venerdì, Agosto 1, 2025
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Dramma nel Cilento, due turisti morti in poche ore

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Altri due morti nel Cilento nella stagione estiva. Due persone sono decedute ieri mattina mentre trascorrevano le loro vacanze tranquillamente.

A Casalvelino è avvenuto il primo dramma. Il corpo di un anziano turista è stato rinvenuto in mare, nei pressi della spiaggia del Villaggio Copacabana. Vincenzo Sorrentino, cittadino di San’Antonio Abate, stava nuotando prima di avvertire, probabilmente, un malore al quale non ha potuto reagire. Il 71enne era in vacanza nel paese Cilentano e ha perso la vita in pochi istanti, forse senza neanche potersene rendere conto. La tragedia è stata segnalata da alcuni bagnanti che hanno notato il corpo in acqua. giacché l’anziano galleggiava vicino alla riva. L’allarme è stato immediato: l’uomo è stato riportato sulla spiaggia dove gli sono state praticate le prime manovre salvavita mentre arrivavano i sanitari del 118. Sono arrivati poi gli agenti della polizia locale, i carabinieri della stazione di Acquavella e un’ambulanza inviata dalla centrale operativa dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania. Per il turista c’è stato poco da fare. Probabilmente l’ha colto un infarto. Era presente anche il medico legale Adamo Maiese che ha eseguito l’esame esterno. La salma, dopo gli accertamenti di rito, è stata consegnata alla famiglia per il rientro a Sant’Antonio Abate e permettere il regolare svolgimento dei funerali.

A distanza di pochi minuti un altro dramma si è consumato a Palinuro. Erano circa le 11.30, un anziano turista residente a Nocera Inferiore consumava un drink insieme alla moglie in un noto bar nel centro del paese, quando si è accasciato al suolo. È caduto a pochi passi dal bancone del bar ed è morto a causa di un malore che non gli ha lasciato scampo. L’uomo, 83 anni, in vacanza nella cittadina cilentana, si era recato al bar al ritorno dalla spiaggia per consumare una bibita fresca quando, all’improvviso, ha perso i sensi. I dipendenti del bar hanno allertato immediatamente i soccorsi che, giunti sul posto in tempi brevi, non hanno potuto che constatare il decesso di Domenico Alfieri.

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Pompei, Leonardo Di Caprio fa una visita in segreto

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Leonardo Di Caprio, celebre attore statunitense che ha recitato da protagonista in Titanic e ha vinto il Premio Oscar nel 2016 per la sua interpretazione in Revenant, si è recato nel tardo pomeriggio di ieri nel sito archeologico di Pompei, in incognito, a osservare i resti dell’antica città romana. Di Caprio era stato poco prima agli scavi di Ercolano ed è successivamente tornato a Pompei, dove già nel 2010 aveva fatto tappa, restando senza fiato dinanzi alla magnificenza del secondo sito archeologico per numero di visitatori in Italia. È stata una visita in segreto poco prima della chiusura del sito, lontano dall’occhio vigile dei media, con un cappuccio in testa e le guardie del corpo pronte ad allontanare quei pochi curiosi che lo hanno riconosciuto per le strade pietrose. Una meta sicuramente gradita all’attore americano, che si è concesso una giornata di relax nella città dove nei giorni scorsi era approdata anche Sophie Turner, giovane attrice nota per aver interpretato il ruolo di Sansa ne “Il Trono di Spade”.

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Sapori leggendari: La mozzarella divina e la ninfa Baptì-Palìa

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La mozzarella di bufala campana è tanto buona da essere definita divina e, secondo una leggenda che la riguarda, lo è davvero: era infatti considerata cibo per gli dei. Noi mortali non avremmo mai dovuto mangiarla, ma, per nostra fortuna, le cose sono andate diversamente…

La ninfa Baptì-Palìa

Nelle paludi di Battipaglia viveva, al tempi delle leggende e dei miti, una ninfa etrusca. Il suo nome era Baptì Palìa.

La ninfa era la custode d’un segreto: era l’unica sulla Terra a sapere come si facesse la filatura della cagliata del latte di bufala.

Baptì-Palìa ogni mattina mungeva le bufale che s’aggiravano nelle paludi di Battipaglia ed iniziava a lavorarne il latte per produrre la mozzarella, cibo destinato esclusivamente agli dei. Quando aveva finito di filare la mozzarella l’adornava di ramoscelli di spezie, di mirto e di erbe e si recava alla dimora degli dei per offrir loro quel divino pasto.

Il pastore Tusciano

Un giorno, tuttavia, la routine della ninfa venne stravolta da un incontro fatale. Baptì-Palìa vide un uomo bellissimo dormire sulla riva d’un fiume. Il suo nome era Tusciano, ed era un pastore.

Non appena i suoi occhi si posarono su di lui, la ninfa s’innamorò perdutamente di Tusciano. Gli sedette accanto e lo risvegliò accarezzandolo e ricoprendolo di baci. Anche Tusciano s’innamorò di Baptì-Palia al primo sguardo.

Il costo di un amore

La ninfa volle offrire all’innamorato un pegno del proprio amore, e così gli rivelò il modo in cui produrre la mozzarella, violando la promessa di riservare quel cibo divino solo alle bocche degli dei.

Tusciano non tenne per sé il segreto e rivelò la ricetta a tutti gli abitanti del suo villaggio, che iniziarono a produrre e mangiare la mozzarella.

Gli dei si resero presto conto che gli umani si stavano nutrendo d’un cibo che sarebbe dovuto essere solo loro e capirono che la ninfa aveva tradito il segreto. Decisero dunque di punire i due amanti: sarebbero stati destinati a vagare nelle paludi, chiamandosi disperatamente l’un l’altro, senza riuscire però a trovarsi mai.

