Con questa seconda puntata, dedicata agli studenti, torna la rubrica satirica sul mondo della scuola: il registro del professore.
Tra il serio e il faceto, una piccola pungente lente di ingrandimento sarà puntata sulla galassia scolastica, per comprendere, con levità, il mondo subatomico che la costituisce. Ridendo castigat mores.
Cosa sarebbe la scuola senza alunni?
Feci un sogno. Entravo in un’aula per svolgere una lezione, corazzato di fotocopie, drive pen, penne, fogli, libri, assorto nelle vette sublimi della Letteratura. Già sillabando il buongiorno, aprivo la porta e la classe era vuota. Banchi e sedie allineati, cattedra solidamente piantata, finestre chiuse e silenzio disarmante. Vuota. Nell’assoluta verità del sogno sapevo che la classe non era in gita, non ruotava, non aveva fatto sciopero. Semplicemente erano spariti gli allievi. Vaporizzati. Allo stupore, seguì un’angoscia tenace. Uno smarrimento vertiginoso si impossessò di me, come se fossi rimasto l’unico essere umano sul pianeta Terra.
Cosa sarebbe la scuola senza alunni? Non sarebbe. Gli studenti sono la scuola. La Scuola è per loro. Questa magica alchimia definita trasmissione del sapere ha come fine primo e ultimo, la vera pietra filosofale, la formazione dei giovani. Talvolta i professori, in preda al delirio mistico della Conoscenza, credono di essere loro il terminale dell’istruzione, veri motori immobili da cui tutto emana e a cui tutto torna, ma si sbagliano, essi sono solo un medium, un ponte da attraversare.
Gli studenti sono l’anima della scuola non solo in termini teorici e pratici ma anche sotto l’aspetto propriamente esistenziale e umano: le loro storie, i loro piccoli grandi drammi, la loro vitalità, l’energia, gli slanci e i fallimenti, le curiosità e i dolori, la fatica di crescere, le attese, i desideri danno vita a un luogo unico, che è materiale e immateriale, la Scuola appunto.
Gli studenti rappresentano una categoria dello spirito, una forma della Sfera parmenidea, una prova ontologica, un’emanazione dell’Uno. Essi sono una fauna molto variegata eppure riconoscibile a occhio per le specifiche modalità di abitare il mondo. La transumanza di questa nobile mandria umana inizia al mattino presto, quando, dopo eroiche lotte materne, finalmente sono stati schiodati dai letti dove si erano sigillati con l’Attak, che nemmeno la fiamma ossidrica li scollava.
“Ancora cinque minuti” è il loro mantra del risveglio nei confronti di mamme sull’orlo di una crisi di nervi. Continuano a vagare nel sonno per tutto il tragitto che li conduce alla Fortezza, dove si avviano col passo claudicante dei condannati ai lavori forzati. Intanto dormono dietro alle pupille aperte, rigidamente velate dagli occhiali da sole (anche a dicembre!). Entrati in classe, ritrovano un barlume inatteso di vitalità, ci sono i compiti del giorno prima da copiare! Intanto inizia lo stillicidio delle giustificazioni di assenze e ritardi che gli studenti puntualmente non portano mai, essi non conoscono l’oggetto misterioso chiamato “Libretto delle giustifiche”, che per loro ha le sembianze immaginifiche del Sacro Graal. E allora vai con fogli di ogni forma e misura, cesellati da grafie pseudo genitoriali. Alcuni devono giustificare ancora le assenze delle elementari nonostante siano in V liceo.
La lezione
La lezione inizia, un cieco terrore pervade il gruppo. “Stavolta chiama me, lo sento”, è l’unica onda cerebrale che attraversa le teste tese della classe, mentre queste ritrovano una fede ferrea appellandosi ai santi patroni d’Italia, da Sant’Ambrogio a San Gennaro, senza disdegnare Visnù, Kali e Buddha (in nome del sincretismo religioso) e l’anima di qualche lontano defunto. Scampato il pericolo è la ola. Il povero malcapitato interrogato diventa la vittima sacrificale sull’altare della Dea Bendata. La vita è dura: “meglio a te che a me” è l’inno di solidarietà che accende gli animi degli studenti miracolati.
