venerdì, Novembre 22, 2024
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Il centrodestra è diviso sulle sanzioni europee alla Russia

Domenica, durante un dibattito ospitato dal Forum Ambrosetti a Cernobbio, in provincia di Como, è emersa una considerevole distanza nelle posizioni di Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, e Matteo Salvini, segretario della Lega, rispetto alle sanzioni europee nei confronti della Federazione Russa.

Il Forum Ambrosetti è un incontro internazionale di discussione su temi principalmente economici che si tiene ogni anno dal 1975, organizzato dalla società di consulenza The European House – Ambrosetti in forma privata, e al quale partecipano importanti politici, imprenditori ed economisti. In particolare, nell’edizione di quest’anno, la quarantottesima, erano rappresentate aziende dal valore di 50.000 miliardi di dollari, «circa 28 PIL italiani», come ha sottolineato l’inviato di Repubblica Andrea Greco.

Nella giornata di domenica si è tenuto un discusso dibattito tra i leader dei principali partiti italiani, ad ognuno dei quali sono stati concessi dieci minuti per tenere un breve discorso, a cui ha fatto seguito una domanda del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, scelto come moderatore del dibattito. I leader presenti erano il segretario del Partito Democratico Enrico Letta, il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, il leader del Terzo Polo e segretario di Azione Carlo Calenda, e il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, oltre ovviamente a Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

Forum Ambrosetti
I leader dei partiti durante il dibattito organizzato dal Forum Ambrosetti. Da sinistra a destra: il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, il segretario della Lega Matteo Salvini, il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, il segretario del Partito Democratico Enrico Letta, e il leader del Terzo Polo Carlo Calenda. Il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte era in collegamento video.

Durante il suo intervento, la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha ribadito il supporto del suo partito alla scelta dell’Unione Europea di infliggere delle sanzioni nei confronti della Federazione Russa, conseguentemente all’invasione non provocata ai danni dell’Ucraina. «Se l’Italia si sfila dai suoi alleati, per Kiev non cambia niente ma per noi sì», ha detto Meloni durante il suo intervento, riaffermando come il posizionamento dell’Italia rispetto al conflitto in Ucraina sia una questione «di credibilità» e di scambi commerciali con l’Occidente. Come sottolineato dal quotidiano online Il Post, la posizione atlantista, cioè in linea con la posizione dell’Occidente e della NATO, di Fratelli d’Italia in realtà «è piuttosto recente», e in più occasioni negli scorsi anni, la linea ufficiale del partito era quasi sovrapponibile con quella della Lega rispetto al posizionamento internazionale. In particolare, Fratelli d’Italia «aveva chiesto di rimuovere le sanzioni europee decise contro la Russia dopo l’invasione e l’annessione della Crimea, non riconosciuta dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale».

Negli anni, comunque, Giorgia Meloni ha rivisto le proprie posizioni sovraniste, tentando di mostrarsi una leader rassicurante per i partner internazionali, che non pregiudicasse, dunque, il posizionamento dell’Italia rispetto ai propri alleati nel caso di una eventuale vittoria alle elezioni politiche, che si terranno domenica 25 settembre. Nel 2020, tra l’altro, Meloni è stata eletta presidente dell’ECR, il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei, allontanandosi in maniera apparentemente definitiva dalla destra euroscettica del gruppo Identità e Democrazia, di cui fanno parte la Lega del suo alleato di coalizione Matteo Salvini e il partito di estrema destra francese Rassemblement National, di cui è a capo Marine Le Pen.

Un manifesto diffuso da Giorgia Meloni del settembre del 2020, conseguentemente alla sua elezione alla presidenza dell’ECR, il Partito dei Conservatori e dei Riforimisti Europei

Matteo Salvini, invece, intervenuto subito dopo Meloni, ha utilizzato nove dei dieci minuti messi a disposizione per il suo intervento durante il dibattito per mostrare il suo scetticismo rispetto all’efficacia delle sanzioni europee nei confronti della Federazione Russa. Tra le altre cose, Salvini è stato l’unico dei leader che hanno partecipato al dibattito a servirsi di slide durante il proprio intervento. «Mi ero portato da casa dieci  cartelle. Volevo raccontarvi dello stop alla Fornero e di quota 41. No. Parto da quello che mi stimola», ha esordito il leader della Lega, prima di mostrare al pubblico del Forum Ambrosetti una serie di diapositive composte principalmente da estratti e titoli di articoli della stampa italiana e di quella estera, il cui intento era evidentemente convincere l’audience della bontà della propria tesi.

Tuttavia, i dati citati da Salvini sono, per la gran parte, privi di contesto. Secondo l’inviato di Repubblica Andrea Greco, per di più, servono «ad avvalorare una tesi cara al Cremlino: le sanzioni fanno piangere l’Europa». Tra le slide mostrate dal leader della Lega c’era anche una copertina del noto settimanale brittanico The Economist, dal titolo «Are sanctions on Russia working?» (Le sanzioni alla Russia stanno funzionando?). In realtà, nell’articolo del The Economist viene ribadito come sia assolutamente necessario proseguire sulla linea adottata dalle democrazie occidentali, e semmai viene sottolineato come lo strumento sanzionatorio sia, in qualche modo, monco senza un embargo completo agli idrocarburi russi da parte dell’Unione Europea.

«Are sanctions on Russia working?» (Le sanzioni alla Russia stanno funzionando?). Copertina dell’edizione del The Economist della settimana del 27 agosto.

Salvini ha inoltre citato un’intervista al Sole 24 Ore dell’ex amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni, che aveva suggerito di mitigare i danni collaterali delle sanzioni e che durante l’intervista aveva riportato un rapporto secondo cui la Russia ha ottenuto un «surplus commerciale di 140 miliardi di dollari». In realtà, secondo Olga Skorobatova, vicegovernatrice della Banca centrale russa, la Russia avrebbe «bruciato quasi cento miliardi di dollari per tenere in piedi la nostra economia», per via della decisione del presidente russo Vladimir Putin di invadere l’Ucraina, e secondo Rosstat, l’istituto nazionale di statistica della Russia, nell’estate del 2022 l’industria nazionale è crollata. Su ventiquattro settori presi in esame, 18 hanno subito un calo che va dal 6% del settore alimentare fino al 90% di quello automobilistico.

Secondo Ruben Yenikopolov, rettore della Scuola russa di economia, «la luce russa non si è spenta subito perché l’Europa non ha ridotto e non sta riducendo così rapidamente l’acquisto delle nostre risorse energetiche».

La realtà alternativa diffusa dalla propaganda del Cremlino, dunque, attecchisce non solo in patria ma anche in Europa, e a farle da megafono c’è anche il leader della Lega Matteo Salvini, che non è mai stato particolarmente trasparente rispetto ai rapporti tra il suo partito e Russia Unita, il partito di Vladimir Putin.

Secondo l’ultimo sondaggio condotto dall’istituto di ricerca YouTrend e commissionato da Sky TG 24, la maggior parte degli elettori di centrodestra non sostiene la scelta di aver imposto delle sanzioni alla Russia.

 

 

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