Passarono giorni, settimane, anni, e gli anni si trasformarono in secoli; alla fine, i due amanti per incontrarsi di nuovo rinunciarono alle proprie nature. Baptì-Palìa divenne una città, l’attuale Battipaglia, mentre Tusciano divenne il fiume che tutt’oggi l’attraversa e che porta il suo nome.

La vera storia della mozzarella

La vera storia della mozzarella è assai meno romantica e suggestiva.

Le fonti ci dicono che della mozzarella si ha già traccia nel dodicesimo secolo. Si parla infatti d’un formaggio di bufala detto “mozza” offerto ai pellegrini che si recavano ogni anno al convento del Monastero di San Lorenzo in Capua.  La scelta non era dettata dalla ricerca d’un gusto particolare o di una ricetta gustosa: conservare il latte era all’epoca assai difficile, e trasformarlo in formaggio aumentava il tempo in cui sarebbe stato possibile consumare l’alimento.

Il termine “mozzarella” compare invece nel 1570, in un libro del cuoco papale Bartolomeo Scappi. La popolarità di questo formaggio crebbe in maniera esponenziale fino al 1700, quando venne istituito un “registro bufalino”. In epoca borbonica la costruzione delle ferrovie permise di esportare il formaggio in tutta Italia. La denominazione “mozzarella di bufala” comparve, infine, solo 1942: precedentemente, infatti, la mozzarella vaccina non esisteva, e veniva chiamata fior di latte.

Ad oggi la mozzarella di bufala campana è un prodotto D.O.P., fatta eccezione per la “zizzona” di battipaglia, gargantuesca forma di mozzarella di bufala che pesa almeno 800 grammi e che ricorda la forma d’un seno femminile – da cui presumibilmente deriva il suo nome ed anche la leggenda che vi abbiamo raccontato poc’anzi. Il motivo della sua esclusione? Presto detto: è troppo grande e letteralmente pesante per rientrare nei canoni dei prodotti di origine protetta.

Si tratta d’una bontà fuori misura, un gusto divino apprezzato da tutti: mortali imprudenti, ninfe innamorate e persino dei vendicativi.

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Studenti esclusi da Medicina, riammessi dal Consiglio di Stato

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Studenti che avevano superato i test sono stati ammessi alle facoltà di Medicina e Odontoiatria dal Consiglio di Stato, ribaltando la decisione del Tar del Lazio.

Oggi torniamo a parlare di Medicina e Odontoiatria, dopo i grandi dibattiti sollevati lo scorso luglio in riferimento alle specializzazioni e alle borse di studio.

Questa volta, a far parlare di sé sono circa un centinaio di studenti campani, principalmente della provincia di Napoli e Caserta, che sono riusciti ad ottenere la possibilità di immatricolarsi presso le facoltà di Medicina e Odontoiatria.

Cosa è successo?

Sebbene avessero superato il test ed ottenuto l’idoneità, un centinaio di studenti campani sono stati esclusi dall’immatricolazione ai corsi di laurea in Medicina e Odontoiatria, in seguito all’esaurimento dei posti nei diversi atenei. Gli studenti in questione hanno, quindi, preso parte ad un ricorso, sotto la guida dell’avvocato Pasquale Marotta, denunciando che i posti messi a disposizione per il concorso fossero inferiori rispetto all’effettivo fabbisogno. Questa incongruenza sarebbe stata successivamente confermata dall’aumento di 1600 posti, disponibili per il prossimo anno accademico per le suddette facoltà.

Tuttavia, lo scorso maggio il Tar del Lazio ha respinto la loro richiesta. Decisione, questa, ribaltata dal Consiglio di Stato, che ha accolto con un’ordinanza cautelare l’istanza presentata dagli studenti campani, i quali potranno ora immatricolarsi.

La sentenza

I giudici si sono espressi a favore degli studenti, dichiarando che dovrà essere garantita loro, in via cautelare, l’immatricolazione ai rispettivi corsi di laurea. La decisione accoglie, di fatto, la principale argomentazione del ricorso, e riconosce che la richiesta si incentra sulla “legittimità del procedimento relativo alla programmazione complessiva dei posti effettivamente disponibili”. Questi sarebbero stati, infatti, sottostimati dall’inizio. Sarebbe questa consapevolezza, quindi, alla base della disposizione del Consiglio di Stato, ma non si può escludere che un ruolo importante abbia giocato anche la carenza di personale medico nel (relativamente) breve periodo, di cui si sta spesso parlando.

Nei primi mesi del 2020 dovrebbe tenersi il giudizio di merito al Tar del Lazio. Entro questo termine, molti studenti ricorrenti si saranno già immatricolati e avranno già iniziato a frequentare i corsi, sostenendo probabilmente anche i primi esami. Anche nell’eventualità di un giudizio sfavorevole, i loro diritti acquisiti, come l’immatricolazione, non dovrebbero essere più a rischio.

Leggende della Campania: la strega di Port’Alba

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Questa settimana #BussoLaLeggenda si tinge di mistero e vi parla di fantasmi. Vi siete mai trovati a passeggiare a Port’Alba la sera, magari durante una notte di luna nuova? Potreste sentire e vedere una donna, un fantasma in cerca di vendetta…

Vi sarà certamente capitato di passeggiare a Port’Alba. La conoscono tutti gli studenti squattrinati ed è nota ad ogni accanito lettore: è una strada in cui è possibile acquistare, dalle bancherelle delle librerie che ospita ai suoi lati, libri usati, titoli fuori mercato ed edizioni da collezionisti. E’ una strada allegra dove si sente sempre il vociare della folla, le risate dei passanti e dei turisti.

Ma forse, anche se probabilmente la conoscete già bene, non sapete che, la notte, a Port’Alba si sente uno straziante ed interminabile pianto. In molti giurano d’averlo sentito: è il singhiozzare d’una donna che, nelle notti di luna nuova, al proprio pianto aggiunge una maledizione che si sente riecheggiare nella strada: la pagherete tutti!