Intanto qualcuno aveva tentato di giustificarsi con la fantasia di uno sceneggiatore hollywoodiano: visite mediche a go go, visite a parenti emigrati tornati in patria, a zie anziane e solissime, imprecisati impegni familiari, indefinite problematiche familiari, palestre, danze, British, corsi di medicina, ecatombe familiare, tsunami domestici, allagamenti di interi condomini, animali domestici gravi. Altri avevano provato a rendersi invisibili allo sguardo questuante del prof, mimetizzandosi con la sedia, fondendosi col banco, procurandosi lo strabismo, indossando il mantello di Harry Potter. Qualcun altro sviene. Talvolta la tecnica più efficace per evitare la carneficina è il distrattore per il prof: proporgli un argomento che si sa interessargli e far sì che il docente, preso dalla passione, parli tutta l’ora. Altre volte a salvare la truppa arriva, salvifica, la campanella del cambio d’ora o dell’intervallo. Questa pausa a metà mattinata che ha i connotati degli esodi biblici: turbe di studenti vocianti che transumano da un piano all’altro, a ondate migratorie; distributori automatici presi d’assalto manco fosse stata dichiarata guerra all’Iraq; fuggitivi in cerca di spazi vietati per fumare drummini.
Poi si rientra in classe, sempre tardi, dopo che la campanella è suonata già da un quarto d’ora e la giustificazione della sordità incipiente resta un ritornello da otorino laringoiatra. La classe è composta da micro clan, legati da patti di sangue e da amicizie del primo giorno di scuola. Le uniche relazioni costanti sono con i quattro cinque compagni intorno al proprio posto, che al confronto i Guelfi e i Ghibellini erano un’unica grande famiglia. La classe, si sa, è divisa in fila e un invisibile filo spinato elettrizzato separa un gruppo dall’altro. Quelli della fila sinistra, dopo cinque anni, chiamano ancora per cognome quelli della fila di destra e non conoscono nulla delle vite reciproche. Nella fila di centro invece ci sono i “moderati”, che si barcamenano un po’ di qua e un po’ di là.
Le tipologie di studenti
In questa Comunità, simile e omogenea su alcune questioni (studiare poco, scampare le interrogazioni, non offrirsi mai per primi o al posto di altri, far saltare le organizzazioni interne, ecc.), si possono tuttavia distinguere alcune tipologie di diversità ricorrenti:
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La sapientona e l’intellettuale
Sanno tutto, leggono libri improponibili, imparano intere biblioteche a memoria, conoscono anche la punteggiatura di un testo, sono geni della matematica o della fisica, sono sempre preparati, fanno i compiti subito dopo pranzo, raramente lasciano copiare;
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Il figo o modaiolo
La cui versione femminile è la fashion blogger: cintura necessariamente Gucci, felpa Kappa, scarpe Yeezy, Iphone minimo X è il loro corredo d’ordinanza. Lei è più attiva su Instagram che nelle aule e lancia tendenze in rete che Chiara Ferragni spostati, anche se il mondo non lo sa ancora ma lo saprà, eh se lo saprà. Il selfie ovunque è il comandamento primo della nuova religione. Il trucco curatissimo già di primo mattino la rende inarrivabile per tutte le altre. La scuola come la passerella di Uomini e Donne.
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La perseguitata
L’universo trama contro di lei, il karma le è ostile a prescindere, nulla le va mai per il verso giusto, tutti e tutto ce l’hanno con lei, e lei “lo sapeva che sarebbe andata così”, la sua migliore amica è una crocerossina o una suora di carità votata alla sopportazione eterna, i professori sono ingiusti e la penalizzano sempre, le altre le rubano i fidanzati. E piove e lei lo sapeva, ma è uscita senza ombrello.
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Il simpaticone-battutista
Ha una vocazione innata per il cabaret, una battuta salace per tutto, sbaglia puntualmente i tempi e cerca la risata anche quando si discute di Leopardi o dei buchi neri, preso dalla foga parla anche quando potrebbe tacere. La scuola come un teatro o come l’Edenlandia.
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Il malinconico, l’insicura, il poeta maledetto
Sono diversi tra loro ma accomunati da una profonda tristezza interiore, “perché la vita è dolore”, “perché il mondo non mi capisce” e “perché io sono diverso/a”, “ho un mondo interiore” e “non sono adatta a questo, così stupido” e forse sono “io quella sbagliata” e sono sempre “fuori tempo”.
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l’alternativo/a:
Ascolta trap estrema o gruppi indie che conosce solo lui, perché tutto il resto è “commerciale”, ama i tatoo, non disdegna i piercing e i capelli di colori che Gaugin è un dilettante. Estraneo alla massa, sempre un passo avanti, è il depositario di ogni alternatività possibile, talmente trasgressivo da essere banale.
Insomma, nonostante la loro soglia di attenzione sia pari a quella di un nanosecondo, la capacità di memoria a un byte, la curiosità a quella di pesce rosso, l’interazione coi docenti a quella tra due ghiri, la brillantezza intellettuale a quella di un bradipo, gli interessi culturali pari a quelli delle Tartarughe Ninja, cosa sarebbe la Scuola senza i nostri meravigliosi studenti?
Articolo di Michele Salomone