venerdì, Novembre 22, 2024
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La nuova povertà sanitaria: perché curarsi è diventato un lusso

La nuova povertà sanitaria: perché curarsi è diventato un lusso – Un italiano su dieci vive in condizioni di povertà assoluta; così comprare un‘aspirina o prenotare una visita medica è divenuto il nuovo lusso del ventunesimo secolo.

Secondo gli ultimi dati del Servizio Sanitario Nazionale, il 7% della popolazione residente in Italia, ovvero 390mila persone, si trovano in una situazione economicamente disagiata.

Persone che non riescono a curarsi e che hanno dovuto affidarsi ad una delle 1806 realtà assistenziali del Banco Farmaceutico per poter avere gratuitamente i farmaci e le cure di cui hanno bisogno.

Sergio Daniotti, Presidente della Fondazione Banco Farmaceutico spiega: “la povertà sanitaria continua a rappresentare un grave problema per migliaia di famiglie. Purtroppo, le condizioni di chi vive in Italia non sono destinate, nell’immediato futuro, a migliorare; questo a causa di alcuni effetti persistenti della crisi economica derivata dalla pandemia e dalla grave situazione internazionale. Speriamo che i dati del nostro Rapporto, siano letti dalle Istituzioni”.

I dati che emergono dal Rapporto

Il Servizio sanitario nazionale non copre totalmente i costi dei farmaci, una parte rimane a carico dei cittadini.

Nel 2021, una spesa di 3,87 miliardi di euro è stata pagata dalle famiglie con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente.

Una persona indigente dispone di 10 euro al mese di budget per la propria salute, a differenza di una persona non povera, che ha a disposizione sei volte tanto, ovvero 60 euro mensili.

Dai dati emersi si profila una situazione nazionale, non solo di sconfitta dal punto di vista istituzionale ed assistenziale, ma soprattutto dal punto di vista etico. La totale non curanza da parte dello Stato, in merito alla povertà sanitaria, è di sfiducia totale e costante, nei confronti di chi ci governa.

Ma lo sconforto più grande è dato dalla rinuncia, da parte dei cittadini, alle cure; praticata da 27 famiglie povere su 100, per un totale di 15 famiglie su 100.

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