A Port’Alba da secoli infatti continua ad aggirarsi un fantasma. Non uno qualsiasi: si tratta del fantasma di una strega. La sua è una storia d’amori infelici, maledizioni e tormenti: oggi vogliamo raccontarvela.

Maria la rossa

All’epoca, Port’Alba veniva chiamata, per via degli alberi di carrubo che l’adornavano, Largo delle Sciuscelle. In una casa sorta all’ombra di uno di questi alberi viveva una ragazza bellissima, dai capelli rossi e ricci e la pelle candida; il suo nome era Maria ed aveva appena vent’anni.

Nonostante fosse desiderata da tantissimi uomini per la sua bellezza, Maria aveva occhi solo per il proprio amore, Michele. Anche lui l’amava con altrettanto ardore e così, dopo soli sei mesi di fidanzamento, chiese la mano di Maria. La ragazza accettò immediatamente ed in brevissimo tempo i due convolarono a nozze.

La fontana maledetta

Il giorno del matrimonio Michele e Maria festeggiarono il proprio amore con amici e parenti e, finita la festa, felicissimi cercarono di tornare alla propria abitazione per iniziare la loro nuova vita insieme.

Accadde a questo punto qualcosa di davvero strano: passando accanto alla fontana che si trovava all’inizio della strada Michele si fermò. Maria poteva continuare ad avanzare verso casa, ma per lui pareva essere impossibile: era come pietrificato. Per quanto il ragazzo tentasse di andare verso casa con Maria, non ci riusciva.

Maria dal canto suo provava ad aiutarlo, tirandolo per le mani e per le braccia, spingendolo, tentando di trascinarlo, ma ogni tentativo risultò vano. La gioia si trasformò in disperazione; i due amanti provarono per giorni a superare la fontana, ma senza successo.

Alla fine, Michele se ne andò nella direzione opposta a quella della casa dove avrebbe dovuto vivere con Maria. Lei vi andò e si tormentò per giorni: si dice che il suo pianto si potesse udire in tutta la città.

I due ragazzi non si videro mai più e la fontana accanto alla quale Michele si pietrificò venne considerata da tutti maledetta.

Il gancio e la strega

Maria si consumò nel suo dolore. I suoi capelli divennero crespi e persero il loro colore, lei dimagrì fino a ridursi ad uno scheletro. Si colmò di tristezza e risentimento e cominciò a studiare le arti magiche per capire cosa fosse accaduto la sua prima notte di nozze. 

Inizialmente lo fece in segreto ma poi non badò più a tenere nascoste le sue attività. Anzi, per avere di che vivere iniziò a vendere alcuni degli elisir che preparava. Maria divenne una figura spaventosa e venne accusata di molte cose, sia delle malattie che colpivano il quartiere che di improvvise guarigioni. Alcuni dissero d’averla vista danzare col demonio nelle notti di luna piena.

Si era nel pieno degli anni dell’inquisizione spagnola, e così la figura di Maria attirò un certo tipo di timore ed attenzione. Venne catturata e rinchiusa in una gabbia, gabbia che venne appesa a Port’Alba ad un gancio che è ancora oggi visibile. Maria venne accusata di essere una strega e condannata a morire di fame davanti agli occhi di tutti.

Mentre scontava il suo crudele ed ingiusto castigo, Maria gridò fino alla morte: la pagherete tutti! Voi, i vostri figli e nipoti. La pagherete tutti! 

Quando infine morì il suo corpo non si decompose, ma cominciò a pietrificarsi. I giudici dell’inquisizione presero questo evento come un’ulteriore prova della sua colpevolezza: quello era senza dubbio il corpo di una strega.

Nelle notti di Luna Nuova

Maria non ha ancora abbandonato Port’Alba – come vuole la tradizione, il suo è uno spirito tormentato e con tanti conti in sospeso.  Alcuni dicono d’averla vista di sfuggita: un’ombra scura che s’aggira sotto al gancio di quella strada. La notte è possibile sentire la sua voce che si strugge, il suo pianto di disperazione; e quando in cielo c’è la luna nuova, Maria la rossa, la strega, la ragazza maledetta grida ancora: la pagherete tutti! 

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Non perderti gli altri articoli sulle leggende della Campania:

BussoLaLeggenda I : Da dove nascono le Janare? 

BussoLaLeggenda II : Il fantasma del Caffè Gambrinus

BussoLaLeggenda III: La maledizione della Gaiola

BussoLaLeggenda IV: La Strega del Vesuvio

BussoLaLeggenda V: La Tomba di Dracula

BussoLaLeggenda VI: L’amore tra Posillipo e Nisida

BussoLaLeggenda VII: Giovanna la pazza e i suoi amanti senza riposo

BussoLaLeggenda VIII: La Bella ‘Mbriana e l’ospitalità

BussoLaLeggenda IX: I segreti della Grotta Azzurra 

BussoLaLeggenda X: la storia di Castel dell’Ovo

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Monte di Procida: Al via la Sagra del Mare Flegrea 2019

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Ritorna la tanto attesa Sagra del Mare Flegrea di Monte di Procida dall’8 all’11 agosto 2019.

La Sagra del Mare Flegrea, organizzata dall’Associazione “Vivi l’Estate”, è alla sua 31 edizione e si terrà sempre nella zona di Marina di Acquamorta (via Gugliemo Marconi, Monte di Procida).

L’Associazione “Vivi l’Estate” opera nel campo sociale, ambientale, culturale e della promozione turistica sull’intero territorio flegreo ed in particolare a Monte di Procida dal 1989.

