mercoledì, Novembre 27, 2024
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Anteprima al Comicon di Napoli del nuovo film di Pet Sematary

di Pasquale Spirito – Ieri al Comicon di Napoli è andata in onda l’anteprima nazionale di “Pet Sematary”, diretto da Dennis Widmyer adattamento cinematografico del celebre romanzo che Stephen King scrisse nel 1983. L’opera letteraria era già stata trasposta su pellicola nel 1989 – e se in quel caso il re dell’orrore ed i suoi appassionati lettori erano rimasti parzialmente delusi, la versione del 2019 li lascerà decisamente più soddisfatti.

Sebbene infatti i fatti narrati in questa nuova versione si distanzino maggiormente da quelli accaduti nel libro, l’atmosfera cupa, opprimente, sempre più incancrenita che caratterizza le pagine del libro viene perfettamente ripresa nel film di Dennis Widmyer. Sin dal primo fotogramma avvertiamo un leggero peso sul petto, una piccola inquietudine che, col trascorrere dei minuti, si ingigantisce fino a far sospirare e sobbalzare più volte anche i cultori del genere e gli spettatori più smaliziati.

Un azzardo vincente

Certamente aiuta a mantenere alta l’attenzione dei lettori, in questo frangente, l’aver cambiato un particolare fondamentale della trama. La storia di Pet Sematary è ben nota a tutti i seguaci del Re, si può dire con certezza che sia uno dei primi libri al quale i suoi lettori si approcciano quando scoprono l’autore, ed aver scelto di [SPOILER] far morire Ellie invece di Gage [FINE SPOILER] è stata davvero una scelta azzardata ma vincente. In questo periodo in cui fioccano remake, a poca distanza dall’uscita della prima parte del remake di IT dalle sale (che invece ha deciso di intraprendere la strada opposta, ovvero quella di risultare molto più fedele al libro rispetto al suo predecessore filmico, anche a costo di raddoppiare la durata delle ore di visiose), l’aggiunta del tocco personale del regista e l’apporto di qualche piccola differenza, che cambia molto ma non tutto, che modifica il racconto ma non il suo senso, è stata decisamente una scelta felice ed indovinata.

L’orrore sotto la superficie

Il successo di Stephen King, la pervasività quasi infestante delle sue opere nella cultura di massa è ormai acclarato. Sebbene per molti di coloro che non amano il genere orrorifico questo successo sia inspiegabile, e sebbene molti lettori un po’ snob lo declassino a semplice “letteratura commerciale”, Stephen King, i suoi racconti e anche i suoi film sono molto più di questo.

Mi sono sempre rifiutata di descrivere Stephen King come un semplice scrittore horror, anche se è ovviamente palese che molti delle sue storie possano essere annoverate anche in questo genere, ed in questa macrocategoria delle numerosissime opere dello scrittore di Portland è ovvio che rientri pienamente anche Pet Sematary. Ma la parola chiave per comprendere questo autore è appunto questa parola, “anche”: Stephen King è indubbiamente anche uno scrittore dell’orrore, è ineluttabilmente anche il re dell’inquietudine, ma è anche e soprattutto un fine conoscitore dell’animo umano.

Quando leggo le parole di Stephen King provo una vasta gamma di emozioni: inquietudine, ansia, ma molto, molto più spesso tenerezza, entusiasmo ed amore. Stephen King conosce le emozioni, e ne parla, senza omettere le brutture del mondo, senza censurare l’orrore che si nasconde nei sobborghi, sottoterra, appena sotto la superficie. Ci descrive situazioni inizialmente realistiche, emozioni soprattutto positive che conosciamo bene, e poi inserisce nelle pieghe della normalità il suo coltello d’inchiostro, mormorandoci: e se…? E se mio figlio morisse? Cosa sarei disposto a fare perché torni in vita? Quanto sarei disposto a pagare per accarezzare ancora il suo viso, per abbracciarlo?

Stephen King dissotterra i cadaveri che vivono nella nostra mente e ci mostra senza censure la loro bruttura. Sotto lo strato d’amore e buoni pensieri, sotto i nostri ruoli – non importa se sei uno scrittore o un dottore o un contadino del Maine, i tuoi sentimenti sono uguali a quelli di tutti gli altri – ci sono pensieri proibiti, putrefatti, cadaveri malevoli, demoni che si nutrono della nostra sofferenza e del nostro orrore e che attraverso le nostre paura ci trasformano in mostri.

Il grande messaggio di King, che va da IT a Pet Sematary, ma anche a libri e film che si discostano notevolmente dal genere horror come 22/11/63, è questa: non servono mostri veri, quelli sono solo espedienti narrativi che rendono tangibile quanto già conosciamo; non servono demoni cornuti e nemmeno fantasmi vendicativi, sotto la superficie tutti possiamo essere dei mostri, se ci lasciamo divorare dalla paura e dal dolore. L’orrore è l’impotenza, il non poter far nulla, non riuscire a reagire ed essere costretti a questa trasformazione – ma, chiuso il libro, finito il film, ci sentiamo sollevati. E’ avvenuta una catarsi, e nella realtà sappiamo che una scelta ci è concessa e che possiamo decidere di non lasciarci trasformare dalla vita, dal passato e dalle brutture del mondo in dei mostri. Possiamo scegliere di rimanere umani, di cercare ancora buoni sentimenti, amore e tenerezza.

Per un momento tutto mi fu chiaro,” leggiamo in un libro di Stephen King “e nei momenti in cui accade, vedi quant’è sottile il mondo. Non lo sappiamo tutti quanti, in cuor nostro? È un meccanismo perfetto e bilanciato di voci ed echi che fanno da rotelle e leve, onirico orologio che rintocca oltre il vetro degli arcani che chiamiamo vita. Oltre? Sotto? Intorno? Caos, tempeste. Uomini con martelli, uomini con coltelli, uomini con pistole. Donne che pervertono ciò che non possono dominare e denigrano ciò che non possono capire. Un universo di orrore e smarrimento circonda un palcoscenico illuminato, sul quale noi mortali danziamo per sfidare le tenebre”.

Un esperimento riuscito

Il pregio di questo adattamento cinematografico è che, a differenza di tanti dei film tratti dalle opere di Stephen King, questo messaggio, questa sensazione è chiara. Tutti gli uomini possono essere dei mostri, se si superano determinate barriere, se si calpesta un terreno inquinato. Ma la scelta sta a noi – ogni giorno della nostra vita dobbiamo rispondere a delle semplici domande: fin dove sono disposto a spingermi per amore? Quanto sarei disposto a pagare per un ultimo abbraccio? Sarei disposto a far del male ad una persona che amo, per stringerla ancora una sola volta, per darle un ultimo bacio? Le risposte incerte, non ovvie della coscienza nascondono tutto l’orrore di questo dilemma. E nel “Pet Sematary” di Widmyer è presente tutto questo.

Il film darà disponibile nelle sale italiane a partire dal 9 Maggio.

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