Quando si parla di Napoli e gli viene accostata la parola musica, viene subito da strimpellare qualche pezzo di Gigi D’Alessio, ridacchiando un po’ o, almeno, è stato così per molto tempo, specie per i giovani. La musica partenopea è da sempre collegata alla musica neomelodica, la famosa Camorra Music rappresentata, per capirci meglio, oltre che dal nostro Gigi, da Maria Nazionale, Gigione, Tommy Riccio.
Nella cultura di massa degli ultimi dieci anni, Napoli è stata presentata in due modi: da un lato come luogo di emergenze rapine, uccisioni, sintetizzate dalle varie incarnazioni del marchio Gomorra; dall’altro come città da cartolina che fa successo all’estero, una mitologia tornata alla ribalta grazie ai quattro libri de L’amica geniale di Elena Ferrante.
Finalmente, le cose stanno cambiando. La musica partenopea inizia ad apparirci diversa: siamo di fronte ad una vera e propria rinascita. Liberato ha rilanciato l’idea di canzone napoletana con un uso intelligente del dialetto, un uso nuovo. I Nu Guinea, con Nuova Napoli, sono diventati dei producers di culto. Tutto questo è positivo, ma non è certo da qui che parte il successo della musica partenopea. Per capire meglio l’evoluzione della musica napoletana, è necessario fare qualche passo indietro.
Gli inizi della musica napoletana
Fino agli inizi degli anni ’60 la musica in Italia era targata Napoli. Napoli è stata sempre rivoluzionaria da un punto di vista musicale e anche storiografico della musica, perché essendo una città di mare, quindi un porto, è sempre stata aperta a tante culture, ognuna delle quali ha lasciato la propria impronta. Basti ricordare che, negli anni ’50, Napoli ha portato in Italia il jazz e lo swing Americano.
Il capostipite di grandi musicisti napoletani è indubbiamente Carosone, ma – alla fine degli anni ’50 – un grande innovatore è anche Peppino di Capri che, rifacendosi allo stile di Johnny Ray, arrangiava le canzoni napoletane in chiave moderna, usando lo stile del rock ‘n roll americano.
Perfino Modugno, ci ha fatto sognare con canzoni in dialetto napoletano, tra cui la bellissima “Tu si ‘na’ cosa grande” portata al festival di Sanremo del 1964, rimasto ancora oggi nel cuore di tutti noi.
E poi, gli anni ‘60 e i famosi festival Napoletani. Non c’è cantante famoso che non sia passato da lì: Equipe 84, Peppino Di Capri, Giorgio Gaber. Vi partecipò anche un gruppo che si chiamava Vito Russo e i 4 Conny, di cui vi faceva parte James Senese e un giovanissimo Mario Musella, che ritroveremo qualche anno più tardi negli Showmen.
… il blues di Pino Daniele
E ancora, e più di tutto, negli anni ’70 Pino Daniele. Sembrava una contraddizione in termini e, invece, è stata una delle più belle e geniali intuizioni della musica italiana: blues napoletano. Si, è questo che Pino portò a Napoli e nel mondo. Qualsiasi cosa suonasse, si trasformava in musica.
Pino iniziò una serie di collaborazioni con Jenny Sorrenti, con la quale incise un disco, facendo il turnista in sala di registrazione. E nel 1975 iniziò una tournée con Bobby Solo, che faceva rock‘n’roll con brani di Elvis Presley oltre al suo materiale. Bobby Solo conobbe Pino Daniele qualche mese prima nella sua sala di registrazione a Roma, poiché con Jenny Sorrenti stava registrando il disco “Suspiro”, e apprezzando il suo stile gli chiese di suonare per lui in tournée in Belgio.
Nei dischi di Pino, partecipa ai fiati un mostro sacro: Enzo Avitabile, una figura eccezionale capace di passare dal pop, al rap, al blues, al funky, al soul, quasi senza fatica. Sempre attorno a lui gravita, poi, Tony Esposito, uno dei più grandi percussionisti. Il sound ritmico è un funky-jazz fantastico.
Furono anni davvero importanti dal punto di vista culturale, anni che hanno stravolto in maniera indelebile lo stile musicale dell’epoca e di oggi. È proprio da quegli anni che sono partiti quei talenti che ancora oggi continuano a fare musica in Italia, che ancora oggi canticchiamo e ricordiamo tutti.
La musica Napoletana non proviene dalla ” Camorra Music”, ma da questi movimenti e personaggi che hanno fatto la storia.
… Oggi
Solo con queste premesse, possiamo tornare ad oggi, a questo nuovo sviluppo della musica partenopea.
Questa estate i Nu Guinea sono stati il nome più caldo e molto lo si deve a Liberato. Non solo perché il duo ha aperto l’iconico concerto del 9 maggio sul lungomare di Napoli, ma anche perché il producer ha avuto il ruolo principale nello sdoganamento dell’immaginario partenopeo.
La musica di Liberato è un fortunato connubio tra la tradizione neomelodica e le tendenze trap e R’n’b degli ultimi anni, ma non c’è solo questo. Il progetto di Liberato arriva anche visivamente, raccontandoci una città moderna e consapevole , al centro le nuove generazioni. Inoltre, racconta il multiculturalismo e la realtà LGBTQ+, come dimostrano i video di Gaiola portafortuna e Me staje appennenn’ amò. Senza dimenticare la costruzione di un immaginario super realista attraverso il profilo Instagram. L’attenzione è sulle possibilità di una città che guarda al futuro.
Milano è la città che detta le tendenze culturali del Paese, Roma vive del suo fascino eterno, pur fra mille problemi. A queste due si aggiunge Napoli, che costituisce un’alternativa capace di preservare le tradizioni e aprirsi all’Europa. Stiamo iniziando a capirlo per davvero. Bisogna, adesso, tradurre questo patrimonio simbolico in ricchezza reale.
[…] P.s. Se non sai chi è Liberato, ti suggeriamo il nostro articolo: Non solo Neomelodico, la musica napoletana da ieri a oggi […]