La sagra nasce infatti nello stesso anno a partire dall’idea dell’associazione di organizzare dei giochi estivi. “I GIOCHI DI VIVILESTATE” in trent’anni sono poi molto cresciuti, tanto da diventare un importante evento per tutte le generazioni degli abitanti della zona di Monte di Procida.

Anche quest’anno, come accade dal 1989, centinaia di ragazzi saranno pronti a sfidarsi in prove (da gare agonistiche a prove artistiche e spettacolari), il tutto per poter vincere lo Scudetto Estivo di ViviL’Estate.

L’Associazione ha poi affiancato alla manifestazione una vera e propria promozione eno-gastronomica di Monte di Procida anzi di tutti i Campi flegrei. Nasce così la Sagra del Mare Flegrea, organizzata sempre con amore e sorriso.

Nella zona del porto di Acquamorta, i ristoranti dei Campi Flegrei cucinano live i loro deliziosi piatti, che possono essere gustati in vettovaglie compostabili e quindi ecosostenibili. Dal 2010 infatti la Sagra del Mare Flegrea è una manifestazione plastic free!

Prezzi e orari della Sagra del Mare Flegrea 2019

Tutti coloro che vogliono godersi una serata all’insegna del gusto, della musica e di un panorama spettacolare, possono acquistare il biglietto online al prezzo speciale di 10 (per ulteriori informazioni clicca qui!).

Il ticket comprende un primo piatto, pizzette di alghe, impepata di cozze, bibita, anguria, dessert. In omaggio inoltre c’è anche il caffè.

Per chi non comprasse il ticket online, l’ingresso alla sagra è comunque libero, con la possibilità di acquistare le diverse portate separatamente, a prezzi però un po’ diversi.

Nello specifico, acquistando il biglietto direttamente sul posto, il prezzo sarà di 12 €. Solo il primo piatto costa invece 4 euro e lo stesso vale per l’insalata di polpo e l’impepata di cozze. Le pizzette di alghe costano 3,50 euro, mentre la frittura di paranza è venduta a 6 euro e la pizza a 4 euro. La fetta d’anguria un euro e il dolce costa 1,50 euro.

Per quanto riguarda le bibite, i prezzi sono invece i seguenti: la bottiglia di vino costa 5 euro, un bicchiere di vino o una birra costano 1 euro. Una bibita ed il caffè hanno un costo di 50 centesimi.

Alcuni artisti allieteranno con ottima musica le quattro serate della Sagra del Mare (dall’8 all’11 agosto, dalle 20:00 alle 23:00):

8 agosto – Gigi Bignone

9 agosto – Gli Scacciapensieri

10 agosto – Skanderground

11 agosto – Trio Discende

Clicca qui per mettere “parteciperò” all’evento su facebook: cibo, musica, passione, cordialità e uno spettacolare panorama ci aspettano!

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Sagre in Campania: 5 da non perdere in provincia di Salerno

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La Campania è ricca e di storia, cultura…e tante sagre! E, com’è noto, agosto è proprio il mese perfetto per esplorare il territorio e le sue tradizioni culinarie! #BussoLaSagra, la nostra nuova rubrica estiva, nasce per guidarvi alla scoperta del patrimonio gastronomico regionale, suggerendovi una #Top5 delle sagre, (forse) un po’ non-convenzionali, che sarebbe proprio un peccato perdere!

Per il nostro primo appuntamento vi proponiamo cinque eventi in provincia di Salerno.

  1. Vicoli in Vino

Chi l’ha detto che le sagre sono solo per celebrare il buon cibo? Nessuno. Infatti, iniziamo questa rubrica con Castellabate, paese noto a tutti (anche) per il film “Benvenuti al Sud”. Ecco, la ProLoco di Castellabate organizza in questo borgo medievale la quinta edizione della sagra Vicoli in Vino, che si articolerà in quattro serate: il 19, 20, 22 e 23 agosto. Il re della festa sarà il vino: i visitatori potranno, infatti, gustare tutte le eccellenze enologiche del territorio. 10 le aziende locali coinvolte, e ognuna proporrà il proprio miglior bianco e il proprio miglior rosso. Ovviamente, per completare l’itinerario enogastronomico, accanto al vino i visitatori potranno degustare una selezione di prodotti gastronomici locali, tipici della tradizione cilentana. Rappresentazioni teatrali e musica completano il quadro e permetteranno ai visitatori di scoprire scorci, vicoli, piazze di uno dei borghi “i più belli d’Italia”, nonché patrimonio mondiale UNESCO.

2. La melanzana…al cioccolato!

Il 7 e l’8 agosto Maiori presenta la sua famosa Sagra della Melanzana alla Cioccolata. L’evento si svolgerà al Piazzale Collegiata di Santa Maria a Mare e vedrà come protagonista – ovviamente – la melanzana alla cioccolata, piatto tipico della gastronomia della costiera amalfitana. Probabilmente di tradizione araba (VIII-IX secolo), poiché i Saraceni conoscevano già le melanzane in versione dolce, la sua natura non-convenzionale e questo strano mélange, ha affascinato innumerevoli palati. Si narra persino che questo piatto abbia riscosso grande successo anche alla corte di Nicola II, zar di Russia, dopo il viaggio in Italia di sua nipote.

Qui il video dell’edizione del 2016 per dare un’occhiata a cosa vi aspetta!

Gli stand gastronomici apriranno alle 20:30 e proporranno un menù che fa venire l’acquolina in bocca! Antipasto a base di melanzane grigliate, ripiene con pangrattato e caciocavallo, seguito da Casarecci alla Siciliana e Parmigiana di melanzane. Evidentemente, però, la regina della sagra sarà la melanzana con la cioccolata. Il prezzo dell’evento (15€) includerà anche la birra alla spina e un bicchierino di Limoncello. Inoltre sarà possibile acquistare direttamente allo stand il panino con mortadella e melanzane a filetti o con porchetta e melanzane a funghetti, nonché la melanzana alla cioccolata e le bevande.

