazione Trump) e il presidente della Corte John Roberts. I 3 giudici ad aver votato contro sono stati i liberali Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan. È una grossa vittoria politica per i Repubblicani, che da tempo stavano portando avanti una campagna a livello nazionale per ribaltare la Roe v. Wade e negli scorsi anni erano riusciti a nominare alla Corte Suprema giudici notoriamente anti-abortisti.

Nel parere scritto dal giudice conservatore Samuel Alito, la cui bozza era stata fatta trapelare ad inizio maggio dal quotidiano statunitense POLITICO, si legge che «Roe v. Wade è stata eccezionalmente sbagliata fin dal principio. […] È tempo di obbedire alla Costituzione e di restituire il tema dell’aborto ai rappresentati eletti dal popolo».

Dodici stati governati dal partito Repubblicano sono già pronti a rendere l’aborto illegale tramite le cosiddette trigger laws, ovvero delle leggi non applicabili ma che possono diventarlo nel caso in cui si verificasse un cambiamento favorevole delle circostanze, che in questo caso è rappresentato dalla sentenza emessa della Corte Suprema.

Stati americani divisi in tre categorie: stati che potrebbe eliminare o restringere il diritto all’aborto; stati incerti; stati in cui resterà garantito. Mappa del New York Times

Secondo quanto riportato dal New York Times gli stati americani che con ogni probabilità introdurranno leggi che elimineranno quasi totalmente il diritto all’aborto, conseguentemente alla decisione della Corte Suprema, saranno Alabama, Arkansas, Idaho, Kentucky, Louisiana, Mississipi, Missouri, North Dakota, Oklahoma, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah, West Virginia e Wyoming. È inoltre probabile che Arizona, Florida, Georgia, Ohio e South Carolina introdurranno leggi maggiormente restrittive.

La sentenza Roe v. Wade garantiva il diritto costituzionale all’aborto prima del periodo tra le 23 e le 28 settimane di gravidanza, oltre le quali il feto può sopravvivere al di fuori del grembo materno. Alcuni stati hanno comunque ristretto il termine per l’aborto alle settimane precedenti, anche seguentemente alla sentenza del 1973.

Grafico del New York Times che mostra in quali stati americani è probabile che il diritto all’aborto venga eliminato o ristretto, in base alle settimane di gravidanza

 

 

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