Gli accordi per l’ambiente, se rispettati, sono la prova che è possibile far smuovere qualcosa. Lo testimonia l’annuncio che arriva direttamente dalle Nazioni Unite: entro il 2045 il buco nello strato di ozono sopra l’Artico si sarà completamente riformato, tornando ai livelli precedenti al 1980.
Studiando i poli, gli scienziati scoprirono come l’ozonosfera si stesse assottigliando di anno di anno. Senza protezione dell’ozonosfera, il rischio era quello di ricevere più radiazioni solari dannose, incrementando il rischio di sviluppare tumori alla pelle, accelerare l’invecchiamento cutaneo e alterare in generale il sistema immunitario di tutti gli esseri viventi.
Il primo a parlare di “buco dell’ozono” è stato lo scienziato americano Frank Sherwood Rowland, che nel 1995 ha ricevuto il premio Nobel per la Chimica proprio per il suo lavoro sulla chimica dell’atmosfera. La sua ricerca più conosciuta è la scoperta che i clorofluorocarburi (Cfc) contribuiscono all’assottigliamento dell’ozonosfera, realizzata nel 1974. I Cfc vennero vietati nel 1990. Nel 2016, durante il 28esimo incontro sul tema, sono stati vietati anche gli idrofluorocarburi (Hfc), gas ad effetto serra 14mila volte più potenti della CO2. Anche all’epoca non mancarono i negazionisti: diversi scienziati e istituzioni ritenevano che il fenomeno fosse alimentato esclusivamente da cause naturali, come le eruzioni vulcaniche.
La notizia che il buco dell’ozono si stia chiudendo è la dimostrazione che gli accordi ambientali, se fatti rispettare, funzionano. Un segnale di speranza per il futuro: i prossimi obiettivi sulla riduzione dei gas serra, per la neutralità climatica, possono essere raggiunti solamente quando tutti gli stati inizieranno a cooperare per davvero. Sarebbe il caso di fare tesoro di questa esperienza prima della prossima conferenza sul clima.
(Fonte LifeGate)
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