A rendere indimenticabile questa sagra anche il percorso teatrale a cura dell’Associazione Culturale Atellana, gratuito per i visitatori che avranno già acquistato il menù. Il museo e la Collegiata, inoltre, resteranno aperti fino alle 23:30.

  1. Festa nel Bosco

Torniamo in Cilento, perché a Perito potrete partecipare ad uno dei must dell’estate cilentana, ovvero 39° edizione della Festa nel Bosco. Organizzata dalla ProLoco di Perito la sagra comincia martedì 6 agosto, concludendosi martedì 13 agosto. Qui, l’affascinante paesaggio, un bosco di castagni che dà il nome alla sagra, farà da sfondo ad un’intera settimana di buon cibo e relax. Caratteristici sentieri, spiazzi e tavoli permetteranno ai visitatori di immergersi a pieno nel fantastico paesaggio di Perito, gustando alcuni dei piatti tipici della cucina cilentana. Qui tutti dettagli sull’evento!

Alla sagra si potranno gustare alcuni piatti tipici della tradizione cilentana, tra cui i cavatielli, fatti a mano e serviti al sugo di castrato, alla boscaiola o in salsa semplice. Il tripudio di carni prevede anche arrosti di vitello, la ‘tradizionale’ salsiccia alla brace e, ovviamente, castrato al sugo. Oltre alle amate patatine fritte, si potrà assaggiare anche la ministra stretta, ovvero un insieme di verdure sfritte in padella con le patate, la tradizionale ciaula, ovvero la ciambotta, e le melanzane imbottite (muligname ‘mbuttunate). Sarà possibile accedere alla sagra tutte le sere, a partire dalle 19.

  1. Zomba rà cà e rà là

Sicuramente l’evento di Acquavella non può che far sorridere, con il suo nome che ci mette già allegria! Non si tratta di una semplice sagra, ma di una manifestazione che unisce aspetti culturali, gastronomici e etnografici.

L’ottava edizione di questo summer folk festival tutto made in Campania si svolgerà dall’11 al 13 agosto tra i vicoli, le piazze e le strade di Acquavella, paesino a meno di una decina di chilometri da Casal Velino. Tutte le sere, a partire dalle 20, un caleidoscopio di suoni, colori e sapori accoglierà i visitatori che potranno assistere a giochi, partecipare a concerti e assaporare il gusto della tradizione locale.

Diversi gli stand gastronomici dove sarà possibile gustare i piatti della tradizione gastronomica locale; inoltre, al mercatino, allestito per l’occasione, sarà possibile anche acquistare i prodotti tipici cilentani. Molto affascinante la possibilità di osservare in prima persona i processi di produzione del formaggio, dei salumi e del pane ad opera delle donne e dei contadini del luogo.

Una mostra fotografica permetterà ai visitatori di conoscere la storia, le tradizioni popolari e religiose del paese, mentre al centro storico saranno proposti i giochi di un tempo. Infine, tutte le serate saranno animate con danze e musica folcloristica – da qui il nome della sagra! – grazie alla partecipazione di musicisti, artisti di strada e anche giocolieri. Uno spettacolo da non perdere, insomma!

L’evento è organizzato dall’Associazione I Love Acquavella. Vi consigliamo di tenere sotto controllo i profili social per essere sempre aggiornati!

Qui lo spot della scorsa edizione!

  1. Nocciola e Cinghiale

A Fisciano, specificamente a Gaiano, alle falde dei monti Picentini, una sagra che non potete proprio lasciarvi sfuggire è quella della Nocciola e del Cinghiale. Quest’anno la 35° edizione della sagra avrà luogo 29, 30, 31 agosto e 1 settembre.

Nata dalla volontà di un gruppo di Gaianesi di voler valorizzare la nocciola, facendo riscoprire la qualità della carne di cinghiale, quella di Gaiano è diventata una sagra apprezzata in tutta la regione.

Tutte le sere gli stand gastronomici apriranno alle 20 e le serate saranno animate da diversi gruppo di musica folcloristica a partire dalle 22.

I visitatori potranno ovviamente gustare diversi piatti della tradizione locale, dove a farla da padrone sarà la carne di cinghiale. Fusilli al tegamino, serviti ovviamente con il ragù di cinghiale, costine e salsiccia di cinghiale, spezzatino di cinghiale fritto, servito con le ‘pupacchiole’, oppure in umido. Ai piatti di carne, ovviamente, sarà associata una ricca selezione di dolci alla nocciola, insieme a più moderni dessert, come le crepes e i profitteroles, il caffè e il liquore, tutto rigorosamente alla nocciola.

Associato alla sagra, il “Gaiano Music Festival Lab”, in scena il 28 e il 29 agosto.

La sagra avrà inizio giovedì 29 agosto, con un corteo in costumi tipici programmato per le 18:30, seguito dall’apertura degli stand gastronomici alle 20 e l’inizio della musica con il gruppo “Caffeina Band”. Per informazioni, date uno sguardo alle pagine Facebook e al sito del Circolo Culturale Pecoraro.

 

#BonusTrack

L’Okdoriafest – come lo stesso nome suggerisce a molti – è la Festa della Birra in scena San Marzano sul Sarno dal 2011. Nato ad Angri, nella splendida cornice del castello Doria, la scorsa edizione dell’Okforiafest (2018) si è svolta nel Parco Urbano di San Marzano sul Sarno e ha contato più di 100.000 persone.

Un evento sicuramente da non perdere per gli amanti delle birre, dello street food e della buona musica (e non solo!). Per l’evento di quest’anno un programma musicale davvero interessante: Rocco Hunt, Almamegretta, Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile, Gerardo Amarante e i Bandabardò. La grande festa si svolgerà dal 29 agosto al 3 settembre. Consultate il sito dell’Okdoriafest per maggiori informazioni e dettagli.

