Disposizione avanzata dal Tar, a spese di famiglia ed associazione. Il murale di Ugo Russo non poteva essere tollerato
di Nicolaos Nicolau
Passati quasi tre anni dalla notte del 1 marzo 2020, quando il giovane 15enne Ugo Russo venne ucciso tra le strade del centro. Si trattò e si tratta ancora di un caso estremamente discusso, capace di mettere in difficoltà l’intero apparato giudiziario italiano. Quest’ultimo, messo a confronto all’apice della propria coscienza con il significato più profondo della giustizia. Summum ius summa iniuria, così Cicero scriveva durante la repubblica romana parlando di politica ma soprattutto di diritto. L’analogia con il caso avvenuto in una viuzzola adiacente al lungo mare risiede nel significato della massima.
Espressione da contemperare al contesto di un omicidio verso un ladro minorenne e ad un ambiente nel quale la facevano da padrone le notizie sul fenomeno baby gang. Attenzione chirurgica, anche da parte dei giudici, all’applicazione della legge che potrebbe uccidere il proprio spirito se isolata dal contesto. Intanto le accuse imputate al carabiniere Christian Brescia, allora fuori servizio, rimangono pesanti: omicidio volontario. La procura di Napoli ha ottenuto la fissazione dell’udienza preliminare l’otto febbraio scorso, dove si deciderà il futuro di una possibile legittima difesa ma poi divenuta un far West.
Ugo Russo, la rimozione del murale
Sempre più vittime, che siano dello Stato o della malavita, vengono come già precedentemente citato giudicate dal proprio passato. Ugo Russo non sarà l’eccezione e come volevasi dimostrare durante gli ultimi appelli del comitato “Verità e giustizia per Ugo Russo” o della famiglia, la storia del ragazzo risulta sempre oscurata dai precedenti penali del genitore o dall’immagine che pubblicizza tale storia. A pagarne le conseguenze sarà anche il murale dedicato al giovane sui muri dei Quartieri Spagnoli.
La sentenza del Consiglio di Stato aveva già imposto da tempo a Palazzo San Giacomo di rimuovere l’opera dal condominio di Piazza Parrocchiella, azione avvenuta stamane. Dopo le 11 del mattino, a spese della famiglia e del comitato, il murale non esiste più. Ormai da tempo il direttore generale del Comune di Napoli Pasquale Granata, alla presenza dell’assessore alla Sicurezza Antonio De Iesu, aveva contattato l’amministratore del condominio dove sorge il murale per chiedere quali fossero le intenzioni del comitato per la rimozione del murale.
«Entro questa settimana devono dirci se vogliono cancellare il murale a loro spese altrimenti provvederemo noi e, per certo, le spese di rimozione che verranno addebitate saranno certamente superiori»
La fretta per l’eliminazione di questa rappresentanza risiede nell’uso comune tra i vicoli di Napoli nell’ addobbare alcuni muri o altarini dedicati a vittime facenti parte della malavita partenopea. Per alcuni sembrerà un aspro gesto per evitare ulteriori movimentazioni per altri una giusta risposta alla cattiva pubblicità sulla nostra città.
Il fantasma dei Murales
Sono anni duri per la street art napoletana, rappresentata dall’alto da Jorit, che si vedrà difendere le proprie opere da tutti ma mai dalla legge. De facto la maggior parte delle opere murarie esposte sui muri del nostro centro storico sono qualificate dall’amministrazione come illegittime, immorali, violanti il piano regolatore o di cattivo gusto. La messa in manette dell’arte e violazione di alcuni patrimoni artistici è sempre preceduta da uno sfondo di natura puramente politica. Il prodromo di tali decisioni, come nel caso di Ugo Russo o Luigi Caifa, risiede nella rappresentanza dei protagonisti dell’opera. Inizialmente, la Soprintendenza poteva riconoscere le opere dei due giovani come arte decorativa. I cavilli politici, però, saltano con l’avanzamento delle sentenze e dal tentativo di aggirare i dettami di alcune leggi. Infatti, nello specifico di tutte le rappresentazioni di malavitosi, si alimenta e condiziona in maniera spesso decisiva il giudizio popolare o degli stessi giudici.
Il fantasma dei murales, quindi, agisce tramite una censura precisamente indirizzata. Napoli, sebbene ricca di arte e madre di future opere da interpretare, ma è anche il frutto di una spicciola Street Art volta alla divulgazione di significati discutibili come quello della criminalità. L’espressione artistica e ogni tipo di immagine hanno un impatto visivo capace di toccare anche i più profondi aspetti della nostra coscienza civile. Se l’uomo tende a catalogare anche l’astratto, è bene sapere che questo tipo di opere sono da tempo chiuse in una categoria ben riconosciuta dal gip. L’ artista non ha limiti e dato il suo potenziale non è giusto permettere la creazione di modelli di affiliazione e consenso verso il male. Proprio come per la Camorra e per le mafie, l’uso di canzoni neomelodiche o la pubblicità redatta dai social media può nuocere.