venerdì, Novembre 22, 2024
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Tensione tra Kosovo e Serbia: spari sulla polizia kosovara aumentano timori escalation

Domenica notte, al confine tra Kosovo e Serbia, hanno avuto luogo delle grosse proteste che hanno determinato forti tensioni tra i due paesi, facendo accrescere il timore di una escalation militare.

La disputa riguarda un obbligo imposto dal governo del Kosovo sull’utilizzo delle targhe kosovare al posto di quelle serbe, particolarmente diffuse tra la minoranza serba presente nello stato balcanico, che nel nord del Kosovo rappresenta la maggioranza della popolazione. Le targhe avrebbero dovuto essere sostituite entro due mesi.

Tra le altre cose, il governo del Kosovo aveva anche annunciato che a partire da lunedì, tutti i cittadini serbi in possesso di una carta d’identità o di un passaporto avrebbero dovuto procurarsi un ulteriore documento per recarsi nello stato confinante: una misura equivalente a quella attualmente in vigore per l’ingresso dei cittadini kosovari in Serbia.

Centinaia di manifestanti di etnia serba avevano costruito delle barricate in corrispondenza dei due principali passaggi di confine tra Kosovo e Serbia. I manifestanti avevano parcheggiato diversi mezzi di trasporto, e secondo l’agenzia di stampa Reuters, sarebbero stati sparati dei colpi d’arma da fuoco in direzione della polizia kosovara presente sul posto, che in risposta avrebbe chiuso i passaggi di confine. Alcuni cittadini albanesi presenti sul posto sarebbero stati picchiati dai manifestanti, che avrebbero anche attaccato alcune delle auto incolonnate.

Un ponte chiuso dalla polizia dopo varie tensioni nella città kosovara di Mitrovica, il 31 luglio

Il primo ministro del Kosovo Albin Kurti, ha pubblicato un video sui suoi canali social nel quale ha detto che «le prossime ore, giorni e settimane potrebbero essere difficili e problematici».

Conseguentemente alle proteste dei manifestanti e al rischio di una rapida escalation, comunque, il governo del Kosovo ha deciso di rimandare l’implementazione delle nuove regole al 1 settembre 2022. Nel comunicato stampa pubblicato da Kurti si legge che «in cooperazione con i nostri alleati internazionali, ci impegniamo a posticipare l’implementazione delle decisioni sulle targhe e sui documenti per l’entrata e l’uscita dai passaggi di confine con la Serbia per trenta giorni, a condizione che tutte le barricate vengano rimosse e che la completa libertà di movimento sia ripristinata».

Proteste simili avevano avuto luogo già lo scorso anno, anche allora per via delle targhe degli autoveicoli. Secondo diversi osservatori ed analisti, comunque, questa volta le tensioni sarebbero maggiori per via dell’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina, alla quale è dedicata la quasi totale attenzione dei principali alleati del Kosovo: gli Stati Uniti e l’Unione Europea.

Il Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia nel 2008, nove anni dopo una campagna militare della NATO durata 78 giorni e che aveva obbligato le forze militari serbe a ritirarsi. La Serbia, così come i suoi principali alleati, Russia e Cina, non riconosce l’indipendenza del Kosovo, e insiste nel proteggere le persone di etnia serba ancora presenti sul territorio kosovaro, che costituiscono circa il 5% degli 1.8 milioni di cittadini dello stato balcanico. Poco meno della metà delle persone di etnia serba che vivono in Kosovo, risiedono nelle quattro municipalità a nord del paese, al confine con la Serbia, e sono particolarmente riluttanti nel riconoscere l’autorità del governo di Pristina, la capitale del Kosovo.

L’Unione Europea ha svolto la funzione di mediatore tra i due governi fin dal 2011, riuscendo lentamente ad ottenere che la polizia, le corti e le municipalità passassero sotto il controllo del Kosovo. Tuttavia, i nazionalisti serbi, incoraggiati dalla leadership politica di Belgrado, hanno più volte tentato di bloccare la totale integrazione protestando fortemente.

«Noi pregheremo per la pace e cercheremo la pace, ma non ci sarà alcuna resa e la Serbia vincerà», ha detto il presidente serbo Aleksandar Vucic durante una conferenza stampa tenutasi domenica. La Serbia è un paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea, ma ha mantenuto forti legami con la Russia, e non ha imposto sanzioni conseguentemente all’invasione russa dell’Ucraina. I rappresentati serbi alle Nazioni Unite hanno comunque votato a favore di una risoluzione per condannare l’invasione.

A man passes by graffiti depicting Russian President Vladimir Putin, reading: "Kosovo is Serbia" in Belgrade, Serbia, Monday, Aug. 1, 2022. Kosovo's authorities early Monday moved to ease mounting ethnic tensions in the country by delaying a controversial order on vehicle license plates and identity cards that triggered riots by minority Serbs who put up roadblocks, sounded air raid sirens and fired their guns into the air. (AP Photo/Darko Vojinovic)
Un uomo passeggia davanti ad un graffito che raffigura il presidente russo Vladimir Putin, con affianco la scritta “Kosovo è Serbia”, a Belgrado, in Serbia.

Serbia e Russia sono legate soprattutto per via dell’animosità nei confronti della NATO, seguentemente ai bombardamenti dell’alleanza atlantica nel territorio della ex Jugoslavia nel 1999. La NATO attualmente è presente in Kosovo con 3700 truppe facenti parte di una missione di peacekeeping. In un comunicato stampa, l’alleanza atlantica ha annunciato che le forze militari presenti in Kosovo sarebbero state «pronte ad intervenire se la stabilità della regione» fosse stata compromessa.

In caso di conflitto, la NATO sarebbe pronta ad intervenire entro 48 ore. La 173esima brigata aviotrasportata delle forze armate degli Stati Uniti sarebbe trasportata all’aeroporto di Pristina mentre la brigata di paracadutisti della Folgore, l’unica grande unità aviotrasportata dell’Esercito Italiano, sarebbe trasportata all’aeroporto di Gjakova, che l’Esercito Italiano ha costruito proprio per questo scopo. Anche la brigata meccanizzata Pinerolo, una grande unità dell’Esercito Italiano che ha il suo comando a Bari, sarebbe pronta ad intervenire entro 72 ore.

 

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