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Crisi rifiuti a Napoli, fra Vico Piscicelli e il Municipio

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La tanto temuta Crisi Rifiuti è arrivata, nonostante il piano messo in atto dalla Regione per prevenirla: riportiamo due dei luoghi più colpiti di Napoli, ma ovunque, che sia in centro o in periferia, la situazione sta peggiorando e a molti ricorda tristemente l’emergenza del decennio passato.

Il degrado di Vico Piscicelli

Al centro storico c’è un vicolo reso inaccessibile dai rifiuti: a vico Piscicelli non si passa più a causa dei cassonetti stracolmi e degli ingombranti sparsi su entrambi i lati della strada. La denuncia arriva dai tanti cittadini della zona, che non hanno tardato a pubblicare delle foto del degrado sui social. C’è molta varietà, sulla strada: materassi, biciclette, scatoloni, sedie e dulcis in fundo tre bidoni, da cui trasbordano i sacchetti di immondizia hanno reso impraticabile il passaggio nel vicolo.

I residenti denunciano la crisi  sulla pagina Facebook del gruppo Rinascita di Forcella, dove hanno richiamato le istituzioni al loro dovere nel post assieme alle foto “incriminanti”: “ma vorrei capire i consiglieri di municipalità cosa fanno per questo quartiere?” “Come può essere che nessuno faccia niente?” “Sta così da una settimana“, sono i commenti della pagina fatti dai cittadini delusi. La mancata rimozione di rifiuti ordinari e straordinari dalle strade e dai vicoli del centro storico, come anche nelle periferia, sta diventando una vera e propria emergenza. Considerando che siamo nel mese d’Agosto, il rischio di infezioni a causa del deterioramento dei rifiuti non è da sottovalutare.

La crisi a Piazza Municipio

Nel secondo giorno di raccolta straordinaria dei rifiuti, dopo che Asia (Azienda servizi di igiene ambientale) ha ammesso le difficoltà in città, c’è un’immagine (in cima all’articolo) che fotografa la crisi di questi giorni: sacchetti neri, buste di plastica e addirittura un cassetto di legno abbandonati accanto ai contenitori della differenziata in piazza Municipio. Sullo sfondo Palazzo San Giacomo, la sede del Comune. Uno dei luoghi più importanti della città, attraversato da cittadini e turisti giorno e notte.
Non superiamo le 30 tonnellate“, risponde l’azienda municipalizzata alla domanda di quanta immondizia ci sia per strada in città. Anche il prelievo della differenziata pare non girare a pieno regime, vista la quantità di sacchetti sparsi in giro.

Il resto della città

C’è ancora molta immondizia a via Posillipo e nelle strade limitrofe come via Belsito e largo Sermoneta. Allo stesso modo nel salotto buono di Chiaia: sacchetti neri lasciati a marcire in via Fiorelli. Quattro contenitori gialli per plastica e metalli strapieni accanto alla stazione dei carabinieri di largo Ferrandina.
Bustoni di rifiuti ad angolo anche a via Epomeo, nei pressi degli uffici dell’Anagrafe del Comune. Situazione tragica tra viale Adriano e Rione Traiano. Ingombranti a profusione anche nell’area orientale. “Gran parte dei rifiuti di questi giorni sono accatastati nei soliti siti di sversamento selvaggio“, spiega l’Asia: ma è la debolezza del sistema campano che impedisce alla crisi di cessare una volta e per tutte. Stir e impianti intermedi troppo pieni di balle che dovrebbero essere, invece, mandate più velocemente verso l’inceneritore di Acerra e agli impianti fuori regione. Per fare spazio così ai rifiuti in entrata appena raccolti dalle strade. È stato lo stesso amministratore di Asia Francesco Iacotucci a denunciare che “i nostri camion restano in fila davanti agli stir anche più di 36 ore, sottraendo così uomini e mezzi necessari per la raccolta“.

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Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta: Culti, miti e leggende tutte napoletane

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Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta: il complesso Lapis Museum, rafforza la sua potenza identitaria grazie alla mostra “Sacra Neapolis. Culti, miti e leggende”. Ecco la storia che l’imponente Basilica racconta.

La settimana scorsa abbiamo visitato la Chiesa di Santa Maria Maggiore della Pietrasanta. L’imponente Basilica che sorge nel cuore del centro storico di Napoli, ospita da alcuni mesi la mostra organizzata da Arthemisia sul maestro Chagall e non abbiamo potuto fare a meno di andarci (ve ne abbiamo parlato qui).  Questo ci ha permesso di scoprire un vero tesoro della nostra magnifica città e non abbiamo potuto fare a meno di ritornarci per conoscere meglio l’immensità di questo simbolo d’arte e cristianità, anche se ciò che rappresenta e ciò che “racconta” va anche al di là di questo.

LA FONDAZIONE

Si tratta della più antica costruzione sacra napoletana dedicata alla Madonna, si trova a due passi da San Domenico Maggiore e da Via dei Tribunali e fu costruita nel 553 d.c. per volontà del Vescovo di Napoli, Pomponio, proprio dove un tempo sorgeva il tempio sacro dedicato al culto della dea Diana, riservato esclusivamente alle donne, che la invocavano per non avere complicazioni durante il parto. Gli uomini tolleravano poco il suo culto poiché molte ragazze, per evitare matrimoni infelici, preferivano votarsi alla Dea e offrirle la propria castità. Le sacerdotesse furono, infatti, chiamate spregiativamente Dianare o Janare.

