Alberto Angrisano è un doppiatore e attore napoletano diplomato Bottega teatrale del Mezzogiorno diretta da Antonio Casagrande. Nel corso della sua carriera da doppiatore ha prestato la voce a personaggi animati dei Looney Tunes, Dean Norris in Breaking Bad, fino ad arrivare a Mahershala Ali in Green Book, film vincitore di ben 3 premi Oscar.
Partiamo da Greenbook, film vincitore di 3 premi oscar, tra cui “Miglior attore non protagonista” a Mahershala Ali, al quale ai prestato la voce per la versione italiana. Senti un po’ tuo questo premio?
“Beh, sentire un po’ mio il premio sarebbe eccessivo. Anche se, il giro mediatico che si è creata intorno a questa cosa mi ha fatto molto piacere. Diverse testate giornalistiche si sono prodigate per dare un volto “alla voce” che ha doppiato Mahershala Ali. L’ho sentito mio nel momento in cui ho avuto riscontri e ricevuto complimenti da molti colleghi, ma anche da sconosciuti. Io sono un esecutore, un replicante che ha cercato di fare il lavoro al meglio, cercando di “incollarmi” all’attore che ha fatto un lavoro straordinario“.
Il film è ambientato negli anni ’60 e la tematica centrale è il razzismo. Nel 2019, cinquant’anni dopo, ci ritroviamo ancora a parlare di razzismo, seppur in maniera differente. Cosa pensi della situazione socio-politica attuale in contrapposizione a quella di quegli anni?
“Non è cambiato niente. La politica di Salvini non mi piace, non mi è mai piaciuta. Questo è un film, secondo me, anche contro la politica di Trump. Nel mondo e, ovviamente, anche in Italia, sappiamo che non è cambiato niente. Sono cambiate le modalità, ma se rifliettiamo, le persone che in Italia vanno a raccogliere i pomodori, la frutta, sono tutte persone di colore. Le persone che consegnano il cibo a domicilio, per fare un altro esempio, sono sempre stranieri, proprio perchè non vengono ancora considerati nostri pari, purtroppo. Signori, il razzismo esiste ed esisterà sempre. Finché non ci sarà un’inversione di tendenza, ma la vedo dura“.
Quali sono le differenze di preparazione tra un personaggio da interpretare e uno da doppiare?
“Quando doppi un personaggio bisogna tener conto che l’attore il lavoro l’ha già fatto. Bisogna mettersi al servizio di quell’attore e non fare niente di più e niente di meno di quanto è stato fatto da lui, altrimenti c’è il rischio che, in gergo, viene chiamato “scollamento”, ovvero di non essere attaccato all’attore e alle sue azioni. Per quanto riguarda la recitazione, il discorso cambia. In base alle battute che hai, al ruolo che devi interpretare, devi adattarti e cercare di rendere quel personaggio. Nel caso de “I bastardi di Pizzofalcone”, lì parliamo di un padre che non prende sul serio il ruolo del figlio e lo mette nei guai. Quando reciti bisogna dare credibilità al personaggio, quando fai un doppiaggio il lavoro è già stato fatto, devi solo incollarti al personaggio, senza portare niente di tuo“.
Nel corso della tua carriera da doppiatore ci sono stati dei personaggi che ti hanno messo in difficoltà?
“Con i cartoni animati io mi diverto moltissimo. Ad esempio nei Looney Tunes doppio Foghorn Leghorn, questo enorme gallo che da piccolo mi faceva divertire moltissimo e non avrei mai immaginato di poter dare la mia voce ad un personaggio del genere. Per quanto riguarda le difficoltà, ci sono state serie televisive ed alcuni cartoni animati che mi hanno messo a dura prova. Ad esempio nelle anime giapponesi è molto difficili doppiare. I giapponesi urlano in modo bestiale, senza aprire molto la bocca ed è una fatica bestiale stargli dietro. La difficoltà dell’attore è quella di dover necessariamente urlare quando non hai la forza per farlo, ridere a crepapelle quando avresti voglia di piangere o viceversa“.
Cosa puoi dirci riguardo i tuoi progetti futuri?
“Mi piacerebbe mettere su una scuola ‘fatta bene’. Penso di avere l’esperienza giusta per poter insegnare qualcosa. Insegno in alcune scuole di colleghi come Christian Iansante e Roberto Pedicini che mi hanno la possibilità di ‘scontrarmi’ con l’insegnamento. Mi diverto molto, mi piace potermi donare ai giovani la mia esperienza in questo settore. Ho studiato alla “Bottega teatrale del mezzogiorno” con Antonio Casagrande, ho lavorato tanti anni a teatro e lì impari. Oggi i ragazzi non hanno queste possibilità ed incappano spesso in situazioni terrificanti in cui non vengono fatte cernite. In questo lavoro non si può mentire. Le doti sono evidenti, da subito e se non si posseggono bisogna guardare in faccia alla realtà, senza illudere nessuno“.