In epoca Paleocristiana, queste donne furono accusate di stregoneria e bandite dalla città e probabilmente, da qui nasce la leggenda del Diavolo-maiale legata alla costruzione della Basilica della Pietrasanta. Si racconta che il Vescovo Pomponio decise di far edificare la chiesa dopo che la Vergine Maria gli apparve in sogno chiedendogli di costruire un santuario per contrastare la presenza del diavolo che presa la forma di maiale, compariva tutte le notti,  spaventando con il suo grugnito infernale i residenti (secondo cui si trattava di una vendetta delle donne tacciate di stregoneria). Si dice che con l’edificazione della Basilica, questo animale spaventoso sia scomparso per sempre.

Questa storia spiegherebbe anche la presenza di iscrizioni e simboli misteriosi presenti sul Campanile della Basilica, di epoca romana: una delle più antiche torri campanarie d’Italia. Sul Campanile si possono notare alcune piccole sculture in marmo, rinvenute durante gli scavi sul tempio di Diana, rappresentanti teste di suino che fanno palese riferimento alla leggenda del diavolo-maiale e alla Festa della Porcella (celebrata fino al 1625). Secondo la tradizione, durante questa festa, l’abate della Basilica di Santa Maria Maggiore uccideva presso il Duomo di Napoli, una grossa scrofa offerta dai fedeli (simbolo del male) e donava la porchetta all’Arcivescovo (il bene che sconfigge il male).

Il nome Pietrasanta invece, secondo alcuni deriverebbe da una porzione di roccia su cui era stata scolpita l’immagine della Madonna, trovata da Pomponio nel posto in cui stava per sorgere il santuario a lei dedicato. Secondo altri farebbe riferimento a una pietra (mai rinvenuta), forse in marmo, su cui era incisa una croce e custodita nella chiesa: pare che chiunque la baciasse, avrebbe ottenuto l’indulgenza da tutti i peccati. Un’altra ipotesi lega la Basilica ai Templari, perché si dice che nei sotterranei siano celati segni e iscrizioni legati al mito dei Cavalieri seguaci del culto della Madonna Nera. Tante leggende e supposizioni a cui al momento non è possibile dare fondo. L’unica certezza è che la Basilica di Santa Maria Maggiore della Pietrasanta è la prima costruzione sacra dedicata alla Vergine Maria, di epoca paleocristiana, su cui convergono epoche storiche diverse.

Attualmente la Basilica ospita la mostra da non perdere, “Sacra Neapolis. Culti, miti, leggende”; un’esposizione “identitaria” che permette di capire le radici della complessa e millenaria stratificazione e del patrimonio immenso della nostra bella città e soprattutto della Basilica stessa. Dal Museo Archeologico Nazionale (MANN), sono stati scelti reperti della collezione dedicata a Napoli antica e per la prima volta sono esposti al pubblico proprio per raccontare la storia della Neapolis greco-romana, dei miti, dei culti, delle manifestazioni del sacro e della religiosità antica.

PARTHENOPE, NEAPOLIS, PALEPOLIS

È importante, infatti, capire le origini storiche della Basilica e della zona in cui è sorta. Le antiche fonti letterarie riferiscono della presenza di due città: Parthenope e Neapolis. La prima più antica, fondata dai Greci cumani nell’ VIII secolo a.C. sulla collina di Pizzofalcone, prende il nome dalla sirena Parthenope che secondo la leggenda, si gettò in mare insieme alle sue sorelle (Leucosia e Ligea) dopo che Ulisse riuscì a resistere al loro canto. Il corpo della sirena giunse sull’isolotto di Megaride, attualmente occupato dal Castel dell’Ovo. Alla fine del VI o all’inizio del V secolo a.C. fu fondata una nuova città, Neapolis, che divenne una delle più illustri della Magna Grecia.

Già dalla fine del IV secolo a.C. la città entrò nella sfera d’influenza di Roma, con la quale fu sancita un’alleanza. Nel I secolo a.C. divenne municipium romano. Nonostante la romanizzazione, la città mantenne istituzioni e rituali religiosi greci e, soprattutto, continuò ad usare la lingua greca, impiegata anche per le iscrizioni e i monumenti pubblici fino all’età imperiale.

Neapolis fu fondata alla fine del VI secolo a.C. su un promontorio tufaceo affacciato sul mare situato a nord est della più antica Parthenope che, da questo momento, muterà il suo nome in Palepolis (città vecchia). L’impianto urbano di Neapolis risale all’incirca alla metà del V secolo a.C. ed è costituito da tre larghe strade (decumani) parallele al mare con andamento est-ovest, intersecate da strade più strette (cardi) orientate nord-sud. Tale impianto, detto per strigas, è ben riconoscibile nel tessuto del centro storico di Napoli.

Al centro della città, nell’area che va da Piazza San Gaetano fino alla chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, si estendeva l’agorà. L’immensa piazza era il cuore pulsante dell’antica città, sede di edifici pubblici, religiosi e del mercato cittadino. Di questi edifici rimangono il Tempio dei Dioscuri, incorporato nella chiesa di San Paolo Maggiore, il Teatro romano, l’Odeon e il Macellum, visibile sotto il complesso di San Lorenzo Maggiore. Del tracciato dell’agorà, oggi ricostruibile, sono visibili alcuni tratti a Piazza Bellini, a Piazza Cavour e a Piazza Calenda, dove si conservano i resti della porta Furcillensis e di una torre inglobata nel Teatro Trianon.

Molti sono stati i ritrovamenti che mostrano le diverse epoche e stratificazioni: strutture di epoca romana si trovano in un altro vano ipogeo della basilica, nell’area compresa tra il transetto e la navata centrale. Si tratta probabilmente dei resti di una lussuosa domus, di cui si conservano alcune murature e preziosi pavimenti a mosaico.  L’opera reticolata (opus reticulatum o reticolatum) è una tecnica edilizia romana usata per realizzare un paramento livellato e regolare di un muro in opera cementizia.

RITROVAMENTI

Nella Basilica è presente anche un ossario di epoca tardo-seicentesca posto sotto le scale di accesso alla Basilica. Si tratta di una piccola cripta destinata alla deposizione dei morti, raggiungibile attraverso un piccolo pozzo cui si accedeva direttamente dalla scalinata esterna della Basilica grazie a un gradino rimovibile che fungeva da botola. Le ridotte dimensioni del pozzo permettono di ipotizzare che la struttura fosse legata alla deposizione di bambini nati morti o deceduti subito dopo la nascita, come si evince dai numerosi resti di piccoli scheletri ritrovati in questo ambiente.

Il suo sottosuolo poi, è di estrema rarità ed è ricco di storia: racconta che i fitti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale segnarono uno spartiacque nella vita del mondo del sottosuolo e ne alterarono le antiche funzioni, infatti, le cavità era usate dai “pozzari” che permettevano l’uso dell’acqua alla popolazione intera. L’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) chiese agli ultimi “pozzari” napoletani (un mestiere antico e in fase di “estinzione” visti i cambiamenti tecnologici che il nuovo secolo aveva portato), di identificare le zone che meglio di altre si prestavano all’accoglienza dei civili e realizzò, per la prima volta nella storia del sottosuolo napoletano, delle scale che permettessero il facile accesso alle cavità.

Furono inoltre allestiti impianti elettrici collegati a generatori, bagni, cucine e tutto il necessario. L’elenco ufficiale dei ricoveri redatto dall’UNPA il 30 aprile del 1939 prevedeva la realizzazione di circa 430 ricoveri antiaerei, di cui almeno 350 nelle cavità dell’acquedotto greco-romano. Dai documenti ufficiali si può ipotizzare che circa 700.000 napoletani potevano ripararsi in pochi minuti. L’UNPA eseguì anche opere di chiusura di numerosi cunicoli “morti” o non utilizzabili e ne allargò altri per consentire l’agevole passaggio delle persone. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la città di Napoli, nonostante abbia subito il maggior numero di bombardamenti, ebbe il più basso numero di vittime grazie al suo sottosuolo.

Ricordiamo infine che nel Lapis Museum, è possibile anche vedere in tempo reale l’attività vulcanica campana grazie a un collegamento con l’istituto di vulcanologia. La Basilica è stata, infatti, luogo di ritrovamenti rocciosi di origine vulcanica. Non mancano anche altre attività interattive che potenziano il percorso del complesso museale.

Ischia, muore a sedici anni travolto da un’auto: la guidatrice aveva già ucciso

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Muore investito sul ciglio di una strada di Ischia un sedicenne. La guidatrice che lo ha travolto era già stata coinvolta in passato in un grave incidente che aveva portato alla morte di un carabiniere. Al vaglio dei carabinieri le dinamiche dell’accaduto. Scoppia la polemica.

L’incidente

L’incidente, avvenuto sabato, si è verificato lungo una strada a scorrimento veloce di Ischia dove si sono verificati, nel corso degli anni, numerosi incidenti mortali.

Secondo i primi accertamenti, il sedicenne sarebbe morto sul colpo, travolto da una macchina di marca Peugeot. L’automobile sarebbe sfuggita al controllo della guidatrice durante una curva, invadendo l’altra corsia. L’auto che ha ucciso il giovane percorreva dunque la strada  nel senso opposto a quello di marcia.

A Napoli verrà effettuata sulla salma del ragazzo un’autopsia, in attesa della quale il corpo è stato posto sotto sequestro.

Sono giunte parole di cordoglio da parte del Sindaco di Ischia, Enzo Ferrandino.

I protagonisti dell’incidente

La guidatrice è una donna di quarant’anni, italiana, che risiede ad Ischia Porto.

Già nel 2012 la donna, che ora è agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio stradale, era stata coinvolta in un caso analogo; all’epoca morì un carabiniere.

La donna è risultata negativa  a tutti i test effettuati dalla polizia: non aveva assunto alcool o droghe.

La vittima è un turista giovanissimo, un sedicenne di origine albanese che si trovava ad Ischia per far visita alla sorella, che risiede sull’isola. Il suo nome era Velsami Xhemal. 

La polemica

Questo triste caso di cronaca ha scatenato qualche polemica per lo scarso risalto dato alla notizia da parte di giornali, televisioni e mezzi di comunicazione in generale.

La vicepresidente degli affari sociali alla camera Michela Rostan (LeU) ha scritto a riguardo sul proprio profilo facebook:

Ischia un giovane sedicenne è stato investito da un’automobilista ed è morto. Una tragedia, come tante accadono lungo le nostre strade, che ha avuto un blando risalto nelle cronache locali dei giornali.

Solo leggendo l’articolo, scopriamo due cose. Il ragazzo era albanese, in visita presso la sorella per le vacanze estive. L’investitrice è italiana e appena sette anni fa aveva investito e ucciso un carabiniere.

Vogliamo immaginare la portata e l’impatto mediatico della stessa notizia, a parti invertite?L’investitore albanese che pochi anni prima aveva ucciso un carabiniere e la vittima italiana?

Io credo che le vittime, italiane o straniere che siano, meritino da parte di tuttinoi la stessa considerazione e quell’attenzione, quel sentimento di umanità che è umano rivolgere a chi perde la vita in circostanze drammatiche. 

Al tempo stesso, gli assassini, italiani o stranieri che siano, restano tali e così devono essere giudicati e puniti per ciò che hanno commesso.

Tutto il resto è squallida retorica razzista, intolleranza allo stato puro. E le responsabilità del clima d’odio che avvelena il Paese in questo momento sono tante e diffuse.

A partire da chi ha ruoli istituzionali, fino ad arrivare a chi ha la responsabilità di fare informazione deontologicamente corretta, al buon senso che ciascuno di noi dovrebbe avere nella comunicazione con il prossimo. Specie quella digitale!

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